Titanomachie,
Gigantomachie: battaglie degli dei contro gli eterni nemici della cultura
raffigurate splendidamente in fregi di templi antichi.
La lotta
dell’ordine contro il caos è il tema di tutta la cultura greca arcaica e
classica: non solo di quella letteraria, ma pure dell'arte figurativa: le
sculture del maestro di Olimpia con la lotta tra Centauri e Lapiti del frontone
occidentale del tempio di Zeus; le metope del Partenone con centauromachia,
amazzonomachia, gigantomachia, ora in gran parte nel British Museum di
Londra; la gigantomachia, fregio dell'altare di Pergamo[1] che
ora si trova a Berlino, esprimono la stessa idea . Infatti "non esiste… una
vita nobile ed elevata senza la conoscenza dei diavoli e dei demoni e senza la
continua battaglia contro di essi"[2],
contro "giganti e titani, miticamente, gli eterni nemici della
cultura"[3].
Adesso le
persone perbene devono opporsi con forza alle menzogne delle propagande, ai
consumi che producono inquinamento, ai rigurgiti razzisti, alla cattiva scuola,
all' egoismo diffuso, all'epidemia della malevolenza, insomma a tutto ciò che
offende la bellezza e la bontà della vita. Ricordo tempi belli: i primi anni
Settanta. Allora era diffusa la benevolenza, allora i lavoratori fruivano di
uno statuto buono che li difendeva dalla schiavitù, allora la terra e il cielo
ci sorridevano e noi uomini sorridevamo alle donne che rispondevano ai nostri
sorrisi. Ora prevalgono la diffidenza, la mutria o l'irrisione della
sghignazzata, l'inganno, il raggiro. Direte che sono un vecchio laudator
temporis acti me puero. E' un poco vero anche questo, ma ciò non
toglie che pure il resto sia vero.
Dimenticavo
la violenza sui più deboli. Casi di ragazze sgozzate come animali al macello
I due
Atridi dissoi; jAtrei'dai kai; lew;" jAcaiikov" e l’esercito Acheo (Euripide, Ecuba,
510) hanno mandato l’araldo Taltibio da Ecuba perché ordini alla madre di
seppellire la figlia che è morta.
Ecuba naturalmente grida oi[moi (511) e w\ tavlain j ejgwv per la perdita di tanti figli. Domanda poi come sia stata uccisa: con rispetto - a\r j aijdouvmenoi (515) o arrivando a compiere to; deinovn l’orrore tremendo di ammazzarla come nemica ?
Taltibio dice di avere provato compassione. Poi racconta: “la prese per mano il figlio di Achille seguito da un manipolo di Achei scelti - lektoi; t j jAcaiw'n (Ecuba, 525). Detto forse da Euripide con ironia come fa Lucrezio con “ductores Danaum delecti, prima virorum” (De rerum natura, I, 86) a proposito del sacrificio di Ifigenia.
Questi lektoiv dovevano trattenere con le mani l’eventuale skivrthma movscou (526) balzo della vitella.
Cfr divkan cimaivra~ dell’Agamennone (232) dove Ifigenia è sollevata sull’altare del sacrificio “come una capra”.
In questa tragedia di Eschilo, il padre hJgemw;n oJ prevsbu~ (v. 185), il comandante anziano delle navi achee, per risparmiare il tempo già molto sciupato nell’attesa che si placassero i venti kakovscoloi (193), forieri di ozio cattivo, naw'n kai; peismavtwn ajfeidei'~ (195), sperperatori di navi e cordami, non osò diventare lipovnau~ (212), disertore della flotta e invece e[tla quth;r genevsqai qugatrov~ (224 - 225), osò divenire sacrificatore della figlia, la primogenita Ifigenia, che venne sollevata sull’altare divkan cimaivra~ (232), come una capra, imbavagliata per giunta affinché non potesse proferire maledizioni contro la casa.
Ecuba naturalmente grida oi[moi (511) e w\ tavlain j ejgwv per la perdita di tanti figli. Domanda poi come sia stata uccisa: con rispetto - a\r j aijdouvmenoi (515) o arrivando a compiere to; deinovn l’orrore tremendo di ammazzarla come nemica ?
Taltibio dice di avere provato compassione. Poi racconta: “la prese per mano il figlio di Achille seguito da un manipolo di Achei scelti - lektoi; t j jAcaiw'n (Ecuba, 525). Detto forse da Euripide con ironia come fa Lucrezio con “ductores Danaum delecti, prima virorum” (De rerum natura, I, 86) a proposito del sacrificio di Ifigenia.
