Epicuro |
Quarta parte della mia conferenza. Massime capitali
31 agosto
2019 ore 11 hotel Raffaello
Senigallia
Senigallia
Primo
Festival Epicureo, Amicizia, filosofia della felicità
Amicizia, via privilegiata alla felicità
Con la Ricercatrice in filosofia Politica Elena Irrera dell’Università di Bologna.
Scienza e felicità
Cosa dice oggi la scienza sulla felicità. Con Tommaso Panajoli divulgatore scientifico del Museo del Balì di Calcinelli di Saltara (PU).
Gli studi epicurei a Senigallia
Considerazioni su Rodolfo Mondolfo del professor Vittorio Mengucci.
Epicuro, un aiuto contro il consumismo
Intervento del Professor Giovanni Ghiselli
Kuvriai dovxai
Massime capitali
II La morte
non è niente per noi: to; ga;r dialuqe;n ajnaisqhtei' poiché ciò che è dissolto è
insensibile
III ouj cronivzei
to; ajlgou'n sunecw'" ejn th'/ sarkiv, non dura ininterrottamente nel tempo il soffrire
nella carne, ma il colmo to; a[kron rimane per un brevissimo tempo to;n
ejlavciston crovnon pavresti.
V Non è
possibile vivere felicemente se non saggiamente e nella bellezza e nella
giustizia - oujk e[stin hJdevw" zh'n a[neu tou'
fronivmw" kai; kalw'" kai; dikaivw".
Il culto della bellezza perfino nella morte
Bellezza e
giustizia o bontà sono molto spesso associate nei Greci “intendentissimi del
bello” (Leopardi, Zibaldone, 2546).
Vedi la
crasi tra bello e buono che troviamo nella kalokajgaqiva così commentata da Leopardi:
Quello dei Greci era : “un popolo che, eziandio nella lingua, faceva pochissima
differenza dal buono al bello” (Leopardi, Detti memorabili di Filippo
Ottonieri ).
Cfr. Polissena
nell’Ecuba di Euripide , Cassandra nelle Troiane, l’Antigone
e l’Aiace di Sofocle per la bellezza anche nella morte.
za onore:"to; ga;r zh'n
mh; kalw'~ mevga~ povno~, (Ecuba , v. 378), vivere senza
bellezza è un grande tormento".
Cassandra
dice che deve evitare la guerra chi ha senno, ma se si giunge a farla, una
corona non vergognosa è morire nella bellezza per la città. (povlei kalw`~
ojlevsqai, Troiane,
v. 402)
Il culto della bellezza nella vita e nella morte non manca in Sofocle:
Antigone dice a Ismene: ma lascia che io e la pazzia che spira da me/soffriamo questa prova
tremenda: io non soffrirò/nulla di così grave da non morire nobilmente"peivsomai ga;r
ouj - tosou`ton oujden w{ste mh; ouj kalw`~ qanei`n ( Antigone, vv. 95
- 97).
Aiace dice al corifeo (vv.479 - 480):"ajll j h]
kalw'" zh'n h] kalw'" teqnhkevnai - - to;n eujgenh' crhv" ma il nobile deve o vivere con
stile, o con stile morire.
Altrettanto afferma Neottolemo, il figlio schietto dello schietto
Achille, in faccia al subdolo Odisseo del Filottete :"
bouvlomai d j, d' , a[nax,
kalw'" - drw'n ejxamartei'n ma'llon h] nika'n kakw'" " (vv. 94 - 95), preferisco, sire, fallire agendo con nobiltà
che avere successo nella volgarità.
Nel Gorgia di
Platone il giovane retore di origine agrigentina, Polo dice a Socrate che fatti
anche recenti dimostrano che molti uomini sono felici pur commettendo
ingiustizie wJ" polloi; ajdikou'nte" a[nqrwpoi
eujdaivmonev" eijsin. Quindi fa l’esempio di Archelao re di Macedonia, quello
che aveva ospitato, tra gli altri Euripide e Agatone. Poi gli domanda
retoricamente se non gli sembri felice quel monarca.
Socrate
risponde che non lo sa poiché non l’ha mai incontrato.
Il dialogo è
ambientato nell’ultimo decennio del V secolo
Polo incalza
l’anziano filosofo e lo provoca dicendo: è chiaro che ora affermerai che nemmeno
del grande re di Persia sai dire se sia felice.
A questo
giovane infatuato doveva sembrare un paradosso non riconoscere a occhi chiusi
la felicità del sovrano più ricco e potente
Socrate
risponde con solida semplicità e chiarezza: “ E di fatto dirò solo quello che è
vero, infatti non so come stia a educazione e giustizia “ouj ga;r oi\da
paideiva~ o{pw~ e[cei kai; dikaiosuvnh~ , Gorgia 470e). Sono questi i
criteri di giudizio della felicità. Poi aggiunge che l’uomo bello e buono, e
anche la donna, è felice , mentre quello ingiusto e malvagio è un disgraziato -
to;n me;n ga;r kalo;n kai; ajgaqo;n a[ndra kai; gunai'ka eujdaivmona
ei\naiv fhmi, to;n de; a[dikon kai; ponhro;n a[qlion
VIII nessun
piacere in sé è un male oujdemiva hjdonh; kaq j eJauth;n kakovn, ma i mezzi che producono certi
piaceri - tinw'n hjdonw'n poihtika; comportano molti più
turbamenti (ojclhvsei") che piaceri
I piaceri
dei dissoluti non sarebbero da biasimare se togliessero le paure che affliggono
gli uomini. Solo la scienza della natura fusiologiva toglie le paure della morte e
delle cose celesti.
