venerdì 10 maggio 2019

Italo Svevo. L'uomo e l'inetto. 5 parte


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Appendice I
Valerio Varesi, Lo stato di ebbrezza, Frassinelli, 2015

L’ebbrezza è quella della maggioranza del popolo italiano ubriacato in un’orgia di ignoranza, un miscuglio grottesco di voluttà e crudeltà che fa pensare al barbarico pregreco di cui parla Nietzsche in La nascita della tragedia (cap. 2)

 Una molecola risolutrice di un problema di cosmetica valeva mille volte di più di una formula per la cura di una malattia rara”.
La cosmetica migliore è la ginnastica, e non quella della palestra ma quella della corsa sui campi o delle montagne scalate con la bicicletta.
“Si finiva per finanziare stronzate d’alto gradimento. I giochino per cellulari con le musichette a istupidirti per un intero viaggio in treno, occhiali ripiegabili a gomitolo …il trionfo del superfluo commerciabile. A colpi di stronzate prodotte in serie si finiva anestetizzati senza più pecepire la differenze. Si era tutti risucchiati in una gigantesca pozza di neghittosità, nel brodo dell’apatia. Era un corpo morto l’Italia

Per esempio Kierkegaard scrive:" Lasciamo che gli altri si lamentino che i tempi sono cattivi; io mi lamento che il nostro tempo è miserabile poiché è senza passioni...è per questo che la mia anima torna sempre all'Antico Testamento e a Shakespeare. Là si sente che quei che parlano sono uomini; là si odia, là si ama, si ammazza il nemico e si maledice la sua stirpe per tutte le generazioni, là si pecca"[41].

Il ventenne Michele Ardengo de Gli indifferenti di Moravia (scritto nei primi anni della dittatura fascista) rimpiange, non senza ironia, la vita tragica figurandosela come ricca di passioni:"Come doveva essere bello il mondo... quando la vita non era come ora ridicola, ma tragica, e si moriva veramente e si uccideva e si odiava, e si amava sul serio, e si versavano vere lacrime per vere sciagure, e tutti gli uomini erano fatti di carne ed ossa e attaccati alla realtà come alberi alla terra. A poco a poco l'ironia svaniva e restava il rimpianto; egli avrebbe voluto vivere in quell'età tragica e sincera, avrebbe voluto provare quei grandi odi travolgenti, innalzarsi a quei sentimenti illimitati...ma restava nel suo tempo e nella sua vita, per terra"[42].

Lukács vede in Dioniso, nel Dioniso interpretato da Nietzsche il paradigma mitico della classe dominante che si è trasformata da decadente in attivista. “Dioniso è il simbolo mitico di questa conversione della classe dominante…il predominio dell’istinto sull’intelletto e sulla ragione (perciò nell’opera giovanile la figura di Socrate è contrapposta a Dioniso…Dioniso appare come il simbolo della decadenza gravida dell’avvenire e degna di approvazione, della decadenza dei forti, in opposizione al fiacco e deprimente pessimismo (Schopenhauer) e alla liberazione degli istinti con accenti plebei (Wagner)…Il dio di questa decadenza “riscattata” e convertita in attività è Dioniso; sue caratteristiche sono crudeltà e sensualità”[43].
“Nietzsche combatte il romanticismo, ma in maniera tale, che al romanticismo “deteriore”, decadente, oppone un romanticismo “buono”: il dionisiaco”[44].

Appendice II
“Quando in città popolose osservo come migliaia di persone mi passano davanti con l’espressione dell’apatia o della fretta, mi dico sempre che esse devono stare intimamente male. Ma per tutti costoro l’arte esiste soltanto perché si sentano ancora peggio e diventino ancora più apatici e insensibili, o ancora più frettolosi e bramosi. Giacché il sentimento falso li cavalca e li pungola senza posa e non permette mai che essi confessino a se stessi la loro miseria; se vogliono parlare, la convenzione sussurra loro qualcosa all’orecchio, per cui dimenticano ciò che veramente volevano dire” (Wagner a Bayreuth 5,).
La voce dell’arte di Wagner “mostra soprattutto che la vera musica è un frammento di fato e di legge primordiale” (Wagner a Bayreuth , 6).
Nella IV inattuale Richard Wagner a Bayreuth (del 1876), Nietzsche conserva l’entusiasmo per il compositore e per Schopenhauer che vengono accostati ad altri grandi personaggi della cultura europea (Kant, gli Eleati, Empedocle ed Eschilo). Wagner è “un artista globale…un semplificatore del mondo”[45]. L’arte mostra dei conflitti “che sono semplificazioni delle reali lotte della vita” (p. 268

Nietzsche nel 1886 auspicava l’Europa unita e prevede rivolgimenti da parte dei Russi. In Di là dal bene e dal male egli lamenta la “paralisi della volontà: dove mai non si annida oggigiorno questo demone rachitico!” Innanzitutto in Francia dove “la volontà ha raggiunto il più grave stadio di infermità”. La Francia insegna “tutte le arti seduttrici dello scetticismo”. Va un poco meglio in Germania, Inghilterra, Spagna e Corsica, mentre l’Italia “è ancora troppo giovane perché possa già sapere ciò che vuole… Ma la forza di volontà si rivela in misura massima e stupefacente…in Russia”. 

In Aurora (del 1881) aveva auspicato l’emigrazione dall’Europa degli operai europei stanchi della loro schiavitù, e l’immigrazione dei Cinesi: “questi porterebbero seco la maniera di vivere e di pensare che si conviene a laboriose formiche. Sì, essi potrebbero nel complesso aiutare a infondere nel sangue di questa inquieta ed estenuantesi Europa qualcosa della placidità e contemplatività asiatica e - quel che è soprattutto necessario - qualcosa dell’asiatica solidità[46].

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[41] Aut - Aut , in Kierkegaard, Opere, p. 12.
[42] A. Moravia, Gli indifferenti , p. 211.
[43] La distruzione della ragione, pp. 399 - 400.
[44] Lukács, Contributi alla storia dell’estetica, p. 354.
[45] In Considerazioni inattuali, p. 264.
[46] Aurora, III, 206

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