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lunedì 30 settembre 2024

Cultura e società nella Grecia del V e IV secolo a.C.. Di Giuseppe Moscatt

Cultura e società nella Grecia del V e IV secolo a.C.

di Giuseppe Moscatt


Il passaggio di secolo da sempre costituisce la discriminante evolutiva di una cultura, il prima e un dopo per una Società, la mutazione di una Storia, al pari di una guerra, di un terremoto, di una epidemia e di una carestia. Lo fu nel 1900 l'attentato a Umberto II e il 1914 per il globo terracqueo con l'analogo e molto più grave colpo di pistola a Sarajevo contro l'erede al trono austroungarico, scintilla che accese la Prima Guerra Mondiale; oppure l'attentato alle Torri Gemelle di New York dell'11.9.2001. 
Ci pare ora una data centrale al riguardo per la storia del Mediterraneo e di quel quarto di secolo, l'alleanza e la comune battaglia col barbaro persiano. Invero, già nel 401 a.C. la grande contraddizione col pensiero politico classico di rigetto del barbaro, quando a Cunassa in Medio Oriente si svolge la battaglia dei figli del re persiano Dario II, Ciro il giovane e il designato successore Artaserse II, divenuto Ra alla morte del padre. Vinse Artaserse II, ma con l'aiuto di 10.000 mercenari greci alieni da ogni remora ideologica e ben lontani dallo spirito delle Termopili. Sarà Senofonte, allievo di Socrate, a narrare nella famosa Anabasi la marcia di ritorno in patria dopo una lunga marcia che però ebbe un altro effetto, la rinascita di uno spirito unitario dei Greci combattenti che comincia a riformarsi dopo le tragiche vicende della guerra del Peloponneso. E tuttavia altra data essenziale per il mutamento politico appare il 362, cioè la battaglia di Mantinea, quando Tebe sconfigge Atene e Sparta, cadendo così il monopolio imperialista che aveva caratterizzato la storia greca del VI e V secolo, benché tale conquista egemonica durerà ben poco, visto che fra il 352 e il 342, il re macedone Filippo II, padre di Alessandro Magno, comincia ad espandere il suo regno conquistando la Tessaglia e la Tracia, provincie già dall'ex impero ateniese di Pericle. Poi nel 338 a Cheronea Filippo sconfiggerà la coalizione ateno-spartana, conquistando tutta la Grecia e cancellando l'ultimo mito della Grecia classica, cioè la proverbiale disomogeneità achea. Anzi, la parabola di Alessandro - Magno appunto per tale splendida sua stagione di conquistatore inversamente proporzionale alla durata del suo impero (dal 336 al 323), il c.d. trentennio che sconvolse il mondo - dimostra quanto fosse fragile politicamente una civiltà culturalmente avanzata quale quella greca. Infatti, gli intellettuali dell'epoca sentirono sulla loro vita e sul loro pensiero lo iato fra crisi dei valori politici e sviluppo del pensiero maturato nel secolo d'oro, quel V secolo che vide la nascita della filosofia occidentale, da Parmenide a Zenone, da Empedocle a Democrito fino a Socrate. 
Fu anche l'epoca del sofismo, dove linguaggio e pensiero trovarono nel dialogo e nella finzione, nel sillogismo ironico o nella familiazione impossibile di una esistenza distinta dall'essere, tanto che il loro territorio si espanderà in modo sistematico nel secolo successivo. Gorgia, Protagora e Ippia ne furono i campioni, senza contare lo stesso Socrate. E del pari l'origine della Storia, coi suoi massimi esponenti, Erodoto e Tucidide. Del resto, le vicende delle tre guerre del Peloponneso, imponevano una voce per chi finora non aveva voce, le nuove classi economiche sulla ribalta del Potere. Dunque Antifone e Andocide, l'uno profeta di eguaglianza naturale, i Barbari e gli Elleni; l'altro eroe della Libertà, non a caso implicato nella vicenda delle Erme vilipese e autore di una orazione contro Alcibiade, che riuscirono a rimuovere il superficiale - e, diremmo noi, mediatico - favore che quel parvenu aveva riscosso in modo bipartisan fra oligarchi e democratici. Infine, la nascita di una scienza fisica, la Medicina, che con Ippocrate portò un messaggio di salvezza dalla morte per epidemie, prima fra tutte la famosa peste che devastò Atene e portò via il genio di Pericle (429). Dopo Mantinea (362), anche un altro statista non di minore tempra di Pericle, il Tebano Epaminonda, purtroppo morto in quella battaglia. Ora la domanda di pace eruppe dal popolo di Atene fino a Sparta e poi a Tebe. 
