NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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lunedì 20 maggio 2019

Italo Svevo. L'uomo e l'inetto. 6a parte


Menandro
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Dalla conferenza tenuta il 29 aprile nella biblioteca Scandellara

L’amore malsano trova esche e nutrimento nell’otium.
In Catullo e nella tradizione elegiaca latina l’amore sottrae il poeta ai negotia del civis e del miles, collocando l’amante nella nequitia, nell’ indolenza, nell’otium di chi si sottrae ai doveri politici e militari.
51, 13 - 16
Otium, Catulle, tibi molestum est;/otio exsultas nimiumque gestis./
Otium et reges prius et beatas/perdidit urbes.

Tutt’altra cosa è, naturalmente, l’otium cum dignitate, il tempo libero dedicato allo studio e alla riflessione, all’indagare se stesso, che è altra cosa del resto dall’accumulo dell’erudizione.
Nel De oratore (del 55), Cicerone scrive che nell’ optima respublica sono possibili, successivamente, il negotium sine periculo e l’ otium cum dignitate (I, 2) , nec otium> negotium
C’è anche lo studio malsano: quello che non serve alla vita
Seneca disapprova un approccio devitalizzante ai testi classici: nel De brevitate vitae[1] il filosofo sconsiglia di accorciare la vita perdendo tempo in occupazioni che non giovano allo spirito: "Graecorum iste morbus fuit quaerere quem numerum Ulixes remigum habuisset, prior scripta esset Ilias an Odyssia, praeterea an eiusdem esset auctoris, alia deinceps huius notae, quae sive contineas nihil tacitam conscientiam iuvant, sive proferas non doctior videaris sed molestior" (13) questa fu una malattia dei Greci, cercare quale numero di rematori avesse avuto Ulisse, se sia stata scritta prima l'Iliade o l'Odissea, inoltre se siano del medesimo autore, e successivamente altre notizie di questo tipo, nozioni che se le tieni per te non giovano per niente al puro fatto di saperle, se le tiri fuori, non sembri più dotto ma più pedante.
 Il classicista Quintiliano vuole escludere l'ombra, la solitudine e la muffa dall'educazione del ragazzo che deve diventare un buon oratore:"Ante omnia futurus orator, cui in maxima celebritate et in media rei publicae luce vivendum est, adsuescat iam a tenero non reformidare homines neque illa solitaria et velut umbratica vita pallescere. Excitanda mens est et adtollenda semper est, quae in eiusmodi secretis aut languescit et quendam velut in opaco situm ducit, aut contra tumescit inani persuasione; necesse est enim nimium tribuat sibi, qui se nemini comparat "[2] , prima di tutto il futuro oratore che deve vivere frequentando moltissime persone, e in mezzo alla luce della politica, si abitui fin da ragazzo a non temere gli uomini e a non impallidire in quella vita solitaria e come umbratile. Va tenuta sveglia e sempre innalzata la mente che in solitudini di tal fatta o si infiacchisce, e nella tenebra prende un certo puzzo di muffa, o al contrario si gonfia di vuoti convincimenti: è infatti inevitabile che attribuisca troppo a se stesso chi non si confronta con nessuno.
Il maestro pallido, ossia tedioso, desta una diffidenza o addirittura una ripugnanza istintiva, anche fisica nel giovane discepolo.

Torno all’ozio deleterio e aggiungo un esempio mitico traendolo da Omero: quello di Egisto la cui attività seduttiva nei confronti della donna sposata Clitennestra è descritta e biasimata nel III canto dell'Odissea : Nestore racconta che mentre gli eroi della guerra troiana erano laggiù a compiere molte imprese, il figlio di Tieste se ne stava tranquillo nella parte più sicura (eu[khlo" mucw'/ , v. 263) di Argo che nutre cavalli e molto cercava di sedurre con le parole (qevlgesken e[pessin, v. 264 ) la moglie di Agamennone la quale dapprima rifiutava l'indegno misfatto poiché aveva un'anima nobile ed era sorvegliata da un aedo di fiducia del suo sposo, ma alla fine cedeva (vv. 265 - 272).