XV La
ricchezza secondo natura ha limiti precisi ed è facilmente procurabile - oJ th'"
fuvsew" plou'to" kai; w{ristai (oJrivzw) kai; eujpovristo" ejstin, mentre quella suggerita delle vane
opinioni cade nel vuoto infinito.
XVI la tuvch ha poca importanza per il
sapiente poiché il suo logismov", calcolo, ha già previsto e organizzato le cose
più grandi e più importanti.
Il calcolo
prudente serve a ridurre il potere del caso.
XVII oJ
divkaio" ajtaraktovtato", oJ d j a[diko" pleivsth"
tarach'" gevmwn.
Ecco di
nuovo la giustizia che premunisce contro la tavraxi", agitazione e confusione
XXVII Di
tutti i beni che la sapienza procura per la felicità della vita intera - eij" th;n
tou' o[lou bivou makariovthta - di gran lunga il più grande è l’acquisto dell’amicizia - polu; mevgiston ejstin hJ th'" filiva"
kth'si".
Nell’Oreste[1] di
Euripide, il figlio di Agamennone, in lode
dell'amicizia di Pilade, consiglia:"acquistate amici, non solo
parenti:/poiché chiunque collimi nel carattere, pur essendo un estraneo,/è un
amico più caro ad aversi di diecimila consanguinei (murivwn kreivsswn oJmaivmwn ajndri; kekth`sqai fivlo~" vv. 804 - 806).
Tutt’altra è la posizione di Sofocle, specialmente nell’Antigone.
XXIX Tra i desideri tw'n ejpiqumiw'n, sono quelli naturali e necessari - fusikai;
kai; ajnagkai'ai - che ci
liberano dai dolori del corpo, come la bevanda quando si ha sete (wJ" poto;n ejpi; divyou");;; ; naturali
ma non necessari consideriamo quelli che solo rendono variopinto il piacere - poikillouvsa" movnon th;n hJdonhvn, come i cibi costosi - wJ" polutelh' sitiva - ;non
naturali né necessari quelli come le corone e offerte votive di statue - wJ" stefavnou" kai; ajndriavntwn ajnaqevsei".
XXXIII La
giustizia non è un valore assoluto ma esiste solo nei rapporti reciproci e
dipende dai luoghi e dagli accordi fatti per non ricevere danno.
Cfr.
viceversa Platone.
XXXIV
L’ingiustizia non è un male di per sé –hJ ajdikiva ouj kaq j eJauth;n
kakovn - ma per la
paura che ne consegue relativamente all’essere scoperti e all’essere puniti.
Il Socrate
di Platone nel Gorgia raccomanda la
giustizia e la temperanza:"chi vuole essere felice evidentemente deve
seguire ed esercitare la temperanza e scappare a gambe levate davanti alla
sfrenatezza (swfrosuvnhn me;n diwktevon kai; ajskhtevon,
ajkolasivan de; feuktevon, 507d)...non deve lasciare che le sue passioni siano
sfrenate né mettere mano a soddisfarle, male immedicabile, vivendo una vita da
predone"(507e). -
XXXV Chi
viola i patti stipulati non è mai sicuro che potrà occultarsi fino alla morte -
mecri ga;r katastrofh'" a[dhlon eij kai; lhvsei.
XXXVI Il
diritto to; divkaion - è l’utile nei rapporti reciproci
- sumfevron ejn th'/ pro;"
ajllhvlou" koinwniva/ - , ma i costumi dei popoli sono vari e la stessa cosa non
è uguale per tutti.
Nel primo libro della Repubblica di Platone, Socrate è opposto al rozzo sofista Trasimaco il quale sostiene che
il giusto (to; divkaion) è l’utile del più forte (to; tou'
kreivttono" sumfevron, Repubblica 338 c)
Socrate
replica che chi comanda (a[rcwn) non deve cercare e prescrivere il proprio utile (to; auJtw'/
sumfevron) bensì
quello di chi gli è subordinato (ajlla; to; tw'/ ajrcomevnw/, 342c).
Platone,
nel Gorgia, attribuisce al personaggio Callicle una
franca affermazione del diritto del più forte. Secondo questo personaggio del
dialogo la natura e la legge sono per lo più in contrasto l'una con
l'altra:"wJ" ta; polla; de; tau'ta ejnantiv jj
a[llhvloi" ejstivn, h{ te fuvsi" kai; oJ novmo"" ( Gorgia, 482e).
Secondo natura dunque il più forte sottomette il più debole e le leggi
democratiche, secondo questo sofista, sono contrarie alla natura.
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