Unica a recalcitrare sembrò Sparta, che non voleva riconoscere l'autonomia dei Messeni, loro avversari da sempre. Tuttavia sembrò ai politici delle città greche che le pretese unitarie non si confacessero alle esigenze loro tradizionali, divenendo forte il partito ateniese sempre refrattario a forme di alleanze o leghe, ideologia su cui soffiava negativamente la Persia dei Satrapi persiani che governavano le città dell'Asia Minore greca, dove da Alicarnasso, Bisanzio, Clio, Rodi, Corcira venivano squilli di rivolta legati alla madrepatria. La c. d. guerra sociale degli Ateniesi (354-357) e poi la guerra sacra dei Focesi contro Tebe (356-346), rappresentano la fine del tentativo di mezzo secolo Quarto di persistere da parte di Atene a quel filo di concordia ellenica di cui Pericle si era reso fondatore. Fu così che a poco a poco la politica ateniese ritornò a chiudersi in se stessa, salvo qualche piccolo territorio dell'Attica circostante. Occorreva una maggiore politica interna di ripresa economica prima di ritornare alla primazia mediterranea. 
E' il decennio di preparazione di Eubulo, stratega della pace, novello Cavour della Grecia del IV secolo, al pari del quale promuove la rinascita di una politica economica e finanziaria per ridurre il debito pubblico enorme causato dalle tante guerre sostenute. Fin dal 354 prevalse il suo governo rivolto a dare al popolo quel che rimaneva del bilancio riservato ai servizi essenziali. Una politica di cassa che divideva la spesa in opere necessarie e in opere superflue destinate a feste e fiere popolari, allo scopo di aumentare il prodotto interno lordo a mezzo di quella economia del lusso, dello sport e della vita sociale che salvaguardava la crescita delle piccole e medie imprese, per esempio in ambito marittimo e commerciale. 
Oggi sarebbe una politica Keynesiana rivolta al benessere delle masse e a garantire pace interna ed estera, libero scambio, tasse moderate, soprattutto a favore delle classi produttive e più tarate al volume d'affari delle imprese più grandi. Isocrate, oratore politico del secondo decennio del secolo, approvò questa politica fautrice degli investimenti puntando non alle spese militari difensive dall'invadente Macedonia, quanto alla politica degli scambi con la Macedonia, come è stata la politica di Obama per la Cina e dell'Europa di Maastricht con la Russia di Eltsin. Rifiuto delle spese militari e accettazione delle forze mercenarie, tutela della borghesia emergente e spazi alle attività d'impresa che molto somigliano alle politiche delle Signorie rinascimentali che però lasciarono l'Italia del '500 in mano alla Francia e alla Spagna, tanto che nei secoli successivi venne meno ogni idea di Stato Nazionale. Così fu per l'Atene di Demostene che come il Machiavelli col suo Principe, non riuscì a richiamare l'attenzione della città per riportarla ai fasti di Pericle e alle imprese di Alcibiade. 
Del resto, la nuova democrazia di Eubulo, nel tendere al soddisfacimento festaiolo del popolo - un panem et circenses ante litteram - produsse una democrazia di massa che però diventò classista e più tradizionalista, con rischi di pressioni elettorali e con tribunali elettivi che staranno sempre da una parte sola, incrementando una guerra civile strisciante, come nella Roma del I secolo a.C. dove nasceranno le dittature di Pompeo e Cesare. Lotte di classe interne che vedranno anche Argo, Corcira e Siracusa dilaniate da conflitti sociali che comunque porteranno a Tiranni locali, evoluzione che avverrà in Italia dal 600 in poi col sorgere dei cc. Principati e con un Regno Meridionale borbonico del 700 che appariva all'epoca meglio organizzato e pretenzioso di abbattere le camarille nobiliari locali, guardando al modello austriaco di Mariateresa e Giuseppe II, nonché da Carlo III di Borbone di Napoli e Sicilia. Così fu per Filippo II di Macedonia, che non poteva non essere influenzato nella corsa alla guida di una Grecia altrettanto frammentata proprio nel IV secolo. Un IV secolo denso di Tiranni - analogo ai monarchi assoluti europei del'700 illuminista - dalla Tessaglia, a Corinto, dalle città ex greche del Ponto, fino a Dionigi di Siracusa. Perfino la Persia di Dario ne fu piena: uno di loro il Satrapo della Caria, Mausolo, che scelse Alicarnasso come capitale del suo potere, che minacciò dall'interno il grande Imperatore, finendo per sobillare Artaserse contro l'erede di Dario, Ciro il giovane, dando così motivo ai mercenari greci - i nostri Capitani di Ventura del 400 italiano - di partecipare alla battaglia di Cunassa da cui è partita la nostra storia. 
