a.
Feci un rapido calcolo dei vantaggi e delle perdite di entrambi, poi dissi: “No, non lasciarmi: io ho aspettato te per tanti anni e ti amo. Tutto quanto faccio di buono è fatto per te: quando studio cerco argomenti da sviluppare parlando con te, quando corro, penso che il fisico mio deve essere al suo meglio per non essere del tutto indegno del tuo; nell’espormi al sole tento di raccogliere luce sul volto e colore nel corpo per impedire che il divario tra i nostri aspetti diventi stridente e faccia scalpore. Per venire alla scena del film che ti ha fatto piangere, certamente mi adopero parecchio per piacere anche ad altre persone: gli allievi e pure acuni colleghi: voglio mantenere alta la mia reputazione di ottimo professore poiché devo tornare a insegnare letteratura al triennio. Se rimarrò troppo a lungo nel ginnasio, una palestra di grammatica, più che altro, perderò le competenze e le capacità acquisite in tre anni di studio appassionato e indefesso che ho intrapreso per tradurre con precisione e commentare con intelligenza sapiente i testi degli autori ottimi, i più eleganti e più educativi. Il lavoro che ha attirato tante persone, te compresa, mentre ha creato invidia in altre. Non vorrei che la pena subentrasse all’invidia. Devo tornare intanto al liceo, poi magari passare con qualche incarico all’Università. Anche lì quando ero studente ho incontrato docenti che valevano poco e davano poco o niente ai discenti. Con la forza e la passione che metto nello studio posso educare tanti giovani desiderosi e capaci di imparare. E vorrei anche arrivare a scrivere dopo avere studiato altri testi buoni e acquisito uno stile mio. Tu potrai aiutarmi in questo, se vorrai seguitare a essere la mia Musa”.
Ifigenia sentì e capì che parlavo sul serio: sorrise, mi prese la mano destra e disse: “gianni: io adesso sono molto felice”.
“Anche io, grazie a te”.
Mi venne in mente l’alba di un agosto lontano, quando mi scusai con Helena dopo avere capito che le stavo facendo del male, e pure lei tornò a sorridermi dopo le lacrime.
p. s.
Ieri sera sono andato al cinema in piazza Maggiore a rivedere Amadeus dalle 10 a venti all’una di notte, digiuno.
Mi sono commosso fino alle lacrime nel vedere la vita di un genio, nel sentire la musica che ho sempre ritenuto una voce di Dio.
Ho voluto rivederlo per confermare la mia volontà di scrivere e da educatore di persone che mi ascoltano diventare il maestro di un popolo, anzi di popoli. Sono già su questa strada.
Bologna 22 giugno 2024 giovanni ghiselli ore 10, 44
p. s.
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