NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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giovedì 26 settembre 2024

Ifigenia CLII In piscina con Giulia. Fedeltà o tradimento? Questo è il problema.

 

Il pomeriggio  del 9 agosto andai in piscina con la bella ragazza serba. Giulia era formosa e venusta in qualunque modo fosse vestita; in costume da bagno però era una specie di Afrodite slava: alta e snella senza essere secca né mascolina, con una piccola testa folta di capelli biondi che le incorniciavano un viso ovale, minuto e illuminato da due grandi occhi cerulei. Inoltre era giovane molto.

“Eh sì, eh- disse Fulvio una volta-la donna deve essere giovane!”

Stavamo fantasticando al buio nello studio tra le 2 camere della stanza numero 4 del secondo collegio.

Quindi l’amico accese un fiammifero, si illuminò il volto, poi con sguardo ironico e malizioso aggiunse: “l’uomo no!”.

 

Ricordarlo me lo fa sentire ancora vicino. Dentro di me Fulvio è ancora vivo, come le persone più care e preziose per questa mia vita mortale.

Ora devo mettere una citazione antica per non cadere nel soggettivo e per ribadire che i classici parlano di noi, delle nostre esperienze e ce le chiariscono. Al contrario i cattivi scrittori confondono, complicano, imbrogliano. Perché non capiscono e non amano la vita. Proprio come le persone cattive.

 

Ecco dunque la citazione tratta dall’Oreste di Euripide tradotto da me parola per parola, con rispetto e con amore. Perché anche gli autori sui quali ci siamo impegnati, ci diventano cari quanto gli amici.

Euripide e Fulvio, due carissimi amici. 

Il  vecchio aedo che sono continuerà a ricordarli, a citarli, nei suoi canti.

Oreste dunque dice queste parole riferendosi a Pilade che gli ha offerto il proprio aiuto

“Questo è quel precetto famoso: procuratevi degli amici, non solo la parentela/,

poiché un uomo che nel carattere si è fuso insieme, anche se è un estraneo,/

è migliore di diecimila consanguinei” (Euripide, Oreste, vv. 804-806).

La fusione delle anime è la quintessenza dell’amicizia e dell’amore.

 

Ebbene la Venere di Novi Sad non aveva ancora compiuto venti anni.

Se ci fosse stato Fulvio mi avrebbe esortato ad acciuffarla come si deve fare con il kairov", il momento opportuno, l’occasione che è calva di dietro.

Calvo e bastonato invero rischiavo di rimanere io continuando a soffrire per una lettera che non arrivava e pur se fosse arrivata sarebbe stata lordata dalle menzogne.

Ma Fulvio purtroppo non c’era e io, desolato com’ero e mentalmente  suggestionato, incantato da quella Circe, pensavo che ci fosse il massimo di  forza e di vita nella sua epidermide bruna, nei capelli violacei, negli occhi neri come prugne, nella bocca rossa, ridente e fresca come i lamponi che coglievo e succhiavo nei boschi di Moena da bambino.

 

Di quella giovane donna allora ricordavo solo i momenti migliori: quando tendeva le braccia verso di me come una rosa in boccio si stende sul proprio stelo ai soffi fecondatori dell’aria già tiepida.

 

Nella bionda lì presente non trovavo una fonte di vita altrettanto sapida e deliziosa per il mio gusto che le finlandesi avevano raffinato con i loro sapori forti e delicati.

Poi loro tre sono sparite fisicamente e Ifigenia dopo Debrecen non mi appariva più come un miracolo, anzi non mi piaceva più.

 

Una relazione a casa l’aveva anche Giulia: lei però non aveva giurato né promesso al suo amante che non avrebbe fatto l’amore con altri, poiché-diceva-“non si può mai sapere che cosa succederà mentre camminiamo sulla corda del destino, tesa sopra l’abisso della morte che nullifica  gli impegni, tutti: quelli presi e pure quelli non presi”.

Il discorso si fece interessante e l’ho riferito poiché riguarda molte persone, se non proprio tutte.

Io intanto pensavo che Ifigenia, poiché non scriveva, parlava nella stessa maniera a un corteggiatore sulla spiaggia adriatica o sui viali, per stuzzicarlo e provocarlo per trarne e dargli piacere, commettendo, allora credevo, un’ingiustizia grave nei miei confronti. Ora penso che tale diversità di comportamento non era un’ ingiustizia inflitta alla mia persona,  era piuttosto una discrepanza funzionale a farmi capire come fosse inopportuno e deleterio che io sprecassi la mia fedeltà, i miei sentimenti e il tempo buono della vita per una donna con la quale avevo poco in comune. Da allora ho compreso di dover rinunciare al pathos quando non riceve l’assenso del logos, cioè dei fatti reali perché davvero ciò che è razionale è reale pur se non tutto il reale è razionale. In ogni caso l’amore di Ifigenia per me non era reale e il mio per lei non era razionale. Doppia discrepanza dunque.

E’ andata bene così, come diceva spesso Fulvio che mi voleva bene contraccambiato

Anche ora che sono vecchio e ho vissute parecchie altre storie diventando sempre più lucido e disincantato, ora che  ho superato il numero1 minimo di amanti  che mi ero avevo proposto, credo tuttavia, come allora, che quanti  si impegnano a mantenere la fedeltà, debbano farlo. Niente del resto ci obbliga ad assomere impegni che non siamo sicuri di onorare.