Questi lektoiv dovevano trattenere con le mani l’eventuale skivrthma movscou (526) balzo della vitella.
Cfr divkan cimaivra~ dell’Agamennone (232) dove Ifigenia è sollevata sull’altare del sacrificio “come una capra”.
In questa tragedia di Eschilo, il padre hJgemw;n oJ prevsbu~ (v. 185), il comandante anziano delle navi achee, per risparmiare il tempo già molto sciupato nell’attesa che si placassero i venti kakovscoloi (193), forieri di ozio cattivo, naw'n kai; peismavtwn ajfeidei'~ (195), sperperatori di navi e cordami, non osò diventare lipovnau~ (212), disertore della flotta e invece e[tla quth;r genevsqai qugatrov~ (224 - 225), osò divenire sacrificatore della figlia, la primogenita Ifigenia, che venne sollevata sull’altare divkan cimaivra~ (232), come una capra, imbavagliata per giunta affinché non potesse proferire maledizioni contro la casa.
Polissena
muore ammazzata senza perdere il suo rango e il suo stile
Neottolemo
vuota una coppa d’oro sulla tomba del padre poi fa cenno a Taltibio di ordinare
il silenzio - Quindi l’araldo trasmette l’ordine Siga't j ,
jAcaioiv, si'ga pa'" e[stw lewv" (532)
Taccciono
tutti tranne il figlio di Achille: prega il padre wJ"
pivh/" di bere il
nero puro sangue della ragazza, ai\ma sangue o{ soi dwrouvmeqa che noi ti doniamo. In cambio
il giovane domanda di concedere a ciascuno di tornare in patria con un ritorno
favorevole (540 - 541).
Cfr.
Lucrezio exitus ut classi felix faustusque daretur (I, 100)
Sappiamo che
nel ritorno i Greci da Agamennone a Odisseo subirono ogni tribolazione se non
anche la morte. Nelle Troiane Atena chiede a Poseidone di
farli naufragare i greci e Cassandra profetizza le loro sciagure.
Quando
Neottolemo ebbe impugnato la spada, Polissena parlò in maniera davvero nobile,
da sorella di Ettore e principessa di Troia: ejkou'sa
qnhvskw: mh; ti" a{yhtai croov" - toujmou' (Ecuba, 548 - 549), di mia
volontà muoio, nessuno tocchi la pelle mia, offrirò infatti la gola con cuore
saldo.
Ovidio:
“Vos
modo, ne Stygios adeam non libera manes,
este procul,
si iusta peto, tactuque viriles
Virgineo remevete manus! Acceptior illi
Quisquis is est, quem caede mea placare paratis,
liber erit
sanguis; …” (Metamorfosi,
XIII, 465 - 469),
ora voi,
perché io non scenda non libera alle ombre Stigie
state lontani,
se chiedo il giusto, e allontanate le mani
di maschi
dal contatto con la vergine! Più gradito a quello
chiunque lui
sia, che vi accingete a placare ammazzandomi,
sarà il
sangue libero…
Ammazzatemi
lasciandomi libera, perché muoia libera - wJ" ejleuqevra qavnw (Ecuba, 550), io che
sono di stirpe regale basiliv" non voglio essere chiamata schiava (douvlh, 552)
Polissena ha
osservato persino l’etichetta della principessa pur in un momento che avrebbe
sconvolto chiunque ma, come si dice, noblesse oblige. La folla
apprezzò e aplaudì. Agamennone ordinò ai guardiani di scostarsi. Polissena
lacerò il proprio peplo dalla spalla all’ombelico e scoprì le mammelle e il
petto bellissimo come di statua - mastouv" tj e[deixe stevrna q j
w" ajgavlmato" - kavllista (560 - 561).
Poi la
principessa posò a terra il ginocchio.
Cfr.Lucrezio
e la sua Ifigenia, molto diversa muta metu genibus summissa
petebat, De rerum natura, I, 92.
Quindi
Polissena disse parole piene di coraggio: ecco, giovane pai'son, colpisci il petto se vuoi, o la
gola che è qui pronta - laimo;" eujtreph;" o{de (Ecuba, 565).
Il figlio di
Achille per compassione della ragazza non volendo e pure volendo - o[ d j ouj
qevlwn te kai; qevlwn oi[ktw/ kovrh" (566), taglia con il ferro i canali del respiro tevmnei
sidhvrw/ pneuvmato" diarroav" (567).
