NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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giovedì 26 settembre 2024

Ifigenia CL La giornata vaiopinta. Isabella la ragazza napoletana educata e carina.

 

Mercoledì 8 agosto fu una giornata variopinta:  ricca di casi diversi tra loro, senza però lettera alcuna da Ifigenia. In compenso conobbi Isabella, la più egregia tra le ragazze napoletane arrivate a Debrecen dopo l’esame di maturità. Aveva lo stile della persona bene educata che parla con rispetto e ascolta con attenzione dando maggiore importanza a quanto sente dire che alle proprie parole, poi rilancia gli argomenti ascoltati con partecipazione.

Quando, per esempio, mi chiese cosa facessi a Debrecen oltre studiare, e le dissi, tra l’altro, che almeno una volta al giorno correvo i 5000 metri allo stadio, mi domandò se volevo essere cronometrato con precisione da lei.

Non fraintendermi lettore malizioso: questa ragazzina non aveva alcuna mira erotica nei miei confronti né io nei suoi: forse cercava semplicemente uno stimolo per fare ginnastica anche lei, grassottella qual era, e voleva piacere di più al suo Diego rimasto a Napoli che correva lui pure. L’avrei conosciuto l’anno successivo e l’avrei sfidato sui 5000 metri in quella stessa pista di Debrecen. Racconterò questo agone che vinsi contro tanti ragazzi italiani e stranieri pur da ragazzo anziano quale ero diventato, largamente il decano del gruppo  dei contendenti.

Parlavo volentieri con questa ragazzina siccome avvertivo in lei qualità di educazione e di spirito che a Ifigenia difettavano. Sicché quella mattina provai meno dolore del solito per l’attesa fallita della posta promessa.

La sofferenza dell’espresso mancato venne in buona parte anestetizzata dalla presenza della nuova giovanissima amica. Non ero ancora sicuro però che il male  mio fosse operabile, cioè che Ifigenia potesse essermi estirpata dall’ anima senza che io ne morissi. Stavo assai meglio comunque, grazie la cara Isabella, e andai nella così detta “terrazza” dell’Aranybika a bere una birra e osservare il passaggio di femmine,  infanti e  viri di tutte le età.

Quella terrasz era di fatto un recinto ligneo che circondava sedie con tavolini metallici, bianchi, bucherellati e si trovava sul marciapiede di fianco all’ingresso del grande hotel della città.

Osservavo con simpatia le persone che passavano. Soprattutto le giovani donne che sorridevano benevolmente alla vita. Alcune anche a me riempiendomi di contentezza. Ora lo fanno più raramente ma capita ancora. Quando l’evento meraviglioso accade ringrazio tutti gli dèi.

Quel giorno lontana volevo obliare il mostro che non mi scriveva, Scilla o Cariddi o Ecate, o Erittón cruda che fosse.

Dopo una ventina di minuti andai all’Hungaria, il primo locale dove ero entrato appena giunto a Debrecen, tanti anni prima, nel 1966, sul far della notte, spaurito, sprovveduto e sperduto in quel paese di cui nulla sapevo e non conoscevo lo stranissimo idioma, agglutinante mi avevano detto..

Là dentro avevo trovato tanta gente immersa nel fumo e nel chiasso dell’ora di cena.

Nel 1979 ci entrai di nuovo e sedetti. Mi tornò davanti agli occhi il mio aspetto spaventato di allora: la paura di perdermi, di non trovare un ruolo in quel paese e nella mia vita desolata. Uno spavento che esasperavo per potere capirlo a fondo e , quindi, esorcizzarlo. Per lo stesso motivo tredici anni più tardi mi lasciavo tormentare da una donna di bella presenza, una giovane equivoca e dal  valore non comprovato dai fatti che talora anzi addirittura smentivano il bell’aspetto. Volevo capire, arrivare a capire quello di cui più avanti sarei stato sicuro: che non ricevere quella lettera e soffrirne era meglio che riceverla ed esserne contento perché continuare ad amare quella donna portava pena . Vincere peius erat, citando Lucano[1]. Sarebbe stato il trionfo della disfatta mia. Un trionfo celebrato dai miei nemici durante un baccanale corrotto.

 

Pesaro 26 settembre  2024 giovanni ghiselli   ore 9, 49 giovanni ghiselli.

   

 

 

 



[1] Pharsalia, VII, 706

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