Appendice I
Valerio Varesi, Lo stato di
ebbrezza,
Frassinelli, 2015
L’ebbrezza è
quella della maggioranza del popolo italiano ubriacato in un’orgia di
ignoranza, un miscuglio grottesco di voluttà e crudeltà che fa pensare al
barbarico pregreco di cui parla Nietzsche in La nascita della tragedia (cap.
2)
Una molecola
risolutrice di un problema di cosmetica valeva mille volte di più di una
formula per la cura di una malattia rara”.
La cosmetica
migliore è la ginnastica, e non quella della palestra ma quella della corsa sui
campi o delle montagne scalate con la bicicletta.
“Si finiva per
finanziare stronzate d’alto gradimento. I giochino per cellulari con le
musichette a istupidirti per un intero viaggio in treno, occhiali ripiegabili a
gomitolo …il trionfo del superfluo commerciabile. A colpi di stronzate prodotte
in serie si finiva anestetizzati senza più pecepire la differenze. Si era
tutti risucchiati in una gigantesca pozza di neghittosità, nel brodo
dell’apatia. Era un corpo morto l’Italia
Per
esempio Kierkegaard scrive:" Lasciamo che gli altri si lamentino
che i tempi sono cattivi; io mi lamento che il nostro tempo è miserabile poiché
è senza passioni...è per questo che la mia anima torna sempre all'Antico
Testamento e a Shakespeare. Là si sente che quei che parlano sono uomini; là si
odia, là si ama, si ammazza il nemico e si maledice la sua stirpe per tutte le
generazioni, là si pecca"[41].
Il
ventenne Michele Ardengo de Gli indifferenti
di Moravia (scritto nei primi anni della dittatura fascista)
rimpiange, non senza ironia, la vita tragica figurandosela come ricca di
passioni:"Come doveva essere bello il mondo... quando la vita non era come
ora ridicola, ma tragica, e si moriva veramente e si uccideva e si odiava, e si
amava sul serio, e si versavano vere lacrime per vere sciagure, e tutti gli
uomini erano fatti di carne ed ossa e attaccati alla realtà come alberi alla
terra. A poco a poco l'ironia svaniva e restava il rimpianto; egli avrebbe
voluto vivere in quell'età tragica e sincera, avrebbe voluto provare quei
grandi odi travolgenti, innalzarsi a quei sentimenti illimitati...ma restava
nel suo tempo e nella sua vita, per terra"[42].
Lukács vede in
Dioniso, nel Dioniso interpretato da Nietzsche il paradigma mitico della
classe dominante che si è trasformata da decadente in attivista. “Dioniso è il
simbolo mitico di questa conversione della classe dominante…il predominio
dell’istinto sull’intelletto e sulla ragione (perciò nell’opera giovanile
la figura di Socrate è contrapposta a Dioniso…Dioniso appare come il
simbolo della decadenza gravida dell’avvenire e degna di
approvazione, della decadenza dei forti, in opposizione al fiacco e
deprimente pessimismo (Schopenhauer) e alla liberazione degli istinti con
accenti plebei (Wagner)…Il dio di questa decadenza “riscattata” e convertita in
attività è Dioniso; sue caratteristiche sono crudeltà e sensualità”[43].
“Nietzsche
combatte il romanticismo, ma in maniera tale, che al romanticismo “deteriore”,
decadente, oppone un romanticismo “buono”: il dionisiaco”[44].
Appendice II
“Quando
in città popolose osservo come migliaia di persone mi passano davanti con
l’espressione dell’apatia o della fretta, mi dico sempre che esse devono stare
intimamente male. Ma per tutti costoro l’arte esiste soltanto perché si
sentano ancora peggio e diventino ancora più apatici e insensibili, o
ancora più frettolosi e bramosi. Giacché il sentimento falso li
cavalca e li pungola senza posa e non permette mai che essi confessino a se
stessi la loro miseria; se vogliono parlare, la convenzione sussurra loro
qualcosa all’orecchio, per cui dimenticano ciò che veramente volevano dire” (Wagner
a Bayreuth 5,).
La
voce dell’arte di Wagner “mostra soprattutto che la vera musica è un
frammento di fato e di legge primordiale” (Wagner a Bayreuth , 6).
Nella
IV inattuale Richard Wagner a Bayreuth (del
1876), Nietzsche conserva l’entusiasmo per il compositore e per
Schopenhauer che vengono accostati ad altri grandi personaggi della
cultura europea (Kant, gli Eleati, Empedocle ed Eschilo). Wagner è “un
artista globale…un semplificatore del mondo”[45]. L’arte mostra dei conflitti “che sono
semplificazioni delle reali lotte della vita” (p. 268
Nietzsche nel 1886
auspicava l’Europa unita e prevede rivolgimenti da parte dei Russi. In Di
là dal bene e dal male egli lamenta la “paralisi della volontà: dove
mai non si annida oggigiorno questo demone rachitico!” Innanzitutto in Francia
dove “la volontà ha raggiunto il più grave stadio di infermità”. La Francia
insegna “tutte le arti seduttrici dello scetticismo”. Va un poco meglio in Germania,
Inghilterra, Spagna e Corsica, mentre l’Italia “è ancora troppo giovane perché
possa già sapere ciò che vuole… Ma la forza di volontà si rivela in misura
massima e stupefacente…in Russia”.
In Aurora (del
1881) aveva auspicato l’emigrazione dall’Europa degli operai europei
stanchi della loro schiavitù, e l’immigrazione dei Cinesi: “questi porterebbero
seco la maniera di vivere e di pensare che si conviene a laboriose formiche.
Sì, essi potrebbero nel complesso aiutare a infondere nel sangue di questa inquieta
ed estenuantesi Europa qualcosa della placidità e contemplatività asiatica e -
quel che è soprattutto necessario - qualcosa dell’asiatica solidità”[46].
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