Turgenev |
Ozio e irrisolutezza
Una confutazione della supposta sintonia e complicità tra
Euripide e Socrate la
fornisce Fedra quando nell'Ippolito di Euripide dice:
"bisogna considerare questo:/il bene lo conosciamo e riconosciamo,/ma non
lo costruiamo nella fatica (oujk ejkponou'men: il bene topicamente costa povno" ,
fatica) , alcuni per infingardaggine (ajrgiva" u{po),/ alcuni anteponendogli qualche altro
piacere./ E sono molti i piaceri della vita:/lunghe conversazioni, l'ozio,
diletto cattivo[*], (scolhv, terpno;n kakovn) l'irrisolutezza (aijdwv" te, una forma brutta di aijdwv" ) "(vv.379 - 385). Può essere anche la malattia
come nel caso di Myškin.
Il nichilismo e il terrorismo dei Demoni (1873)
Il protagonista è Nicolaj Stavrogin cresciuto con la
madre Varvara Petrovana e l’aio Stepan Trofimovič, un adulto vanesio e
infantile. Educato come i figli di Ciro il Vecchio da donne e da eunuchi (cfr.
Platone Leggi). Stavrogin era bello, elegante, raffinato. Era
elegante con semplicità senza ricercatezza né affettazione. Era molto amato e
odiato: era bello e terribile, (deinov").
Conduceva una vita derisoria fino a sposare una sciancata
coperta di onta e di percosse. La vergogna e l’insensatezza di quel matrimonio
arrivava sull’orlo della genialità. Aveva voluto storpiare la propria vita dopo
avere sedotto una bambina che poi si era impiccata. Aveva sposato una demente
innamorata di lui alla follia
Era straziato dal demone dell’ironia (sconosciuta questa
a Myskin) Soffre di una forma di exacerbatio cerebri. Come il
seduttore di Kierkegaard. Sfidava sempre il buonsenso.
I nichilisti volevano spargere una corruzione inaudiita.
Un aristocratico quando passa alla democrazia è affascinante. Stavrogin
soffriva per la malattia dell’indifferenza. I terroristi volevano gettare il
paese nella disperazione diffondendo una totale mancanza di fede in qualsiasi
cosa. Far crollare lo Stato e la sua moralità.
Alla fine Stavrogin si impicca: “da me è uscita solo la
negazione, senza alcuna forza, anzi non è uscita nemmeno la negazione.
Lukács Saggi sul realismo
In Delitto e castigo abbiamo la miseria
della metropoli moderna: la camera ammobiliata simile a una bara. La ragione
della disperata solitudine e della infelicità di molti personaggi di
Dostoevskij è la loro vita inoperosa
Bachtin Dostoevskij
Il romanzo polifonico di Dostoevskij presenta tante
psicologie con il ribaltamento dei rapporti sociali convenzionali, la
“carnevalizzazione della vita”. Intorno a Myskin si crea la sincerità
carnevalesca (si può pensare ai Saturnali Giovanni
Pascoli - Poesie
varie (1913)
La personalità di Myskin relativizza ciò che separa gli
uomini e dà una falsa serietà alla vita. Di questa letteratura che relativizza
e carnevalizza la vita fanno parte la satira menippea e il Satyricon.
Come Petronio, Dostoevskij vuole creare situazioni eccezionali. C’è
l’incoronazione e la scoronazione del re del carnevale che diventa farmakov". Dostoevskij non è scrittore di ambiente casalingo e
familiare, i suoi personaggi non vivono una vita biografica, nel vieto spazio
interno lontano dalla soglia. Il tempo biografico del nascere, sposarsi,
invecchiare, morire è saltato. Sulla soglia e sulla piazza è possibile solo il
tempo della crisi. In questo tempo l’istante si uguaglia a milioni di anni.
Cfr. la tragedia greca.
Ivan Sergeevič Turgenev (1818 -
1883)
Il
crollo della volontà è per Turgenev la tragedia più grande.
La
sua posizione di occidentalista si definisce già negli anni giovanili.
Padri
e figli del
1862. Padri in caricatura, figli sconfitti.
T.
osserva le inquietudini dei giovani con sguardo imparziale. Non scrive romanzi
a tesi
Nelle
prime righe c’è la data 12 maggio 1859, I figli Evgenij Bazarov e Arkadij
Kirsanov si definiscono nichilisti. Rifiutano valori e princìpi. I padri
chiedono come si possa vivere senza valori, ma i figli considerano i valori
falsi idoli.
Bazarov
è il duro dei due e scopre una falla nel proprio universo negativo: l’amore per
la bella ricca e fine Anna Sergeevna Ondicova.