Si è detto della guerra sacra dei Focesi contro Tebe, visto che nella regione della Focide si era formata una classe di commercianti e armatori insofferente ai contributi imposti dalla Lega di Delfo guidata da Tebe (356). Fu il pretesto di Filippo II di Macedonia per intervenire contro Tebe non appena diviene Re nel 358. Dopo qualche anno di regno per sventare i contro complotti di Corte, Filippo inizia l'espansione della Tessaglia e poi della Tracia (352-342). L'aiuto ai Focesi spinge Filippo dalla Tessaglia fino alle Termopili, appena occupate dagli Ateniesi preoccupati per la sua rapida cavalcata (352). Mentre Tebe guerreggiava coi focesi, Atene e Sparta finalmente erano scesi in campo con la loro Lega di Olinto per frenare la tracotante marcia macedone. 
Filippo, dotato di uno spirito tattico e strategico che trasmise al figlio Alessandro, si attestò in Tracia come Garibaldi a Napoli in attesa della riorganizzazione dei Borboni di Francesco II sulle rive del Volturno fra il 26 settembre e il 2 ottobre del 1860. Atene era in subbuglio: Eubulo e i suoi epigoni volevano restare neutrali malgrado l'alleata Olinto e la vicina Anfipoli fossero ormai assediate strettamente dai Macedoni. Demostene, oratore eccelso e vecchio sostenitore dell'oligarchia nazionalista legata ai fatti di Cleone e Pericle, rumoreggiava all'Areopago per l'intervento, come D'annunzio e Marinetti nelle piazze d'Italia nell'autunno del 1914 e nell'inverno del 1915, quando invece Giolitti e Turati patteggiavano per la neutralità dell'Italia. Il grande oratore, nelle sue note Filippiche sognava il ritorno di Atene imperiale e giudicava inerte l'azione di Filocrate, un debole successore di Eubulo che capì in ritardo il pericolo di Filippo. 
Malgrado la lenta adesione dei democratici con Eschine a tutela della città, unita ora a difesa della Patria, non poté che accettare la proposta di Filippo: lasciare ad Atene solo Chersoneso e occupare la Focide. Sembrava l'anticipazione delle dure condizioni di Hitler alla Polonia nel 1939, tanto più che Danzica passerà alla Germania nazista dietro accordo con Stalin cui veniva offerta la metà della stessa Polonia. Insomma, Atene in barba a Filocrate perse buona parte della Tracia, la Focide, ottima area portuale per gli scambi nel Mediterraneo, nonché l'alleanza di Sparta sempre più chiusa nelle sue antiche mura e priva di idee sul futuro della Grecia. Anzi il retore Isocrate da filomacedone nel 346 chiamerà Atene alla crociata contro il Re di Persia. Situazione politica che fa dire alla critica storica moderna come la Grecia del IV secolo abbia ripreso con vigore la tradizione individualista del secolo precedente e che nel II secolo porterà all'assoggettamento a Roma. 
