Ifigenia CXL.
La lettera di Ifigenìa. Era il tempo
di evitare gli abbracci.
Arrivammo a Bologna indispettiti, stremati, oppressi quasi quanto Tifone dal peso dalla mole dell'Etna, e non la invitai a casa mia per fare l'amore, bensì l'accompagnai direttamente fino alla porta della sua abitazione.
"C'è un tempo per abbracciare e uno per evitare gli abbracci", ricordai
Giunti nei pressi di casa sua, cominciò a frugare nella borsa che aveva sulle ginocchia. Disse che cercava l'espresso promesso, scritto pochi giorni prima e non spedito perché stavo per tornare. Aggiunse che ci aveva messo tutto il suo impegno. Mi chiese di leggerlo presto. Arrivato a casa mia lo feci.
Ne trascrivo delle parti, poi magari le commento come faccio con i testi dei miei autori-accrescitori.
In fondo per qualche tempo pure Ifigenia mi aveva aiutato a crescere.
Bologna 16-8-1979
(ma 16 è scritto sopra un altro numero, forse 18
"Caro amore mio,
che voglia ho di rivederti! E' quasi un mese che siamo separati e mi sembra tanto, tanto tempo. In questi giorni passati non sono mai stata felice.
Pensai che io invece lo sarei stato se avessi letto queste parole dieci giorni prima. Non è difficile essere felici quando si sa e si fa quello che si vuole.
Più e più volte in quel mese l'avevo supplicata di scrivemi!
Torniamo alle sue parole che già vedevo sconciate dalla lordura dell'ipocrisia e della menzogna.
Non che mi sia annoiata non facendo mai nulla. Anzi. Ho letto (Shakespeare, Sofocle, Kafka, un po' di Nietzsche), camminato, nuotato, parlato con un paio di amiche, osservato, senza però essere mai interamente felice.
Ma vedi la studiosa indefessa: Nietzsche solo un po', mentre Shakespeare, Sofocle e Kafka tutti interi, magari in lingua, chissà.
Inoltre la grande fedeltà: ha parlato con due amiche durante la mia assenza; invece quando c'ero mi raccontava di essere stata piacevolmente corteggiata da questo e da quello incoraggiati da lei.
"Le uniche emozioni le ho provate nel guardare il mare, il sole, la luna, le stelle"
Le mie emozioni invece a Debrecen quell'anno erano state prevalentemente cattive, dato il silenzio di lei. Per riprovare emozioni buone dovevo ricordare i mesi passati con Helena, con Kaisa, con Päivi.
Tutti i luoghi dell'Università estiva conservavano sempre viva la gioia e la poesia di quei mesi oramai lontani. Costei era la menzogna incarnata.
Avrei tanto desiderato che ci fossi anche tu. Pensa, io e te soli, soli nell'infinito.
Sai che noia!-pensai- I tre amori con le finniche sono stati i supremi della mia vita perché intorno avevamo i rispettivi amici, e l'università era una polis, dove si parlava e si viveva appunto politicamente. Anche quegli amori erano stati politici: mi avevano aperto benevolmente verso l'umanità, il meglio dell'umanità che trovavo nelle parole di quelle amanti e dei cari contubernali di allora.
Ma torniamo alle sciocchezze impolitiche, impoetiche e di tipo pubblicitario, nonostante i goffi tentativi di stile elevato.
Il cielo e il mare sono una cosa unica, hanno lo stesso colore e il tuffarsi nell'acqua è come tuffarsi nel cielo. Quando stavo in acqua, mi sentivo libera e leggera, sicura, come se fossi stato l'unico essere umano vivente; avei voluto urlare, poi uscire dall'acqua e correre, correre cantando il mio vero amore per te".
Brava! Così ti mettevano in manicomio e non se ne parlava più.
“Ecco io ora sono felice solo se penso intensamente a te, se riesco a vederti, a vivere una scena passata”
“Non credo che tu sia felice- pensai- comunque io non lo sono con te, perché tu in questo mese mi hai reso infelice e tutte queste sciocche moine non cambiano i fatti”.
Seguitai comunque a leggere
“Anche per questo sono tornata a Bologna, dove tutto mi ricorda te, tesoro mio adorato. Perché non sei qui? Torna presto.
Sai, sono stata anche a casa tua, dentro e ho visto tante cose: i libri, il tuo album da cui ho preso due foto, la cucina, le scritte sui muri, ma per prima cosa il letto”.
Sì il letto dei nostri tripudi c’era ancora e conservava ricordi belli, perfino qualcosa del nostro calore. Mai però come il letto della camera quattro del secondo collegio di Debrecen dove Helena otto anni prima mi aveva detto: “io non sono materia”.
Ifigenia invece nell’ultimo mese si era reificata mentendo, e questa lettera confermava le mie ipotesi peggiori.
“Mi ci sono sdraiata e tu eri accanto a me”. C’ero stato sì, ma non volevo esserci più. Dovevo trovarne un’altra. Della levatura di Helena.
“Io ti adoro,sai, e sono felice di adorarti perché tu sei la persona migliore che io conosca. Per me ora se l’Unico: il più intelligente, il più sensibile, il più sincero, il più giusto, il più dolce, il più desiderabile, il più sensuale”. Maldisposto com’ero feci caso a quell’ “ora”. “E nel mese scorso- pensai- chi era il superuomo, e domani chi sarà?”. Devo mettermi in guardia da una come te. Non ripeterò la sciocchezza di questa estate a Debrecen quando potevo allungare di almeno un paio la lista delle belle che ho amato, ma non l’ho fatto per non rompere la fede a una che mi ha disonorato. Sono arrivato appena a 32 con te e non sono più di primissimo pelo. A 1003 non ci arriverò più. Nemmeno a 103, temo. Però le 50 devo raggiungerle e superarle: l’ho giurato a me stesso quando ero più giovane e non ero ancora arrivato alla prima decina: una miseria da vergognarsene.
Quella seguitava a mentire
“Non sto esagerando, per me è veramente così. Ed io ti amo, e tu mi ami”
Chi te l’ha detto? Il demone che ti suggerisce sempre bugie. Un demone, una satanessa sei tu che falsifichi ancora.
“Non è una cosa meravigliosa?” “
“No, fa schifo” pensai-
“Sai, sono emozionata e contenta perché finalmente sono riuscita a scriverti”.
“Già fino a ieri il ganzo ti teneva troppo occupata. Magari quando facevate l’amore mugghiava come quello di Pasife”.
“Qui il tempo è brutto e triste: il cielo piange amare gocce, dopo avere già pianto molto: anche lui desidera la tua persona”
“Cerca di essere poetica usando espressioni del tutto stonate e inadeguate alla nostra situazione”, mi dissi.
“Il sole è scomparso, forse è da te in questo momento. Guardalo bene perché sta parlando, e sai cosa dice? Dice che io ti amo, che sono con te e tu con me, che ce l’abbiamo fatta”.
La bugiarda attribuiva falsità anche al sole: "Solem quis dicere falsum/audeat? ", solo una scellerata come costei, mi domandai e mi risposi.
“Evviva! In fondo io negli ultimi tempi ho sempre pensato che sarebbe andata così- Il nostro amore è troppo vero, unico e profondo, perché la prova potesse fallire”.
Fallire più di così non poteva
E tanti saluti.
Pesaro 28 settembre 2024 ore 16, 35 giovanni ghiselli
p. s.
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