Con
l’amore respinto scopre la sofferenza. Il mondo non è più sotto il controllo
della sua arrogante negazione. E si lascia morire per un’infezione che avrebbe
potuto curare (cfr. Hanno nei Buddenbrook di T. Mann). Arkadij
lo imitava ma quando l’amico muore, si sposa e torna sotto le ali del padre
Nikolaj Kirsanov che come il figlio è un personaggio pallido e insicuro (cfr.
Ismene e Crisotemi).
Nikolaj ha un legame e un figlio con la serva
Fenička e non sa come
dirlo ad Arkadij.
Pavel,
lo zio di Arkadij è l’antagonista di Bazarov e lo affronta con tutto il suo
arcaico, superato idealismo. Crede nei principi, nella poesia di Goethe, nelle
Stanze di Raffaello. Sempre elegantissimo e imperturbabile. Ha la stessa pena
di Bazarov: una donna che lo ha rifiutato. Poi ci sono i genitori di Bazarov
che accettano la vita come viene, e ricordano i proprietari d’antico stampo
gogolìani. Li salva e li nobilita l’amore reciproco. La Ondicova è la donna
bella, fredda, calcolatrice. Controlla i propri sentimenti per paura del
disordine.
Turgenev
non presenta prospettive consolatorie come quelle fideistiche di Dostoevkij, o
quelle etiche di Tolstoj.
Lo zio di Arkadij, Pavel Petrovič, aveva
conservato la snellezza giovanile
e quello slancio verso l’alto, via dalla terra, che di solito scompare dopo i
vent’anni” (p. 28)
Bazarov
è un nichilista, uno “che considera tutto da un punto di vista critico” (p.
35), lo definisce Arkadij. E aggiunge: “il nichilista è un uomo che non
s’inchina dinanzi a nessuna autorità, che non presta fede a nessun principio,
da qualsiasi rispetto tale principio sia circondato.
Lo
zio Pavel obietta che loro “gente del vecchio secolo”, ritengono che
senza prensìp, accettati per dogma, non si può muovere un passo,
non si può trarre un respiro” (p. 36)
Bazarov
faceva esperimenti con dei ranocchi e Pavel dice:”li vivisezionerà. Non
crede nei principi, nei ranocchi crede”. (p. 37).
Bazarov
si occupava di scienze naturali
Pavel
era stato un brillante uomo di mondo ma poi si era innamorato di una donna che
lo fece soffrire, poi lo lasciò e lo ridusse a uomo stanco, invecchiato e
incanutito. “Trascorsero dieci anni, incolori, infruttuosi e veloci,
terribilmente veloci. In nessun luogo il tempo vola come in Russia; in
prigione, si dice che voli ancora più presto” (p. 43).
Cfr. Pavese:
“l’ozio rende lente le ore e veloci gli anni. L’operosità rende rapide le ore e
lenti gli anni” (Il mestiere di vivere, 8 dicembre 1938).
Dopo
la morte della donna, Pavel divenne uno scapolo solitario. Entrava in quel
torbido, crepuscolare periodo di rimpianti simili a speranze, di speranze
simili a rimpianti, quando la giovinezza è passata e la vecchiaia non è ancor
giunta (p. 44).
Arkadij
non approva il disprezzo per lo zio manifestato da Bazarov che però gli
risponde: “Chi lo disprezza?. Tuttavia dirò che un uomo, il quale ha puntato
tutta la propria vita sulla carta dell’amore femminile, e quando questa carta
gli è stata vinta, si è inacidito e si è lasciato andare al punto di non essere
più buono a nulla, un tale uomo non è un uomo, ma un maschio. La stupidità non
l’ha abbandonato del tutto”.
Arkadij
gli ricorda l’educazione che lo zio ha ricevuto e ha contribuito a renderlo
com’è.
E
Bazarov: “Ogni uomo deve educarsi da sé, come me, per esempio…Quanto all’epoca,
perché dovrei dipenderne? E’ meglio ch’essa dipenda da me. No amico mio, tutto
ciò è dissolutezza, vacuità!...romanticismo, bazzecole, marciume, artisticità.
Andiamo piuttosto a vedere lo scarabeo”
E
ancora; “La natura non è un tempio, ma un laboratorio, e l’uomo in essa un
lavoratore” (p. 55)
“Sopraggiunsero
i migliori giorni dell’anno: i primi giorni di giugno” (56)
Pavel
quando si arrabbiava diceva “qvesto” e “qvello” come faceva l’aristocrazia
all’epoca di Alessandro per significare “siamo magnati e possiamo trascurare le
regole scolastiche”.
