venerdì 13 settembre 2024

Ifigenia XVI. La Venere di Bologna e quella di Cnido.


 

Cominciammo con l’osservarci attenta mente a vicenda. In quel pomeriggio lontano non temevo di fare brutta figura siccome ero, e mi sentivo, nella forma migliore. Sicché potei godermi la scena della splendidissima giovane che si spogliava, mentre io, meno giovane e splendido ma non proprio privo di ogni lepòre, mi denudavo davanti a lei. A mano a mano che Ifigenia si svestiva a festa, mi sembrava che fosse la santa forza del sole a scoprirsi dalle nuvole invide, a mostrarmi il  bel volto radioso e mi invitasse a osservare e adorare debitamente il suo nume.

 La solare ragazza era snella, compatta, fiorente e diffondeva davvero la luce beatificante nella stanza già aduggiata dalla sera autunnale che rapidamente calava sulla fosca, turrita e porticata Bologna.

Ifigenia si tolse tutto, senza scatti, morbidamente e quando ebbe finito, prima di me, attardato dal desiderio di contemplarla, si fermò a guardarmi. Il suo corpo slanciato, eppure già un poco inclinato verso il grande letto dei tripudi desiderati, mi fece venire in mente un’altra scultura sacra, ieratica e antica, però meno severa e statica dell’attica Kore con il peplo; così nuda e ondulata, mi ricordò la prassitelica Afrodite Cnidia dalle forme flessuose, candide e palpitanti alla luce, ma, in più, oltre la divina armonia, nella carne della mia vicinissima amante, c’era la natura viva, la vita fiera di sé, tanto che mi riempivo di orgoglio nel contemplare una creatura siffatta nuda accanto al mio letto, come se avessi avuto la forza di portare nel talamo tutta la bellezza dei Musei della terra, e il rincuorante sole di primavera, e i prati della valle di Fassa coperti dall’erba alta e  dai fiori coloriti del mese di giugno, e  pure l’innumerevole sorriso delle onde marine che luccicano riflettendo i raggi del sole o della luna e li muovono a danza in arcano accordo con i passi delle Nereidi  che fanno girare rapidamente gli agili piedi imprimendo piccole orme leggere sul fondo sabbioso dell’abisso marino.

Ifigenia insomma stenebrava tutto lo spirito mio e mi riempiva di gioia non solo con la propria figura ma con tutte le immagini di sovrumana bellezza  che la sua venustà umana evocava. Al suo sorriso corrispondevano il cielo e la terra e le salse onde del mare che osservavo da bambino e tornavano a lambirmi la mente sul far della notte. Ifigenia ruppe l’estasi notando con allegria la vivacità del colore delle mutande che mi stavo levando. Aggiunse che avremmo dovuti farci filmare così come eravamo da un bravo regista che rendesse eterni quei nostri minuti carichi di storia e di mito

 

Pesaro 13 settembre 2024 ore 10, 19 giovanni ghiselli

 

Siamo ancora in un giorno dell’estate seppure tarda e morente. Quando ero bambino e ragazzo si andava al mare e sulla spiaggia in costume fino a tutto settembre. Si faceva il bagno nel mare.  Il primo ottobre cominciava la scuola.

Oggi piove, tira vento e ci sono 14 gradi dopo le 10 di mattina.

Se non ci fosse il riscaldamento globale dovremmo accendere quello domestico.

p. s

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