E' anche il secolo delle prime esperienze di Stato totalitario della nostra storia, dove lo Stato opprime l'individuo, sottomettendolo sempre e comunque alle esigenze di un tiranno, limitandone ogni libertà di pensiero. Di qui, la reazione del singolo, rivolto ora ad arricchire se stesso e a trascurare la cosa pubblica, riservata ad una stretta cerchia di soggetti che a loro volta non si interessano più della città. Emergono teorie politiche diremmo ora distopiche, che guardano alla classe guerriera o di filosofi - per esempio di Platone od Aristotele - oppure concrete figure di generali che reggono le fortune del Paese, come i Tiranni di Siracusa; o i ccc. dd. trenta tiranni di Atene, un comitato di Salute Pubblica, od un Soviet supremo, ben noti agli studiosi di storia moderna e contemporanea nel caso delle rivoluzioni dal '700 al '900. Va anche ricordata la crisi della famiglia e della religione, che accanto alla crisi della Patria costituiscono una ferita insanabile per la Democrazia, idea che tanto aveva fatto sperare gli intellettuali ateniesi da Pericle in poi. Antistene, osservatore della povertà diffusa e primo anarchico; Euclide, matematico maestro di Archimede, genio della fisica; Platone e Aristotele, con loro fecondo discepolo Teofrasto, padre della storia della filosofia; Zenone di Elea, padre della didattica; Epicuro, fondatore del razionalismo laico e precursore dell'illuminismo; pensatori che costituirono scuole di filosofia che dal I secolo influenzeranno il Cristianesimo e la cultura moderna. Platone per primo nel 388 viaggia verso la Siracusa di Dionigi il vecchio, sperando di convincerlo alle idee progressiste di una peculiare forma di governo aperta alle classi produttive e militari, ma dovrà fuggire temendo addirittura per la propria vita, accusato di avere ordito col ministro Dione un colpo di Stato (388, e 384 il secondo viaggio con pari effetto negativo). Nasce la sua scuola ad Atene, detta Accademia, che formerà Aristotele, Eudosso di Cnido, Eraclide e lo storico Senofonte, celebre per aver redatto una Apologia di Socrate sul grande Maestro e in sua difesa, specialmente per le vicende del suo processo e la condanna a morte (399). Ma è anche l'età di Diogene di Sinope, padre della scuola cinica, perché con Antistene proclamò la assoluta indipendenza dal mondo esterno, la fuga della necessità materiali e il controllo continuo su se stesso, morale che lo farà intendere uno dei precursori del Cristianesimo insieme allo storico Zenone di Elea già citato. 
Vanno anche ricordati il commediografo Menandro, autore comico legato alla vita quotidiana molto simile ai poeti veristi e dialettali dell'età verista di fine '800 e gli oratori politici Eschine, Demostene e Isocrate ora ora citati. Ma anche crescono le scienze fisiche, come l'astronomia, dove Eudosso di Cnido determina la durata dell'anno solare in 365 giorni e 6 ore. Sarà la sua proposta teorica dell'Universo a fare scuola ad Aristotele. Questi fa tesoro del concetto matematico di sfere concentriche, dove prendono posto i pianeti, il sole e la luna con la terra al centro dell'universo. Uno schema racchiuso nella Fisica appunto di Aristotele, dedicata alla conoscenza del movimento, nonché delle categorie assolute dello spazio e del tempo, da qui deriverà la Scienza occidentale medievale, fino alla rivoluzione di Copernico e Galileo. 
Quanto alla religione, già nel IV secolo si trova la scultura di Prassitele e Lisippo rappresentativa degli dei in forma umana. Anzi nasce una tempio in onore di un ex umano, Asclepio, che proprio il famoso medico Ippocrate nel 460 aveva idolatrato come divinità locale di Cos, valorizzandone la natura salutifera interellenica proprio nel momento del massimo sviluppo della Peste ad Atene. Nondimeno ritorna il culto dei morti e quello degli eroi, e perfino dei personaggi viventi, per esempio a Samo si celebra la figura dell'ammiraglio Lisandro. Risorge con più veemenza anche la fede dionisiaca accresciuta da superstizioni esotiche, per esempio l'Orfismo, cioè il culto di Orfeo, un demone decaduto che prende vita in corpi umani, un semidio apollineo che è alla ricerca di una dimensione di vita più pura e più felice nel mondo, spesso interpretato come origine del Cristianesimo e con questo confusa nel mondo ellenico. Un fermento religioso in cerca di innovazione che va verso la religione del Sovrano, dell'uomo/Dio, culto che i Re ellenistici trasmetteranno nel primo secolo dopo Cristo agli Imperatori romani. Comunità religiose che verranno poi a scontrarsi proprio col Cristianesimo Paolino nettamente avverso. 