Cfr. l’affettazione nel parlare di Alcibiade
Aristofane
nelle Vespe (v. 42)) fa dire a un servo di Bdelicleone che
Alcibiade traulivsaς pronuncia oJlãς (invece
di oJrã/ς,
vedi).
Pavel
parla polemicamente con Bazarov e dice che l’aristocratico ha il sentimento
della propria dignità e il rispetto per se stesso “La personalità è
l’essenziale e questa deve essere come la roccia sulla quale si costruisce
tutto. Le sue abitudini, la sua pulizia derivavano dal sentimento del dovere
generato dal rispetto per se stesso”. E’ l’identita per non perdere la quale i
personaggi di Sofocle vanno incontro alla morte.
Ma
Bazarov ribadisce “noi non riconosciamo alcuna autorità. Agiamo in forza
di ciò che riconosciamo utile e nell’epoca attuale la cosa più utile è la
negazione; e noi neghiamo” (p. 61).
Cfr.
Le Nuvole di Aristofane dove Strepsiade dice al figlio
Fidippide: “al solo vederti sei negatico e controversico /ejxarnhtiko;" kajntilogikov" (1174 - 1175) e mostri di essere
offeso quando sei tu che offendi gli altri.
Il
nichilismo è una forma ritmica della storia culturale europea come diverse
altre (classicismo, romanticismo, idealismo, materialismo etc.).
Bazarov
dice noi neghiamo tutto. Prima di ricostruire, bisogna fare piazza pulita.
Ma
Pavel replica che “il popolo russo rispetta santamente le tradizioni, è
patriarcale, non può vivere senza la fede” (p. 61).
Cfr.
Sofocle contrapposto alla sofistica.
Bazarov
dice che si tratta solo di superstizioni.
Cfr.
Lucrezio: tantum religio potuit suadere malorum ( De
rerum natura, I, 101)
Pavel:
il materialismo che voi predicate è stato in circolazione più di una volta ed è
sempre risultato inconsistente (cfr. Epicuro con l’ajponiva e l’ ajtaraxiva).
Bazarov
dice che loro hanno anche il diritto di ingiuriare e di demolire perché hanno
la forza e la forza non deve rendere conto a nessuno.
Cfr.
il tiranno in Erodoto, e, nella tragedia, Serse nei Persiani di Eschilo,
il grande re il quale, pur se sconfitto, " oujc uJpeuvquno" povlei" (v. 213), non è tenuto a rendere conto alla città,
come invece lo è uno stratego eletto dal popolo.
Pavel
si adira e strilla disgraziato! “Anche nel selvaggio calmucco, anche nel
mongolo c’è la forza! Ma dove non c’è civiltà, c’è la distruzione. Meglio
l’ultimo imbrattatele della persona incivile”.
Cfr. Eros
e civiltà di Marcuse (1955) abbiamo la civilisation che
reprime l’Eros. Questo va liberato con l’immaginazione.
Cfr
L’immaginazione al potere del ‘68 .
Bazarov
dice “Secondo me nemmeno Raffaello non vale più un soldo”
Secondo
Pavel il nichilismo è un’esca avvelenata per i giovani: una volta studiavano,
magari controvoglia, ma non volevano passare da ignoranti
“Ora
basta che dicano: tutto al mondo è una sciocchezza! E sono a posto. Prima erano
semplicemente dei cretini, ora sono diventati nichilisti” (p. 65)
Che
cosa significa nichilismo? - che i valori supremi perdono ogni valore”[1]. Per esempio aijdwv", cavri", fides etc.
Nikolaj
e Pavel ripensano alla discussione e si intristiscono vedendo il divario tra le
generazioni.
I due
giovani partono e vanno in una città che non viene specificata. Arkadij va dal
supervisore del governatore, Koljazin un progressista come il governatore.
Koljazin aveva un legame di conoscenza con il padre e lo zio di Arkadij. I
dignitari russi amano mettere in imbarazzo i subalterni fingendo di non capire
quello che dicono.
Si
fanno ripetere, per esempio venerdì, fanno finta di non capire un paio di
volte, poi se l’inferiore dice “è un giorno della settimana”, lo rimproverano:
“Beh, ti sei messo in testa d’insegnarmi?” (p. 72)
Vanno
a trovare una donna emancipata, Eudoxia, con atteggiamenti poco naturali cfr.
l’affettazione quale asperissimo scoglio.
