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La causa più
vera e mai abbastanza chiarita a parole degli onori ai caduti in guerra
Gli onori resi ai caduti in guerra sono funzionali a spingere altri giovani
a morire nell’eterno ritorno macabro delle guerre che gli uomini combattono
contro altri uomini.
Odisseo parlando con Ecuba che cerca di dissuaderlo dal sacrificare
Polissena sulla tomba di Achille, dice che sarebbe turpe aijscrovn (Euripide, Ecuba, 310) se dopo avere considerato il
Pelide quale amico finché vedeva la luce del sole, ora che è morto non lo
tenessimo più in questa considerazione.
Quando poi ci saranno altre guerre vedendo il caduto non onorato - to;n katqanovnq
j oJrw'nte" ouj timwvmenon (316), combatteremo o rimarremo
attaccati alla vita? - povtera macouvmeq j h] filoyuchvsomen; (v.315).
Questo è il motivo degli onori resi ai morti in battaglia: invogliare altri
giovani a morire in altre guerra. Eppure da ogni guerra
"invece di uomini
urne e cenere giungono
alla casa di ciascuno"( Eschilo, Agamennone, 434 - 436).
Da vivo, continua Odisseo, mi basta poco, ma vorrei che la mia tomba
venisse vista onorata: dia; makrou' ga;r hJ cavri" ( Ecuba, 320), infatti è una gratitudine che dura.
Viceversa Berto in Il male oscuro, scrive realisticamente a
proposito della propria casa natale: “un giorno forse ci avrebbero messo una
lapide proprio perché c’ero nato io ma a me poco ne importava in quel momento,
immaginarsi poi il giorno che ci avrebbero messo la lapide” (p. 29, Rizzoli,
1964).
Odisseo poi invita Ecuba a pensare che anche in Grecia ci sono molte
persone orbate dei loro cari, vecchie, donne e spose private di ottimi mariti -
grai'ai gunai'ke" - nuvmfai t j ajrivstwn numfivwn thtwvmenai (324 - 325).
La sofferenza delle donne per la perdita degli uomini è compianta dal Coro
di vecchi Tebani nella Parodo dell'Edipo re: "La città muore senza
tenere più conto di questi[1]/e progenie prive di pietà giacciono a
terra portatrici di morte senza compassione,/ e intanto le spose e anche le
madri canute/di qua e di là, presso la sponda dell'altare/gemono supplici/per
le pene luttuose"( vv. 179 - 185).
La “peste odiosissima” descritta nel prologo di questa tragedia è anche morale
e simboleggia pure la guerra
Nella
prima Ode del primo libro[2] Orazio
menziona le guerre maledette dalle madri:" bellaque matribus/ detestata" (vv. 24
- 25).
Voi barbari
non considerate amici gli amici e non onorate chi muore con bell’onore mhvte
tou;" kalw'" teqnhkovta" - qaumavzesq j (329 - 330). Per questo la
Grecia ha successo e voi perdete, conclude il demagogo (Ecuba, 331)
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