Peraltro, un aspetto dal pensiero politico di Platone - la cui scuola detta Accademia, fin dal 347 a.C. è diretta dal discepolo Speusippo - riguardava il rifiuto per la politica soggettivista della Polis, ormai intesa come un necessario ritiro dalla politica quotidiana, che da Noi si ebbe negli anni '90 del '900 in quello stato confusionale dei partiti politici e delle Istituzioni, ben noto come mani pulite per effetto dell'inchiesta giudiziaria per gravi episodi di corruzione a Milano fra il 1992 e il 1994. Lo stesso avvenne negli anni '30 del IV secolo ad Atene. La costruzione dello Stato ideale Platonico e poi le dottrine etiche individualistiche ciniche di Aristippo e Antistene furono due facce della stessa medaglia, cioè lo sdegno morale di tutte le scuole filosofiche di Socrate e Platone contro la corruzione della politica apparentemente sociale di Eubulo, il cui populismo nascondeva l'affarismo commerciale della borghesia degli affari e la mera volontà di coprire con pubbliche elargizioni a pioggia rivolte alle classi meno abbienti. 
Fenomeno che si ripeterà all'epoca dell'imperatore romano Diocleziano, quando nel 285 d.C. Roma ebbe la necessità di fronteggiare le rivolte della Gallia altrettanto pericolose quanto quelle di Spartaco di quasi tre secoli prima, dalle quali emerse la radicale tendenza della Repubblica alla svolta imperiale dittatoriale di Cesare e di Augusto. La domanda di semplificazione degli organismi del Potere, al di là delle forme giuridiche costituzionali, nella Grecia del IV secolo a.C., come nella Roma del primo secolo d.C. - cioè nell'Atene di Menandro, come nella Roma di Orazio e Ovidio - fa crescere la domanda di pace e stabilità sociale, dopo i rispettivi secoli di guerre civili e di espansione militare. La storia sembra cedere alla poesia: l'una è simbolo di concretezza e autorità, di ritorno all'ordine e di libero esercizio dell'impresa e di mercato; l'altra aveva come presupposto la libertà dello spirito, l'amore per l'altro, la ricerca del sé. 
Dunque, non tanto la storia pragmatica di Tucidide, quanto quella militarista di Senofonte, magari infarcita di noterelle aneddotiche che guardano al quotidiano (si pensi alla narrazione della storia dal Manzoni al De Amicis di Cuore). E così per Menandro (342-292 a.C.), lontano dalla commedia satirico/politica di Aristofane, ben più attuale e quotidiana di quel tempo (come quando al dramma borghese di Giuseppe Giacosa succedette la commedia umoristica di Pirandello). 
E così fu per l'architettura: dall'Acropoli mastodontica di Atene, si passò a templi di minore mole, per esempio l'Asclepio di Epidauro. Anzi un nuovo stile rompe la bellezza geometrica delle statue di Fidia scolpite nel Partenone. Lo scultore Silone fonda infatti nel 350 a.C. la c.d. scuola fisiognomica, cioè la rappresentazione di una persona nei tratti somatici segnalando il carattere espressivo, come nel caso di un suo ritratto di Platone (lo stesso avverrà durante la Repubblica di Weimar, dove i dipinti di Otto Dix e le sculture di Käthe Kollwitz indugiano non poco sul dolore dei volti di contadini affamati e di soldati in trincea). Come ci narra Plinio il Vecchio nella sua Storia naturale, Lisippo di Sicione (372-368), scultore di corte di Alessandro Magno, ancora oggi impressiona per la figura umana di corpi poco in carne, con una testa agitata e in movimento anche quando è distesa in riposo, come I borghesi di Calais del Rodin (1884) colti nel loro procedere espressionisticamente proiettati verso la morte. Scuole artistiche e letterarie di transizione dalla Democrazia alla Dittatura, che sarà impersonata prima da Filippo II di Macedonia e poi dai Re Ellenisti del III e II secolo.

Giuseppe Moscatt
 
 
 
Note bibliografiche
  • Per la storia della cultura greca in generale, vd. il classico GIORGIO PASQUALI, Filologia e storia, Firenze, 1920.
  • Per i personaggi della cultura, vd. INDRO MONTANELLI, Storia dei Greci, Milano, 1989 e d EVA CANTARELLA, La dolcezza delle lacrime: il mito di Orfeo, Milano, 2019,
  • Per la lingua greca antica, vd. ANDREA MARCOLONGO, La lingua geniale, Bari-Roma, 2016.

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