Euripide
misura la religione con la morale.
Anfitrione
nell'Eracle rimprovera Zeus e afferma la propria
superiorità morale sullo stesso padre degli dèi:"Zeus, invano
davvero io ti ebbi come compagno di talamo, e invano ti chiamavamo
comune genitore di mio figlio: tu infatti ci eri meno amico di quello
che sembravi essere.
In
virtù io, sebbene mortale, supero te, dio grande: infatti i figli di
Eracle io non li ho traditi.Tu sapevi entrare di nascosto nelle
coltri, prendendoti i talami altrui mentre nessuno te li dava, ma non
sai salvare i tuoi cari. Sei un dio stupido, oppure per natura non
sei giusto"(Eracle, vv. 339-347).
Sofocle
invece misura la morale con la religione: le leggi che
dobbiamo seguire sono quelle date dagli dèi, viene detto in trimetri
e cantato in versi lirici nelle sue tragedie più note.
Nell’Antigone Creonte
domanda alla nipote:"E allora osavi trasgredire queste leggi?"
(v. 449).
La
ragazza risponde: "Sì, infatti secondo me non è stato per
niente Zeus il banditore di questo editto/né Giustizia che convive
con gli dei di sotterra/determinò tali leggi tra gli uomini,/né
pensavo che i tuoi decreti avessero tanta/forza che tu, essendo
mortale, potessi oltrepassare/i diritti degli dei, non scritti e non
vacillanti " (vv. 450-45).
Il
coro dell'Edipo re nella prima strofe del secondo
Stasimo, punto nodale della tragedia, canta:"Oh, mi accompagni
sempre la sorte di portare/ la sacra purezza delle parole/e delle
opere tutte, davanti alle quali sono stabilite leggi/sublimi,
procreate/attraverso l'aria celeste di cui Olimpo è padre da solo né
le /generava natura mortale di uomini/né mai dimenticanza/potrà
addormentarle:/grande c'è un dio in loro e non invecchia" (vv.
863-872).
Posso
indicare una parentela spirituale tra Sofocle e Tolstoj che in Guerra
e pace scrive:" Per noi, con la misura del bene e del
male dataci da Cristo, non esiste nulla di incommensurabile e non c'è
grandezza là dove non c'è semplicità, bene, verità" (p.
1607).
Concludo:
la plebe misura il valore con il denaro siccome fonda e costruisce
sul denaro la propria identità, gli aristoi, i nobili d’anima,
misurano il valore umano con la cultura, lo stile, l’intelligenza e
soprattutto con il bene che l’uomo è capace di fare agli altri
uomini.
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