Mentre
moriva, la principessa troiana si dava comunque molta cura di cadere in bella
forma pollh;n provnoian ei\cen eujschvmwn pesei'n (569) con decoro, coprendo ciò che
si deve coprire rispetto agli occhi degli uomini - kruvptous j a}
kruvptein ommat j ajrsevnwn crewvn (570).
Ovidio
scrive:
“pertulit
intrepidos ad fata novissima vultus
tunc quoque
cura fuit partes velare tegendas
Cum caderet,
castique decus servare pudoris” (Metamorfosi, XIII, 478 - 480), portò avanti
lo sguardo fiero fino all’ultimo istante concesso e anche allora cadendo ebbe
cura di tenere celate le parti da coprire e di conservare il decoro del casto
pudore.
Quindi la
ragazza muore e tutti si davano da fare per onorarla, alcuni dalle mani gettavano
foglie - ejk cerw'n fuvlloi"
e[ballon sul
cadavere, altri accatastavano tronchi di pino per il rogo.
Chi non
faceva niente veniva apostrofato con w\ kavkiste (577) non hai nulla da offrire
a un’anima così nobile? Taltibio conclude il racconto dicendo che in Ecuba
vede eujteknwtavthn te se pasw'n gunaikw'n dustucestatavthn
q j oJrw' (581 -
582) la donna che ha avuto i figli migliori di tutte e anche quella che ha
avuto la sorte peggiore.
Anche Seneca
nelle sue Troiane descrive la morte di Polissena con
ammirazione nei confronti della ragazza che conserva il pudore verginale, “…et
tamen fulgent genae - magisque solito splendet extremus decor - ut esse Phoebi
dulcius lumen solet - iam iam cadentis…” (1138 - 1141) e tuttavia
splendono le guance, e più del solito brilla il fascino ultimo come suole
essere più dolce la luce di Febo al tramonto.
La folla è
stupefatta e quasi tutti la ammirano: alcuni li commuove formae decus (1144)
la bellezza della persona, altri mollis aetas (1145), la tenera
età, altri vagae rerum vices le turbinose vicende
della vita, tutti comunque colpisce l’animo forte che va incontro alla
morte movet animus omnes fortis et leto obvius (1146) . Quando
il figlio di Achille si erse sul tumulo paterno audax virago non tulit
retro gradum (1151), l’audace eroina non indietreggiò, conversa
ad ictum stat truci vultu ferox (1152), protesa al colpo sta dritta e
fiera con sguardo minaccioso.
Non
manca il consueto tocco deformante, pre - espressionistico di Seneca.
Un tale
coraggio colpisce tutti; il figlio di Achille ne è commosso, forse addirittura
spaventato: “novumque monstrum est Pyrrus ad caedem piger” (1154), c’è
un prodigio mai visto Pirro è restio a versare il sangue
Però poi
colpisce la ragazza e il sangue esce a fiotti dal largo squarcio. “Nec tamen
moriens adhuc - deponit animos: cecidit, ut Achilli gravem - factura terram ,
prona et irato impetu” (1157 - 1159) Polissena perde molto sangue ma non il
coraggio, cadde, come per rendere pesante la terra ad Achille, distesa e con
impeto selvaggio. Uterque flevit coetus; at timidum Phryges - misere
gemitum, clarius victor gemit”, l’uno e l’altro popolo pianse, ma i Frigi
emisero un gemito sommesso, il vincitore più sonoro.
La corifea
commenta dicendo: una terribile sventura deinovn ti
ph'ma (583) è caduta
sui Priamìdi e sulla mia città per le necessità degli dèi.
Ecuba si
sente sopraffatta dai mali e non sa quale osservare pollw'n
parovntwn, poiché
sono troppi e si accavallano. Il tuo pavqo", Polissena, mi induce a piangere,
eppure mi hai tolto l’eccesso del dolore dopo che mi sei stata raccontata come
sei morta da nobile (Ecuba, 592), in maniera degna della tua stirpe.
Ecuba dunque
prova “una strana consolazione” per la nobiltà con la quale la sua ragazza è
morta, splendendo di bellezza, come un’opera d’arte, e parlando con il coraggio
di un eroe:
In un’altra
tragedia di Euripide la nobiltà d'animo di Ifigenia nell’affrontare il
sacrificio fa innamorare Achille, lo accende addirittura di desiderio: “ma'llon de; levktrwn
sw'n povqo" m' ejsevrcetai
- ej" th;n fuvsin blevyanta: gennaiva ga;r ei\” ( Ifigenia in Aulide,
vv. 1410 - 1411), di più mi prende il desiderio del tuo letto nuziale mirando
alla tua natura: infatti sei nobile.
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