mercoledì 19 novembre 2025

Tolstoj La morte di Ivan Ilič 1886.


C’ è il racconto di una morte precoce, a 45 anni. Ivan prima di morire ripensa alla sua vita e capisce quanto non aveva capito da ragazzo né da uomo. Fin da giovane si era orientato verso le persone di alta posizione sociale. Il gran mondo di cui si legge  di Anna Karenina per esempio. Un ambiente fatto di apparenze e spietato.

Ivan fece sue le buone maniere. Studiò diritto e divenne giudice. Sposò una ragazza affascinante di buona famiglia, approvata dalle persone altolocate. Ma anche qui tutta apparenza. La moglie gli faceva scenate quando lui non si piegava alla volontà di lei. Voleva che restasse in casa ad annoiarsi. Poi nasce un bambino valetudinario. Ivan stava più che poteva in ufficio appassionandosi al proprio lavoro che gli dava potere. La moglie invece gli dava noia o addirittura angoscia.

 Cfr. I suggerimenti di Andrej a Pierre in Guerra e pace: non sposarti!

Volle salire di grado per guadagnare di più. Andò a Pietroburgo e raggiunse lo scopo.

Poi il destino lo colpisce: mentre arredava la nuova casa cadde da una scala e battè un fianco contro la maniglia di una finestra. Era comunque soddisfatto come il primo violino di un’orchestra. Era salito di grado.

Si liberò di amici e parenti poveri e frequentava solo l’alta società.

Si illudeva di essere sano nonostante sentisse strani sapori in bocca. Andava perfino d’accordo con la moglie. Però poi entra in allarme per  il  malessere crescente  di una continua pesantezza al fianco e in casa riprendono i litigi.

Chiama un dottore il quale si comporta con il malato come faceva lui da giudice con gli imputati, con la stessa ostentata gravità.

I giudici sono personaggi ridicoli e meschini, comunque poco umani anche in Resurrezione.

Il destino è incombente e decisivo, in questo romanzo come in Guerra e Pace dove Napoleone è solo uno strumento del fato.

Ivan capisce che gli andava male, che la cosa era grave. Subentra la pietà verso se stesso e la disperazione. In casa lo guardavano come se la malattia fosse una colpa sua. Non si abituava all’idea di morire.

Questo sillogismo:  il tale è un uomo, gli uomini sono mortali, il tale è mortale non gli sembrava giusto nei propri confronti.

Lo abbandonavano tutti e lui piangeva per tale crudeltà. Ripensa alla sua vita come a un girare intorno al monte mentre credeva di salire in cima. Il suo lavoro era stato un impiego morto. Dopo l’infanzia tutta la sua vita era stata un orrore. Sentiva di essere una pietra che cadeva.

Cfr. l’abisso orrido immenso del pastore errante di Leopardi.

Ivan capisce la vanità, il vuoto delle persone altolocate, comprende che si era affannato e accorato per cose senza consistenza. E moriva sentendo di avere sciupato la vita. Era vissuto nell’inganno e nella menzogna. Si sentiva spinto da una forza implacabile dentro un sacco nero per finire in una buca buia. Alla fine prova pietà per la moglie, per il figlio, capisce di non avere vissuto come avrebbe dovuto e vede la luce.

Bologna 19 novembre 2025 ore 20, 35 giovanni ghiselli

p. s

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