Poi
c’è il ballo in casa del governatore dove compare la Ondicova che colpisce i
due giovani “per la dignità del suo portamento” (p. 82)
Aveva
28 anni, poco più di Arkadij che però ne era intimidito[2]:
davanti a lei si sentiva come uno scolaro. La donna è incuriosita da Bazarov:
Sarò molto curiosa di vedere un uomo che ha il coraggio di non credere in
nulla” (p. 84)
Bazarov
fa il cinico. Quando vanno a trovarla in albergo, il nichilista dice: “vedremo
a quale specie di mammiferi appartiene questa persona”.
La
Ondicova era figlia di un affarista giocatore morto con poco denaro. Ma l’aveva
sposata Ondicov, un uomo di 46 anni molto ricco. Morì 6 anni dopo e le lasciò
tutto.
Non
era una donna incolta ed era molto bella
Commentandola
con Arkadij, Bazarov disse: “Che ricchezza di corpo! Da metterla subito nel
museo anatomico” (p. 89)
Andarono
a trovarla nella sua casa padronale.
Bazarov
parla con la donna che vorrebbe discutere, ma lui ha i suoi dogmi; “Gli uomini
sono come gli alberi del bosco; nessun botanico si metterà a occuparsi di ogni
singola betulla” (p. 93). La replica di Anna Sergeevna Ondicova è che tra
l’uomo cattivo e quello buono, tra lo stupido e l’intelligente ci sono grandi
differenze.
Se
condo Bazarov “le malattie morali derivano dalla cattiva educazione e dallo
stato mostruoso della società che deve essere corretta. Allora le malattie
scompariranno”.
In
casa c’era una zia tenuta lì “per darsi importanza” in quanto era di sangue
principesco. La sorellina diciottenne, Katja suona Mozart al pianoforte,
la Sonata - fantasia in do minore.
“Non
suona male e anche lei non è brutta”, pensò Arkadij.
Bazarov
riconosce che Anna Ondicova è una donna col cervello, ma è pure scaltrita e
raccomanda all’amico Katja, la sorellina quella piccola bruna : è fresca e
intatta e timida e taciturna, e tutto quello che vuoi. Val la pena di
occuparsene. Se ne può fare ancora quello che ti salta in mente; mentre l’altra
è ormai scaltrita” (p. 97).
Cfr.
la paura della donna. Catone il Vecchio in Tito Livio, Marziale e Zeno che rifiutato
da Ada vorrebbe sposare la sorellina Alberta per educarla.
La
Ondicova era incuriosita e attirata da Bazarov. Quell’asprezza di giudizi
per lei era una novità. Lei non aveva alcun pregiudizio né alcuna fede
profonda. Si era sposata per calcolo e non si era mai innamorata.
Se
una donna non tradisce, è perché non le conviene" sostiene Pavese[3]. Inoltre:"Le puttane battono a soldi.
Ma quale donna si dà altro che a ragion veduta?"[4]
Aveva
mal sopportato il defunto Ondicov e ne aveva ricevuto una segreta ripugnanza
per tutti gli uomini da lei considerati esseri poco puliti e fiaccamente
importuni. (p. 98)
Bazarov
e Anna vanno a botanizzare in giardino e Arkadij come li vide al ritorno sentì
una stretta al cuore.
I due
ragazzi rimasero ospiti della Ondicova una quindicina di giorni
Le
giornate erano scandite con un ritmo regolare: colazione alle otto e così via
fino alle 10 e mezzo di sera quando la padrona si coricava.
A
Bazarov questo non piaceva: si scivola come sui binari “, diceva.
La
Ondicova sosteneva che “in campagna non si può vivere disordinatamente, se
no, la noia prende il sopravvento”.
Cfr.
la mania dell’ordine in Leopardi e in Kundera. E’ un segno di paura.
Katja
si rannicchiava sempre sotto il perspicace sguardo della sorella.
Arkadij
era innamorato della Ondicova ma ne aveva paura e frequentava la sorellina. Si
formano due coppie amichevoli. Cfr. Le affinità elettive.
Bazarov
aveva un gran debole per le donne ma considerava l’amore romantico una
balordaggine.
“Se
ti piace una donna, cerca di arrivare al sodo, e se non puoi, voltale le
spalle, il mondo non è finito lì”. Ma con la Ondicova non c’era da arrivare al
sodo, mentre lui non aveva la forza di volgerle le spalle.
Bazarov
ce l’aveva con se stesso perché si stava innamorando e la Ondicova pensava
molto a lui. La sua apparizione la animava.
Bazarov
deve andare dai suoi genitori e alla Ondicova dispiace.
Il
nichilista la provoca cercando dei complimenti: “Non sapete forse anche voi che
il lato elegante della vita mi è inaccessibile, quel lato che voi pregiate
tanto?”
