Esortazioni di Epicuro - Gnomologium Vaticanum epicureum -
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L’amicizia è desiderabile di per sé, eppure trae origine dall’utilità - ajrch;n de;
ei[lhfen ajpo; th'" wjfeleiva".
Cfr.
viceversa Seneca: Si vis amari, ama (Ep. 9, 6).
Qui amicus
esse coepit quia expedit, et desinet quia expedit (9, 9).
Ista
quam tu descrībis negotiatio est, non amicitia (9, 10)
26 Non
bisogna approvare i precipitosi né i titubanti nei confronti dell’amicizia, ma
per l’amicizia bisogna anche rischiare - dei' de; kai; parakinduneu'sai
cavrin filiva" .
Cfr.
Pindaro"il pericolo grande non
prende l'uomo imbelle (oJ mevga~ de; kin - duno~ a[nalkin ouj fw'ta lambavnei). Per coloro ai quali è necessario morire, come uno potrebbe smaltire una
vecchiaia anonima seduto nell'ombra invano?"(I Olimpica vv.81
- 84).
Cfr. il
rischio è bello di Platone Kalo;~ ga;r oJ kivnduno~ (Fedone, 114 d).
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Preferisco nell’indagine sulla natura dire con parresia quello che a tutti gli
uomini è utile, anche se nessuno dovesse capirmi - ka]n
mhdei;" mevllh/ sunhvsein - piuttosto che avere il fitto plauso della folla ripetendo pregiudizi.
33 Il grido della carne sarko;" fwnhv: to; mh; peinh'n, to; mh; diyh'n, to; mh; rJigou'n - non avere fame, né sete, né
freddo: chi ha questo può
gareggiare con Zeus in felicità - ka]n Dii;
ujpe;r eujdaimoniav" macevsaito.
39 Non è amico
chi cerca sempre l’utile né chi lo esclude: il primo mercanteggia il
contraccambio come riconoscenza, il secondo tronca la speranza per il futuro.
46 scacciamo
completamente da noi le cattive abitudini come dobbiamo evitare gli uomini
malvagi che molto ci hanno nuociuto per molto tempo.
48 Finché
siamo sulla via e{w" a]n ejn oJdw'/ w\men , cerchiamo di rendere la
tappa seguente migliore della precedente, e giunti al traguardo vediamo di rallegrarci
conformemente - oJmalw'" eujfraivnein. Si tratta di procedere metodicamente (ejn oJdw').
L’imperatore
stoico Marco Aurelio vuole congedarsi dalla vita con gratitudine come un’oliva
che una volta matura ( ejlaiva pevpeiroς genomevnh ) cade al suolo benedicendo la terra che l’ha
prodotta e ringraziando l’albero che l’ha generata (IV, 48).
53 Oujdeni;
fqonhtevon, non
bisogna invidiare nessuno: i buoni infatti non meritano l’invidia - ajgaqoi; ga;r
oujk a[xioi fqovnou ; i
malvagi quanto più hanno successo tanto più si insozzano ponhroi; de;
o{sw/ a]n ma'llon eujtucw'si , tosouvtw/ ma'llon auJtoi'" lumaivnontai.
54 Bisogna
curare i mali presenti con il grato ricordo dei beni passati e con la coscienza
che non si può rendere non avvenuto ciò che è avvenuto.
Cfr.
Giuliano Augusto in Ammiano Marcellino Quid agi oporteat
bonis successibus instruendi erimus” ( XXI, 5, 6).
58 bisogna
liberarsi dal carcere dei pensieri ordinari e della politica - ejklutevon
eJautou;" ejk tou' peri; ta; ejgkuvklia kai; politika; desmwthrivou.
A proposito
dei pensieri ordinari sentiamo anche O. Wilde: “La morale moderna consiste
nell’accettare i luoghi comuni della nostra epoca, ed io credo che per un uomo
colto l’accettare i luoghi comuni della propria epoca sia la più rozza forma di
immoralità”[1].
68 niente basta a colui per il quale è poco ciò
che basta - oujde;n iJkano;n w\/
ojlivgon to; ijkanovn.
77 th'" aujtarkeiva" karpo;" mevgisto" ejleuqeriva
, il frutto
più grande del bastare a se stessi è la libertà.
Limiti
della aujtavrkeia
Nel Duvskolo" di Menandro il protagonista, il vecchio Cnemone solitario e misantropo, in
seguito a una caduta nel pozzo dal quale non è riuscito a uscire senza l’aito
del figliastro Gorgia, comprende che nessuno è tanto autosufficiente da potere
vivere senza l'aiuto del prossimo, e deve ammettere:" e{n d j
i[sw" h{marton o{sti~ tw'n aJpavntwn wj/ovmhn - aujto;"
aujtavrkh" ti" ei\nai kai; dehvsesq j oujdenov"" (vv.713 - 714), in una cosa probabilmente ho sbagliato: a credere di
essere il solo autosufficiente tra tutti, e di non avere bisogno di nessuno.
78 l’uomo
nobile si dedica all’amicizia e alla filosofia, delle quali la prima è un bene
mortale, la seconda immortale.
79 l’uomo
sereno procura serenità a se stesso e agli altri.
80 Per il
giovane parte della salvezza è conservare la giovinezza e vigilare contro tutto
quanto ci reca danno con l’assillo dei desideri.
Il secondo
stasimo dell’Eracle di Euripide auspica due giovinezze per le
persone buone
I vecchi
tebani rimpiangono la giovinezza cara aJ neovta" moi fivlon mentre sentono il peso della
vecchiaia a[cqo" de; to; gh'ra" aijeiv
Questo, più
opprimente delle rupi dell’Etna - baruvteron Ai[tna" skopevlwn (639) sta sulla loro
testa ejpi; krati; kei'tai dopo avere avvolto sulle palpebre un velo
tenebroso (641).
Non c’è
ricchezza né potere che valga quanto la giovinezza a{ kallivsta
me;n ejn o[lbw/ kallivsta d j ejn peniva/ (647 - 648). Odio invece la vecchiaia penosa e
luttuosa –to; de; lugro;n fovniovn te gh'ra" - misw' (650): vada in malora tra le
onde kata; kumavtwn d j e[rroi, o venga portata a volo
nell’etere.
Se gli dèi avessero intelligenza e sapienza (xuvnesi" -
kai; sofiva) riguardo agli uomini, donerebbero
una doppia giovinezza (divdumon h{ban) come segno
evidente di virtù a quanti la posseggono, ed essi, una volta morti, di nuovo
nella luce del sole (eij" aujga;" pavlin aJlivou), percorrerebbero una seconda corsa, mentre la gente ignobile avrebbe una
sola possibilità di vita (vv.661 - 669).
A quanti mi dicono che porto molto bene l’età e
mi chiedono qual è il segreto una volta rispondevo: “ho venduto l’anima al
diavolo”, ora che sono più saggio e aborrisco i luoghi comuni replico: “dipende
dal fatto che amo la vita e questa femmina meravigliosa mi contraccambia”
prelliri_ru Richard Gonzalez https://wakelet.com/wake/k78XM2oaTrw2x01AGj-Zp
RispondiEliminaproserimber