martedì 21 maggio 2019

Sofocle, Euripide e Tolstoj: la misura del bene e del male

Euripide misura la religione con la morale.
Anfitrione nell'Eracle rimprovera Zeus e afferma la propria superiorità morale sullo stesso padre degli dèi:"Zeus, invano davvero io ti ebbi come compagno di talamo, e invano ti chiamavamo comune genitore di mio figlio: tu infatti ci eri meno amico di quello che sembravi essere.
In virtù io, sebbene mortale, supero te, dio grande: infatti i figli di Eracle io non li ho traditi.Tu sapevi entrare di nascosto nelle coltri, prendendoti i talami altrui mentre nessuno te li dava, ma non sai salvare i tuoi cari. Sei un dio stupido, oppure per natura non sei giusto"(Eracle, vv. 339-347).

Sofocle invece misura la morale con la religione: le  leggi che dobbiamo seguire sono quelle date dagli dèi, viene detto in trimetri e cantato in versi lirici nelle sue tragedie più note.
Nell’Antigone Creonte domanda alla nipote:"E allora osavi trasgredire queste leggi?" (v. 449).
La ragazza risponde: "Sì, infatti secondo me non è stato per niente Zeus il banditore di questo editto/né Giustizia che convive con gli dei di sotterra/determinò tali leggi tra gli uomini,/né pensavo che i tuoi decreti avessero tanta/forza che tu, essendo mortale, potessi oltrepassare/i diritti degli dei, non scritti e non vacillanti " (vv. 450-45).
Il coro dell'Edipo re  nella prima strofe del secondo Stasimo, punto nodale della tragedia, canta:"Oh, mi accompagni sempre la sorte di portare/ la sacra purezza delle parole/e delle opere tutte, davanti alle quali sono stabilite leggi/sublimi, procreate/attraverso l'aria celeste di cui Olimpo è padre da solo né le /generava natura mortale di uomini/né mai dimenticanza/potrà addormentarle:/grande c'è un dio in loro e non invecchia" (vv. 863-872).
Posso indicare una parentela spirituale tra Sofocle e Tolstoj che in Guerra e pace scrive:" Per noi, con la misura del bene e del male dataci da Cristo, non esiste nulla di incommensurabile e non c'è grandezza là dove non c'è semplicità, bene, verità" (p. 1607).

Concludo: la plebe misura il valore con il denaro siccome fonda e costruisce sul denaro la propria identità, gli aristoi, i nobili d’anima, misurano il valore umano con la cultura, lo stile, l’intelligenza e soprattutto con il bene che l’uomo è capace di fare agli altri uomini.

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