 L'interpretazione di Ovidio non è troppo diversa da quella di Omero:"Quaeritis Aegisthus quare sit factus adulter;/in promptu causa est; desidiosus erat " (vv. 161 - 162), volete sapere perché Egisto divenne adultero? il motivo è a portata di mano: non aveva nulla da fare. Gli altri Greci infatti facevano la guerra e ad Argo non c'erano processi a impegnarlo. Dunque:"Quod potuit, ne nil illic ageretur, amavit " (v. 167), fece quello che poté per non stare là senza far niente: fece l'amore. Anche Madame Bovary divenne adultera poiché si annoiava:"per lei, ecco, l'esistenza era fredda come un solaio esposto a settentrione, il silenzioso ragno della noia tesseva e ritesseva la tela nell'ombra, in ogni cantuccio del suo animo" (p. 36).
Già Teofrasto (in Stobeo, IV,20,66) definiva l'amore: "pavqo" yuch'" scolazouvsh"", la sofferenza di un'anima disoccupata.
L' amore di Catullo procede attraverso un avvicendarsi di esaltazioni e sconforti.

Ovidio un remedium
“otia si tollas, periere Cupidinis arcus,/contemptaeque iacent et sine luce faces" (Remedia, 139 - 140), se togli di mezzo il tempo libero, si rompono gli archi di Cupido, e le sue fiaccole rimangono a terra disprezzate e senza luce. Invece dell'otium dunque viene consigliato un qualsiasi negotium[3] che tolga a Eros il terreno fertile della desidia lo stare seduto senza fare niente

L'amore comunque ha bisogno di tempo libero
Menandro

Nel Duvskoloς di Menandro Gorgia diffida Sostrato dal cercare di sedurre la sorella approfittando della sua superiorità economica:
"non è giusto
che il tuo tempo libero danneggi noi
che tempo libero non abbiamo. Sappi che il povero il quale
subisce ingiustizia è l'essere più arrabbiato del mondo" (vv.293 - 296). E' questo un invito a non esasperare il malessere dei poveri attraverso la loro umiliazione che invece va attenuata con il rispetto e la filantropia
L'amore ha bisogno di tempo libero: Sostrato, l'innamorato ricco, domanda al fratello della ragazza, Gorgia è:"ma per gli dèi, non sei mai stato innamorato di una, tu ragazzo?" ( oujpwvpot j hjravsqh" tinov", meiravkion; v. 341). E il futuro cognato, che ricco non è, risponde: "Non me lo posso permettere, caro mio" ( oujd j e[xestiv moi, bevltiste, v.342) Sostrato non ne capisce la ragione e domanda:" come ma, chi te lo impedisce?" (pw'" ; tiv" e[sq j oJ kwluvwn; 344) pensando magari al vecchio misantropo, ma Gorgia fa vedere un panorama negativo più ampio:"il calcolo dei miei guai (oJ tw'n o[ntwn kakw'n logismov" - 344).
/che non mi dà un momento di respiro".

Anche l’apprendimento del resto ha bisogno di tempo libero
L'araldo tebano delle Supplici di Euripide ribatte che il governo di un solo uomo non è male: infatti il monarca esclude i demagoghi, i quali, gonfiando la folla con le parole, la volgono di qua e di là a proprio profitto. D’altra parte chi lavora la terra non ha tempo né per imparare né per dedicarsi alle faccende pubbliche:" oJ ga;r crovno" mavqhsin ajnti; tou' tavcou" - kreivssw divdwsi (vv. 419 - 420), è infatti il tempo che dà un sapere più forte, invece della fretta. (cfr. Kierkegaard e Kafka che non si sposano).

