Il discorso della verità è semplice, perciò non bisogna complicarlo - veritatis simplex oratio est, ideoque illam implicari non oportet" (Seneca Ep. 49, 12).Gli imbroglioni invece tendono a cavillare e sottilizzare sul fumo (cfr. Aristofane, Nuvole, 320[1]), a pescare nel torbido (cfr. Aristofane, Cavalieri, 307 e 867[2]) .
Nelle Fenicie[3] di
Euripide, Polinice afferma la parentela della semplicità con la
giustizia e con la verità: "aJplou'" oJ mu'qo"
th'" ajlhqeiva" e[fu, - kouj poikivlwn[4] dei' ta[ndic' eJrmhneuavtwn" (vv. 469 - 470), il discorso della verità è
semplice, e quanto è conforme a giustizia non ha bisogno di interpretazioni
ricamate. Invece l' a[diko" lovgo" , il discorso ingiusto, siccome è malato dentro,
ha bisogno di rimedi scaltri:"nosw'n ejn auJtw'/ farmavkwn dei'tai
sofw'n" (v.
472).
Il discorso
della bellezza non solo è veritiero ma è anche denso e conciso.
Nell’Ars
poetica Orazio suggerisce: “ carmen reprehendite quod non/
multa dies et multa litura coercuit atque/ praesectum decies non castigavit ad
unguem” (vv. 292 - 294), biasimate la poesia che né un lungo tempo né molte
cancellature hanno rifinito né dopo averlo sfrondato una decina di volte non ha
corretto fino alla perfezione: "Non
ho mai provato, fino ad oggi, in nessun poeta, lo stesso rapimento artistico
che mi dette, fin dal principio, un'ode di Orazio. In certe lingue quel che lì
è raggiunto non lo si può neppure volere. Questo mosaico di parole
in cui ogni parola come risonanza, come posizione, come concetto fa erompere la
sua forza a destra, a sinistra e sulla totalità, questo minimum nell'estensione
e nel numero dei segni, questo maximum , in tal modo
realizzato, nell'energia dei segni - tutto ciò è romano e, se mi si vuol
credere, nobile par excellence . Tutto il resto della poesia
diventa in paragone qualcosa di troppo popolare - nient'altro che loquacità
sentimentale"[5].
Vi inoltro queste citazioni che mi fanno pensare non
bene della quasi totalità dei nostri politici eletti da appena la metà del
popolo italiano.
Sono vaghi di ciance e bramosi di poltrone. Discutono
su come distribuirle senza riguardo per gli interessi di chi dovrebbe votarli.
Se continueranno a parlare senza idee, senza programmi
e senza parole chiare, concrete, sensate, verranno votati solo da loro stessi.
[1] Strepsiade, sebbene vecchio e
tardo, ha capito quali sono gli insegnamenti della scuola di Socrate e dice:
“già la mia anima si è levata a volo e "già ha voglia di cavillare leptologei'n
h{dh zhtei' e sottilizzare sul fumo peri; kapnou'
stenolescei'n - e trafiggendo un concetto con un concettuzzo
ribattere con un altro discorso"(vv. 319 - 321). Strepsiade, sebbene
vecchio e tardo, capisce presto che cosa si impara nel pensatoio di Socrate: la
mia anima, dice, al maestro messo in cattiva luce da Aristofane " ha già
voglia di cavillare leptologei'n h{dh zhtei' e
sottilizzare sul fumo peri; kapnou' stenolescei'n e trafiggendo un concetto con un concettuzzo ribattere con un altro
discorso"(Nuvole, vv. 320 - 321).
[2] Nei Cavalieri (424 a. C) di Aristofane Cleone - Paflagone
è chiamato “borborotavraxi” (v. 307), il mescola - fango; egli si comporta come
i pescatori di anguille, i quali le acchiappano, solo se mettono sottosopra il
fango: “kai; su; lambavnei", h]n th;n povlin taravtth/" (v. 867), anche tu arraffi, se
scompigli la città, gli fa il salsicciaio.
[3] Composte intorno al 410 a. C.
[4] Cfr. Kuvriai dovxai XXIX sui desideri innaturali che rendono
variopinto il piacere citato più avanti (p. 16)
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