L’incontro in Piazza del Popolo. Il volo storto dei piccioni.
La aspettavo nella piazza maggiore di Pesaro. Abbracciare e baciare la bellissima giovane donna in mezzo ai voli e ai salti dei piccioni in tripudio e agli sguardi di tanti curiosi pettegoli che mi avevano visto insicuro e infelice dopo il liceo, e dopo degli anni di assenza mi rivedevano in piazza mentre stringevo al petto una ragazza splendida, era la giusta rivalsa anche pubblica dovuta al mio impegno nel non avere ceduto alle tante angherie di certe persone e alle tribolazioni che il destino mi aveva mandato non solo per mettermi in croce ma anche alla prova. Avevo provato di essere cedere nescius, come il Pelide.
Del resto la scena che stavo recitando per i neghittosi piazzaioli dediti al pettegolezzo aveva valore soprattutto per me.
Ifigenia era bella, fiorente, vitale; anzi era la stessa vita che contraccambiava l’amore ricevuto da me. Potevo essere grato alla vita, al destino, agli dèi, ed essere fiero di come ero mentre sentivo di avercela fatta a risalire su, verso il cielo, dal burrone scosceso dello svantaggio iniziale.
Arrivò da via Branca. Era vestita di bianco, calzava sandali di cuoio scuro, era abbronzata nel volto e ombreggiata- kataskiazomevnh- dai lunghi capelli neri, folti , ondulati, che le scendevano sulle spalle e sul dorso.
Mi venne in mente Helena, anche lei bella bruna con tanti capelli e biancovestita, quando nel luglio del ’71 attraversava la grande piazza assolata posta tra l’Universtà, la piscina e l’ospedale di Debrecen. Era diretta alla clinica ginecologica per sapere se aspettava un bambino o era minacciata da chissà quale male. Come la vidi, mi lanciai di corsa da lei per aiutarla e, se possibile, amarla. Tutte e due queste donne per me significavano l’incarnazione della vita che poteva accettarmi o respingermi.
Volavano lieti gli uccelli trillando con allegria. Infatti Helena mi accettò. Per un mese soltanto ma è stato il mese più bello della mia vita. Mai smentito dai fatti seguenti. Mi prese e mi lasciò senza infingimenti. L’ho sempre benedetta tra le donne.
Nell’agorà pesarese invece i piccioni ad un tratto volarono storto e tubarono ruchi inviando segnali funesti.
Come si può non dare importanza ai segni inviati da Dio? Non è che gli alati conoscano il futuro sed volatus avium dirĭgit deus 1.
Da loro trassi l’auspicio della sciagura.
Ifigenia, appena ebbe finito di sbaciucchiarmi, mi gelò dicendo: “in treno ho passato un’ora avventurosa con un ferroviere giovane e bello”.
“Maledetta”, pensai, poi la respinsi con odio e dissi: “Ho capito. Buon per te. Me ne farò una ragione. Adesso, per piacere, lasciami solo. Torna subito indietro”.
Ero sicuro che fosse finita come quando Päivi incinta di me e diventata un’Erinni dall’Eumenide che era stata, disse: “I don’ t want to see you”, o quando Kaisa si fece negare dalla sua assistente nell’Università di Turku. Se ho fornicato fu in diversi paesi e con donne diverse.
L’eterno ritorno della difficoltà con le donne. Fin da bambino sapevo che non mi sarei mai fidato del tutto, che sarei morto solo. L’ho sempre ritenuta la fine eroica degna di me e confacente alla mia vita.
Pesaro 23 settembre 2024 ore 9, 40 giovanni ghiselli
p. s.
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