Isocrate nell’Areopagitico (del 356) scrive che nel buon tempo antico
I più poveri venivano indirizzati all'agricoltura e al commercio:" ejpi; ta;" gewrgiva" kai; ta;" ejmporiva"" (44). Gli abbienti invece si dedicavano alla ginnastica, ippica, caccia, e alla filosofia. La cultura dello spirito equiparata alla ginnastica fa parte di quella concezione della paideia come gioco elevato espressa da Callicle nel Gorgia.
Anche Senofonte vuole combinare equitazione ginnastica e caccia con l'amore per la cultura intellettuale. Pure il Protagora (326c) di Platone fa dipendere la durata dell'istruzione dai mezzi dei genitori.

Pòzdnyshev, l'uxoricida della Sonata a Kreutzer di Tolstoj[4], mette l'ozio tra le esche ingannevoli della sua infausta passione amorosa:"Ma in realtà quel mio amore era prodotto, da una parte, dall'affaccendata madre e dalla sarta, dall'altra - dalla grande abbondanza di cibi che ingoiavo, e in più dalla vita oziosa che menavo" (p. 327).
“Depravazione, si dice, è quando ci si libera dai rapporti morali verso una donna cui si è stati carnalmente congiunti. Il fatto è che l’amore dipende solo dall’attrazione fisica. Agli uomini interessa solo il corpo e le donne lo mettono in risalto, anche con mezzi artificiosi (…) I giovani innamorati fanno presto a diventare teneri, come i cetrioli sul vapore. I nostri sensi si infiammano per l’alimentazione sovrabbondante e l’inattività
Il cibo pruriginoso: selvaggina, pesce, vini scelti va tutto a finire in eccessi dei sensi. Poi la trappola del matrimonio. Finita la passione, abbiamo iniziato a litigare. La donna è felice e soddisfatta solo quando è riuscita a intrappolare un uomo e quando ci è riuscita il suo scopo è tenerlo sotto i piedi. I figli possono placarla. Arrivammo al punto che non era la discordia a provocare l’inimicizia ma l’inimicizia a provocare la discordia. A trent’anni aveva una bellezza che rendeva inquieti gli uomini: era nel fiore dei suoi trent’anni: la donna che non genera, pienotta, allettante. Gli uomini la guardavano. Era simile a un cavallo ben pasciuto, già troppo tenuto a freno, cui siano state tolte le briglie”.
Arriva l’adulterio con un uomo che ricevuto in casa la guardava come tutti i lussuriosi guardano le donne belle. Lei faceva l’indifferente, ma era agitata. Il marito era geloso. Fra i due si stabilì una corrente elettrica tale da produrre identici sorrisi, identici sguardi. La bestia si era acquattata in entrambi
Il marito la insulta, furibondo per la gelosia. Di lei conosceva solo la parte animale. Ma la sofferenza maggiore consisteva nel dubbio.
Coglie in flagrante i due amanti Dissero che facevano della musica, Lui scappa e il marito la colpisce prima con una gomitata poi con un pugnale
Mentre la moglie muore, per la prima volta il marito vede in lei un essere umano Allora tutta la sua gelosia gli parve una cosa meschina.

Per quanto riguarda il cibo pruriginoso sentiamo Ovidio che nei Remedia lo sconsiglia: "Daunius an Libycis bulbus tibi missus ab oris/an veniat Megaris, noxius omnis erit " (Remedia amoris, vv.797 - 798), la cipolla della Daunia o mandata dalle coste libiche o importata da Megara sarà sempre nociva.
 In questa prospettiva, ribaltata rispetto a quella del viagra o alle pratiche cui si sottopone Encolpio contro l'impotenza, nocivo significa eccitante.

 Tale è anche la rucola:"Nec minus erucas aptum vitare salaces,/et quicquid Veneri corpora nostra parat " (Remedia, 799 - 800), e non è meno opportuno evitare la rucola afrodisiaca e tutto quanto dispone il nostro corpo a Venere. - salaces, da salax, connesso a salio, salto, significa propriamente "che fa saltare". "La radice deriva dall'indoeuropeo *sal - che ha dato come esito in greco aJl - , in latino sal - "[5]. Cfr. a{llomai.

