Il problema dell’identità e del riscaldamento globale
Ecuba attraverso la vendetta ha recuperato la propria identità di regina.
Dopo avere acciecato il farabutto Polimestore e ucciso i figli di lui, dice
alla corifea : lo vedrai subito davanti alle tende camminare cieco con cieco
passo barcollante - tuflo;n tuflw'/ steivconta parafovrw/
podiv (Euripide, Ecuba, 1050) e pure i cadaveri dei due figli
che io ho ammazzato con le Troiane mgliori. Divkhn
dev moi - devdwke ha pagato il fio a me (1052 - 1953)
La Medea di Euripide decide di ammazzare i propri figli per non essere
derisa né compatita quale donna abbandonata:
“Vedi quello che subisci? non devi dare motivo di derisione
ai discendenti di Sisifo per queste nozze di Giasone,
tu che sei nata da nobile padre e discendi dal Sole.
E poi lo sai: oltretutto noi donne siamo
per natura assolutamente incapaci di nobili imprese,
ma le artefici più sapienti di tutti i mali”. (vv.404 - 409)
la Medea di Seneca ritrova la pienezza della propria identità
attraverso i delitti: Medea nunc sum; crevit ingenium malis (v.
910).
Quando arriva Giasone (Medea, v. 967), la madre assassina dice di
avere recuperato il regno e la verginità: rediere regna! rapta
virginitas redit! (v. 973).
“Vivere nell'identità significa essere al riparo dall'inferno del vedersi
nell'altro e di essere l'altro che imita l'uno (…) Dalla mancata identità della
vita umana sorge la visione frammentaria, incompleta, distorta"[1].
Non trovare la propria identità significa assumerne una gregaria basata su
un sentimento di appartenenza alla massa. Medea è di altra stoffa: è fiera
della sua diversità. Per lei è inconcepibile che ci sia gente pronta "a
rinunciare alla libertà, a far sacrificio del proprio pensiero, per essere uno
del gregge, per conformarsi e ottenere così un sentimento di identità, benché
illusorio"[2].
“Il borghese deve affermare quella che sarà la sua identità per tutta la
vita. L’aristocratico si manifesta per quello che è già al momento della
nascita. Il borghese si sente costretto ad accumulare, o quanto meno a
salvaguardare”[3].
Quelli che credono nel riscaldamento globale, per non perdere questa fede che
fa parte della loro identità, mi dicono che anche i 7 gradi di oggi 5 maggio a
Bologna, e pure la neve a 800 metri sull’Appennino, dipendono dal riscaldamento
globale, ne fanno parte, ne sono una prova evidente, innegabile. Ho provato a
ricordare sommessamente i maggi odorosi della mia gioventù sul tremolare
luminoso della marina pesarese, oppure sul luccicare ridente del fiume Potenza,
quando primavera d’intorno brillava nell’aria e gli uccelli contenti a gara
insieme facevano mille giri per il cielo. Noi bambini per le vie dei borghi - Pesaro,
Montegridolfo, Potenza Picena, Moena, facevamo, giocando, un lieto rumore,
mentre i ragazzi più grandi si spandevano per le vie e si allegravano in cuore
guardando le ragazze che li guardavano.
Hanno risposto, con un pizzico di compatimento e una buona dose di
rabbia, che sono un vecchio probabilmente mal vissuto in tutto quel caldo e
sotto quel sole che mi hanno dato alla testa rendendomi malato. Di mente.
Oramai dovrebbero chiudermi in un manicomio criminale poiché, rimpiangendo il
caldo e amando il sole, desidero e auspico la morte della nostra civiltà e
dell’intero pianeta che va raffreddato con ogni mezzo. A costo di spandere aria
condizionata dappertutto senza tregua giorno e notte, e di oscurare per sempre
il sole, magari bombardandolo con armi nucleari sempre più potenti. Sarebbe la
salvezza della Terra e dell’umanità.
Ebbene sì, se i sani sono coloro, io sono malato di mente. E lo rivendico.
giovanni ghiselli
p.s. il blog alle ore 17, 51 è arrivato a
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