Ho trovato un’aquila pacifica nella Pitica I di Pindaro, l’ ode scritta per Ierone la cui quadriga vinse a Delfi nel 470.
Sto preparando una presentazione di Pindaro per la conferenza che terrò lunedì 17 nella biblioteca Ginzburg di Bologna dalle 17 alle 18, 30.
Si può seguire anche da lontano con questo link: meet.google.com/xxp-dkvk-qxu
L’ode consta di cinque triadi con strofe e antistrofe di sei versi, l’epodo di dieci.
Copio in questo podst la traduzione e il commento della prima strofe e della prima antistrofe, rivolte alla cetra, lo strumento eptacorde di Apollo e degli aedi.
L’invocazione alla cetra celebra la musica, l’elemento unificante-dionisiaco oltre che apollineo, capace di suscitare amore, ordine e pace.
Strofe 1
Cetra d’oro- Crusiva formigx- possesso comune di Apollo
e delle Muse dai riccioli di viola,
che ai passi di danza attendi, principio di festa,
i cantori obbediscono ai segni musicali
quando vibrando fai nascere gli accordi iniziali
dei preludi che guidano i cori.
E spengi il fulmine acuminato
di fuoco che scorre continuamente.
Dorme sullo scettro di Zeus l’aquila,
abbassata da una parte e dall’altra l’ala veloce.
“L’uccel di Giove” (Dante Purgatorio, XXXII, 112); “il santo uccello” (Dante Paradiso, XVII, 72); lo Iovis ales di Virgilio ( Eneide, I. 394), insomma l’aquila, non tiene sempre le ali aperte significando volontà di appropriazione imperiale. Quando sente la musica che spinge gli umani all’unità tra loro e con la natura, questa aquila di Pindaro piega le ali e si ammansisce.
Dante nel VI canto del Paradiso racconta il volo dell’aquila “il sacrosanto segno” -v. 32- di tutti i successi dei Romani conseguiti con una serie di guerre. Un segno di guerre continue: “cominciò dall’ora-che Pallante morì per darli regno -35-36- (…) vincendo intorno le genti vicine -42- (…) Esso atterrò l’orgoglio degli Arabi -49- (…) “Piangene ancor la triste Cleopatra,/che fuggendoli innanzi, dal colubro/la morte prese subitanea e atra” -76-78-.
Un’aquila perfino antisemita: “Or qui t’ammira in ciò ch’io ti replico:/poscia con Tito a far vendetta corse/ della vendetta del peccato antico” -91-93-. Per chi non lo sapesse, Tito nel 70 d. C. distrusse Gerusalemme. Vedete come si fa a travestire un genocidio attribuendolo alla volontà di Dio e a trasformare un simbolo di guerra distruttiva in un “sacrosanto segno”
Del tutto diversa è l’’aquila pacifica di Pindaro
Antistrofe 1
Sovrana tra gli alati- ajrco;~ oijwnw`n, però tu (alla cetra) - sul suo capo
rostrato hai versato una nuvola di nero aspetto,
dolce serrane delle palpebre, e quindi assopita (l’aquila)
solleva il morbido dorso
posseduta dai tuoi suoni. Anche Ares
possente infatti lasciando lungi
l’aspra punta delle lance, molcisce il cuore
in un sonno profondo; i tuoi strali (sempre della cetra)
affascinano anche le menti dei numi
con la sapienza del figlio di Latona
e delle Muse dalle ampie sinuosità.
La cetra e la sua musica sono ispiratrici e foriere di pace, al punto che Ares, il cambiavalute dei corpi[1], il dio disonorato tra gli dei[2] viene addormentato e placato dall’armonia dei suoni come il grande uccello rapace , dai voli fulminei negli altri testi menzionati sopra.
Mentre i “grandi della terra” preparano la III guerra mondiale io nel mio piccolo mi adopero per invocare la pace. Sono certo che a molti dei miei lettori non dispiacerà.
Concluderò il mio ciclo di conferenze di questo mese il 29 giugno al Festival dei Filosofi lungo l’Oglio con la lectio “Desiderio di Umanesimo”
Presenterò l’Umanesimo come amore dell’umanità, della natura, della cultura e dell’arte. Un valore che mi sta a cuore e ne depreco il tramonto. Prego che risorga.
Bologna 15 giugno 2024 ore 10, 05 giovanni ghiselli
p. s.
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[1] Nel primo stasimo dell'Agamennone di Eschilo il coro di vecchi Argivi definisce Ares il dio della guerra "oJ crusamoibo;" d j [Arh" swmavtwn"(v.437), il cambiavalute dei corpi.
A causa sua
"invece di uomini
urne e cenere giungono
alla casa di ciascuno"(434-436). ajnti; de; fwtw`n-teuvch kai; spodo;~ eij~ eJkav-stou dovmou~ ajfiknei`tai (434-436).
[2] Sofocle nella Parodo dell’Edipo re invoca gli dèi dell’ordine cosmico, dell’arte, del benessere e degli agoni ginnici- Zeus, Apollo, Minerva, Artemide-, mentre depreca, cioè prega che si allontani con una corsa retrograda, precipitosa, Ares il dio della guerra-to;n malerovn, il violento (190), to;n ajpovtimon ejn qeoi`~ qeovn, il dio disonorato tra gli dèi (215).
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