Nell'Ars amatoria che condivide l'impianto didascalico dei Remedia amoris, ma vuole insegnare il contrario, Ovidio consiglia gli stessi e altri cibi afrodisiaci a chi non deve risparmiare i lombi:"bulbus et, ex horto quae venit herba salax/ovaque sumantur, sumantur Hymettia mella/quasque tulit folio pinus acuta nuces" ( II, 422 - 424), si prenda la cipolla, e la rucola eccitante che viene dall'orto, le uova e si prenda il miele dell'Imetto e i pinoli che produce il pino dalle foglie aghiformi.

 La cipolla (bolbov" ) è con le conchiglie e le lumache, tra gli ingredienti principali anche del povto" aJduv" (v. 17), il magnifico banchetto che svela l'amore di Cinisca nel XIV idillio di Teocrito.

 La cipolla e la rucola sono messi tra gli afrodisiaci anche da Marziale. Questi peraltro non aiutano Luperco abbandonato dalla mentula:"sed nihil erucae faciunt bulbique salaces" (III, 75, 3), niente ti fanno la rucola e le cipolle eccitanti. 

Veniamo quindi al vino:" Vina parant animum Veneri, nisi plurima sumas/ et stupeant multo corda sepulta mero./Nutritur vento, vento restinguitur ignis;/lenis alit flammas, grandior aura necat./Aut nulla ebrietas, aut tanta sit, ut tibi curas/eripiat; si qua est inter utrumque nocet " ( Remedia amoris, vv.805 - 808), il vino dispone l'animo a Venere, se non ne prendi troppo e non vengono intontiti i sensi sepolti dal molto vino. Viene nutrito dal vento, dal vento viene pure spento il fuoco; una lieve brezza alimenta le fiamme, un vento più grande la spenge. O non ci sia l'ebbrezza o sia così grande da portarti via gli affanni, se una si trova a metà, ti fa male.

Nell'Ars amatoria leggiamo:"Vina parant animos faciuntque caloribus aptos;/cura fugit multo diluitque mero./Tunc veniunt risus, tum pauper cornua sumit,/tum dolor et curae rugaque frontis abit./Tunc aperit mentes aevo rarissima nostro/ simplicitas, artes excutiente deo./Illic saepe animos iuvenum rapuere puellae,/et Venus in vinis ignis in igne fuit" (I, 237 - 244), il vino dispone gli animi e li rende pronti agli ardori; l'ansia fugge e si scioglie con molto vino. Allora nascono le risate, allora il povero prende coraggio, allora il dolore e le ansie e la ruga della fronte se ne vanno. Allora la semplicità, rarissima nel nostro tempo, rivela i pensieri, poiché il dio scuote via gli artifici. Lì spesso le ragazze conquistano i cuori dei giovani e Venere nel vino è fuoco nel fuoco.

Già Euripide nelle Baccanti aveva collegato Cipride al vino:"oi[nou de; mhkevt j o[nto" oujk e[stin Kuvpri" - oujd j a[llo terpno;n oujde;n ajnqrwvpoi" e[ti" (vv. 773 - 774), E quando non c'è più il vino, non c'è Cipride/né più alcun altro piacere per gli uomini.

Una riflessione sugli effetti erogeni del vino si trova ne L'asino d'oro di Apuleio. Il curiosus protagonista Lucio, preparandosi a un incontro amoroso con l'ancella Fotide, ricevuta in dono un'anfora di prezioso vino invecchiato, vini cadum in aetate pretiosi, invita l'amante a bere insieme il liquido di Bacco elogiandolo come il miglior viatico per percorrere una lunga rotta sulla barca di Venere:"Ecce - inquam, - Veneris hortator et armĭger Liber advenit ultro! Vinum istud hodie sorbamus omne, quod nobis restinguat pudoris ignaviam et alăcrem vigorem libidinis incutiat. Hac enim sitarchĭa navigium Veneris indĭget sola, ut in nocte pervigili et oleo lucerna et vino calix abundet " (II, 11), ecco, dico, che stimolatore e armigero di Venere arriva Libero spontaneamente! Beviamocelo tutto oggi questo vino che spenga in noi la viltà del pudore e susciti un vivace vigore di libidine. In effetti la barca di Venere ha bisogno soltanto di questo approvvigionamento in modo che, durante la notte di veglia, la lucerna sia piena d'olio e la coppa di vino.