“Io
mi annoierò senza di voi”, dice lei
E B. “Arkadij
resterà”
E lei
ripetè: “Io mi annoierò”. Cfr. La noia di Moravia.
Excursus
La
noia e il veternus
Moravia La
noia. “La noia per me è propriamente una specie di insufficienza o
inadeguatezza o scarsità della realtà. Per adoperare una metafora, la realtà,
quando mi annoio, mi ha sempre fatto l’effetto sconcertante che fa una coperta
troppo corta, ad un dormiente, in una notte d’inverno: la tira sui piedi e ha
freddo nel petto, la tira sul petto e ha freddo ai piedi:e così non riesce mai
a prendere sonno”
Oppure
si può paragonare al buio dovuto alla sparizione della corrente elettrica.
“Oppure,
terzo paragone, la mia noia potrebbe essere definita una malattia degli
oggetti, consistente in un avvizzimento o perdita di vitalità quasi repentina;
come a vedere in pochi secondi, per trasformazioni successive e rapidissime, un
fiore passare dal boccio all’appassimento e alla polvere”
Moravia, La
noia, Bompiani, Milano 1984, p. 7
La
noia, “in fin dei conti non è che incomunicabilità e incapacità di uscirne” (p.
8)
“l’avvizzimento
degli oggetti… l’oscura consapevolezza che tra me e le cose non ci fosse alcun
rapporto”.
Nell'età
primitiva un gravis veternus paralizzava
l'attività umana: Virgilio nella Georgica[5] I
dà questa spiegazione della genesi dell'età moderna: Giove procurò agli uomini
fatiche e angosce (curae ) in quanto non lasciò che il suo regno
restasse paralizzato in un pesante letargo"nec torpere gravi passus sua
regna veterno " (v. 124). Infine il lavoro ostinato vinse tutte
le difficoltà: “Labor omnia vicit - improbus” (vv. 145 - 146). Il
compito di Virgilio nelle Georgiche in effetti è quello di
celebrare il lavoro del bonus agricola.[6]
"
Centrale è il concetto di veternus , una specie di pigra
indolenza, un torpore che affliggeva l'umanità nell'età dell'oro, e che avrebbe
indotto Giove a introdurre il lavoro nel mondo, per stimolare l'ingegno umano e
rendere gli uomini attivi, vigile e intraprendenti"[7] .
Leopardi nella Storia
del genere umano[8] afferma
che Giove in una fase della storia del mondo, quella successiva al diluvio
universale, con il quale “fu punita la protervia dei mortali”, impose gravi
oneri alla nostre specie, la quale bramava "sempre e in qualunque stato
l'impossibile", paradossalmente, perché non si estinguesse:"deliberò valersi
di nuove arti a conservare questo misero genere: le quali furono principalmente
due. L'una mescere la loro vita di mali veri; l'altra implicarla in mille
negozi e fatiche, ad effetto d'intrattenere gli uomini, e divertirli quanto più
si potesse dal conversare col proprio animo, o almeno col desiderio di quella
loro incognita e vana felicità".
Ogni
argomento, come l’età dell’oro, si presta a essere presentato come percorso
problematico e variamente rimodulabile.
Fine
excursus
CONTINUA
-------------------------
[*] Il piacere dell'ozio come sirena che
distoglie dal fare cose egregie è denunciato anche da Tacito nell'Agricola:"subit
quippe etiam ipsius inertiae dulcedo, et invisa primo desidia postremo amatur "
(3), infatti si insinua anche il piacere della stessa passività, e alla fine si
ama l'accidia dapprima odiosa..
[1] F. Nietzsche, fr. 9 (35) in Frammenti
postumi 1887 - 1888.
[2] Cfr. La paura della donna, Catone il
Vecchio in tito Livio e Marziale: Inferior matrona suo sit, Prisce,
marito/ non aliter fiunt femina virque pares” (VIII, 12, 3 - 4)
[3]Il mestiere di vivere , 31 ottobre 1938.
[4]Il mestiere di vivere , 17 gennaio
1938.
[5] Le quattro Georgiche costituiscono
un poema didascalico sull'agricoltura. Furono composte tra il 37 e il 30 a. C.
[6] “Il protagonista delle Georgiche
- il paziente, tenace agricola capace di coronare la sua fatica con
il successo - è anche un carattere non privo di ombre, e richiede, anche lui,
della vittime” . Tradotto dall’inglese
di Gian Biagio Conte, Aristaeus, Orpheus, and the Georgics: Once Again ,
in Poets And Critics Read Vergil, Yale University Press., n. 30, p. 205. Tale è Aristeo, e non
farà meno vittime il “pio”Enea.
[8] Del 1824.
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