Quando tornai da Debrecen, nell’agosto del 1974, arrivato in Italia dissi a una brava ragazza triestina, l’amabile Gianna,  con la quale avevo intrecciato una relazione nel precedente maggio odoroso, che mi ero innamorato di un’altra, cioè di Päivi una finlandese che  era pure rimasta incinta.

La giovane donna italiana mi disse: “tu non sei un uomo, sei una prostituta”, con tutto che non le avevo giurato né promesso la mia fedeltà.

Dopo qualche mese di amicizia, ci perdemmo di vista. Diversi anni più tardi tuttavia la madre mi telefonò dicendo che la  ragazza era morta. Temevo di venire apostrofato con ira. Invece la signora mi chiese di andare a pregare sulla tomba di Gianna, si chiamava così, siccome le aveva detto che ero stato io l’unico uomo per bene che avesse incontrato in vita sua. Difatti non le avevo mentito. Non lo faccio, siccome non lo ritengo degno di me.

 

Ma torniamo al 9 agosto del 1979. Dissi a Giulia che le emozioni vane vengono cercate dall’orrore del  vuoto di chi non è soddisfatto di sé e del compagno.  La bella ragazza mi rivolse  uno sguardo irritato: credo che le avesse dato fastidio non ricevere una corteggiamento che magari avrebbe respinto, però non potermi respingere dopo avermi dato l’occasione di provarci, aveva disturbato il suo narcisismo.

Tanto che disse: “La tua è una visione meschina e obsoleta dei rapporti amorosi”

“Sì è arretrata-risposi-risale almeno a Platone”

“Risalirà a Platone-replicò con disprezzo appena dissimulato-ma io non la condivido. E’ debole e falsa. Anzi, credo che nemmeno tu  ne sia intimamente convinto e che la usi per puntellare la tua fiacchezza attuale: tu giri intorno all’argomento con tante parole, ma il fatto è che hai il terrore di venire tradito e magari lasciato da una sulla quale hai basato la tua identità. Tu ne aborrisci il terremoto e la rovina. Sei anche falso:  santo come vuoi apparire, non ti sei mai concesso delle avventure?”

“Sì, certo, anzi parecchie, qui a Debrecen, in Italia e altrove. Ho folleggiato nel piacere anche io. Ma quando non mi ero vincolato con alcuna promessa. Recentemente l’ho fatta siccome ho preferito l’amore con una donna sola a diversi rapporti con varie amanti più o meno gradite.

La monogamia con una di raro valore mi dà più della poligamia. L’ho praticata anche per fare numero: per vanità”.

 “La poligamia o la poliandria può essere vissuta con molti amanti di raro valore”, rispose spiritosamente e non illogicamente la bella.

 

“La monogamia-replicai- chiede maggiore  attenzione, rispetto, riguardo, e la crescita avviene solo attraverso relazioni impegnative. Con i rapporti superficiali cresce poco l’ esperienza, “small experience grows”, per dirla con Petruccio di Shakespeare[1]. La Poligamia è facile, come la poliandria: richiedono troppo poco per essere accrescitive. La monogamia ti dà più in quanto chiede di più. Come uno studio serio magari con traduzione precisa e commento geniale rispetto a una lettura distratta”.

Giulia mostrava di sdegnare tale posizione secondo lei arretrata, e, siccome significava anche “io non voglio avere un’avventura con te”, smentiva la sua certezza di poter incantare qualsiasi uomo, sicché questa Circe serba mi chiese di riaccompagnarla in collegio usando un tono carico di antipatia.

Giunti nell’altrio, guardammo se c’era posta: ebbene la mia fedeltà, teorizzata e praticata con devozione ieratica, non ricevette alcuna mercede, mentre il lassismo almeno teorico di quella ragazza fu ricompensato da una lettera. Giulia aveva saputo da Alfredo che io aspettavo da diversi giorni con ansia  un espresso dalla mia compagna lontana, sicché mi salutò sbandierando la sua busta bicolore e dicendo: “Ciao gianni, buona fortuna! Ti auguro di ricevere posta da domani ogni giorno e di essere felice con la tua amata per tutta  la vita, Felice e contento fino a cento e più anni!

Dopo sarai infinitamente  beato nel paradiso dove andrai di sicuro, fedele, puro e santo come sei stato qui sulla terra!”

Non le risposi. Ero nauseato. Non di lei ma di Ifigenia e di me stesso che avevo creduto di vivere con questa amante l’amore “che è palpito dell’universo intero”, mentre la prova della lontananza di un mese aveva testificato la falsità di lei e rivelato la mia illusione, rendendo ridicolo il rigore promesso e impiegato nel rispettare gli impegni che mi ero sobbarcato tutti da solo.

“Le mie virtù devo offrirle e consacrarle a Dio, chiunque egli sia”, pensavo.

Salìi in camera pieno di rancore per la svolazzante fringuella, che poco prima avevo celebrato come un’eroina e quale dea degna di venerazione

 

Nota  scritta per rendermi ridicolo. Un don Giovanni da strapazzo. In tutto il mondo nemmeno un decimo di 1003.

 

[1] Mi viene in mente un amico, un donnaiolo di Pesaro:  quando lo incontro e gli chiedo “come stai, stai bene?”, mi risponde sempre dicendomi quanto è salito il numero delle sue amanti. Gli rispondo dichiarando il mio. Sono numeri simili ma lui ha quattro anni meno di me, dunque è in vantaggio. Vorrei rifarmi ma è una gara dura.

 

 

 

 

Pesaro 26 settembre  2024 ore 10, 19, giovanni ghiselli

p. s.

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[1] The Taming of the Shrew, I, 2.

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