Il nesso vino - Venere viene ricordato controvoglia da Leonia, la vecchia ubriaca del Curculio di Plauto che deve offrire un goccio del suo tesoro liquido, com'è consuetudine, alla dea dell'amore:"Venus, de paullo paullulum hic tibi dabo hau lubenter./ Nam tibi amantes propitiantes vinum dant potantes/omnes…" (vv. 123 - 125), Venere, del poco che c'è qui darò un pochino a te non volentieri. Infatti tutti gli amanti facendo un brindisi ti offrono del vino per propiziarti.

Il portiere del castello di Macbeth, una specie di portiere dell'inferno come ipotizza di essere con ironia sofoclea[6], disquisisce, intorno agli effetti del bere sulla libidine: la provoca e la sprovoca; provoca il desiderio ma ne porta via l'esecuzione. " Therefore, much drink may be said to be an equivocator with lechery ", perciò bere molto si può denominare colui che rende equivoca la lascivia: la crea e la distrugge; la spinge innanzi e la tira indietro; la persuade e la scoraggia; "makes him stand to, and not stand to", la mette in piedi e non la tiene su, insomma la equivoca col sonno e dandole una smentita la pianta (Macbeth, II, 3). In questo monologo, "di un fine umorismo lucianesco…occorrono certe allusioni a fatti contemporanei, che allora, cioè quando Shakespeare scriveva il Macbeth [7], dovevano essere a common topic[8], o, come diremmo noi, sulla bocca di tutti, e che ci riportano a quell'anno"[9] (1606).
Chiarini fa l'esempio della parola equivocator usata due volte nel monologo e che allude alla dottrina gesuitica dell'equivocazione invocata da Enrico Garnet, superiore dell'ordine dei gesuiti processato nel 1606 appunto per l'accusa di avere partecipato alla congiura delle polveri (gunpowdwer plot) ordita dai cattolici, nel 1605, contro Giacomo I.

Si può aggiungere e precisare che bere alcolici, in quantità non eccessiva, può disinibire in certi casi o, in altri, fare obliare la scarsa attrazione, fondata su calcoli, per un partner che non ci piace.

Flaubert
Altrettanto pensa la vecchia Bovary dei grilli della nuora:
"Ci vorrebbe un'occupazione, un bel lavoro manuale! Se come tante altre fosse costretta a guadagnarsi il pane, non avrebbe mica tanti fumi per la testa. Sai da dove vengono? Da quel mucchio di idee balorde, dal troppo ozio in cui vive"[10].


CONTINUA

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[1] Del 49 ca d. C. La brevità della vita umana ha dato parecchio da dire agli scrittori e ai loro personaggi:"Scostatevi, vacche, che la vita è breve", gridava Aureliano secondo in Cent'anni di solitudine di G. G. Marquez (p. 202).

[2] Institutio oratoria I, 2, 18.
[3] Composto dalla negazione nec + otium .
[4] Del 1889.
[5] G. Ugolini, Lexis , p. 109.
[6] Egli esordisce dicendo: questo si chiama bussare per davvero! Se un uomo fosse portiere dell'inferno (if a man were porter of hell - gate) avrebbe l'abitudine antica di girare la chiave (II, 3). Non "possiamo fare a meno di sentire che nel far finta di essere il portiere dell'inferno egli è terribilmente vicino alla verità" (Bradley, op. cit., p. 424).
[7] Regnò sulla Scozia dal 1040 al 1057. 
[8] A proposito dei nostri topoi!
[9] Cino Chiarini (a cura di) Macbeth , p. XII.
[10] Madame Bovary, (1857) p. 104.

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