Non potei avvisare Ifigenia che non riuscivo a trovare. Sicché mi credeva a Pesaro. Feci un’ora di sport poi mi diedi allo studio della letteratura moderna che comparata all’antica appulcrava le mie lezioni.
Verso le nove di sera mi cercò un’ex alunna: si era iscritta a lettere antiche e voleva dei consigli. La invitai al bar Diana dei Greci. Si facevano discorsi relativi allo studio e alla scuola senza seconde intenzioni. Si parlava senza malizia e con amicizia, come mi succede di rado. Voglio dire che non la corteggiavo nemmeno per scherzo. Era secca e non era mora. Quindi magnificavo il mio amore per Ifigenia. A un tratto la porta del bar si spalancò spinta con forza, con fretta e quasi con furia dalla mia donna. Era vestita di azzurro e appariva agitata. Cercava me con occhi infuocati che scrutavano l’ambiente. Doveva avere visto la mia automobile: la nera Volkswagen e mi cercava per aggredirmi. Sebbene avessi notato la sua furia nervosa, fui felice di questa apparizione insperata, quasi miracolosa. Mi alzai, le andai incontro e l’invitai a bere una birra dicendo che dovevo spiegarle come mai ero lì invece che a Pesaro. Ma la mia bella e florida mora era gonfia di rabbia e non mi ascoltava: era sicura di essere stata tradita e disse che non aveva tempo da perdere con un fellone. Doveva andare a cantare in parrocchia nel coro del domine. L’amica rimase seduta e sbigottita. Accompagnai Ifigenia fino alla soglia. Giunti sull’uscio le dissi piano piano: “ego non corpolariter curavi illam, non propter formam sed quia frugi est” Erano parole prese dal Satyricon e citate non senza ironia. La bella donna mi ricambiò con Da Ponte: “Va là, che sei un buffone!”. Aveva ragione? Dillo tu, lettore. Cercai di risponderle a tono: “Mozart è nell’udibile quello che il sole è nel visibile e dio è nell’intellegibile”. Io non sono nessuno: nemmeno un buffone né un fellone”.
Ma colei si stava già allontanando piena di sdegno.
Bologna 19 settembre 2024 ore 10, 04 giovanni ghiselli
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