Illustrazione quattrocentesca del sacrificio di Polissena dal De mulieribus claris di Boccaccio |
Ragazze in fiore sacrificate dalla superstizione, dall'ignoranza, dal sadismo. Ieri e oggi
Ecuba
di Euripide II Episodio vv. 484 - 582
Entra
in scena Taltibio e chiede dov’è la regina. Gli è vicina, ma
l’araldo non la vede siccome Ecuba è stesa a terra sulla schiena
- nw't j e[cous j ejpi, cqoniv (
486). Nella stessa posizione si trova in diversi momenti
delle Troiane simboleggiando
l’atterramento della sua città, della sua stirpe e del suo popolo.
Riporto
alcuni versi delle Troiane
Coro
Custodi
della vecchia Ecuba, non avete visto 462
La
padrona come cade distesa e muta?
Non
le darete aiuto? O abbandonerete, malvagie,
una
vecchia caduta? Alzate il suo corpo, drizzatelo. 465
Ecuba
Lasciatemi
- non è certo gradito quello che non piace, fanciulle -
Giacere
caduta: infatti sono degni di cadute ptwmavtwn
ga;r a[xia
I
dolori che soffro e ho sofferto e soffrirò ancora. 468.
La
caduta del corpo è il correlativo oggettivo del decadimento generale
dei Troiani e dei Greci.
Taltibio
vedendo questo capovolgimento della vecchia regina a schiava desolata
dubita del’esistenza provvidenziale di Zeus e si domanda se non sia
la tuvch,
il caso a sovrintendere ejpiskopei'n alle
vicende dei mortali (Ecuba, 491)
Quindi
l’araldo considera uno per uno i termini di questo ribaltamento dei
regnanti a farmakoiv:
Ecuba da moglie - davmar -
del potente e ricco Priamo è precipitata nella condizione di douvlh,
gra'u", a[pai" (495), schiava, vecchia, senza
figli e giace distesa kei'tai sporcando
con la polvere la testa infelice - kovnei
fuvrousa duvsthnon kavra (496)
Taltibio
dice: “ sono vecchio ma per me sarebbe meglio morire primsa di
cadere in una sorte così deforme” moi
qanei'n eij[h pri;n aiscra'/ peripesei'n tuvch/ tiniv (497
- 498)
Sulla
vita amara dei potenti cfr. lo Ione e Agamennone che
nell’Ifigenia in Aulide invidia il vecchio servo.
Ione sostiene
la superiorità della vita ritirata su quella impegnata o tesa al
potere che viene smontato del tutto: "del potere lodato a
torto/l'aspetto è dolce, ma dentro il palazzo/c'è il dolore (tajn
dovmoisi de; - luphrav): chi
infatti è felice, chi fortunato/se, temendo e guardando di traverso
(dedoikw;" kai;
parablevpwn), trascina/il
corso della vita? Preferirei vivere/da popolano felice piuttosto che
essendo tiranno ("dhmovth"
a]n eujtuch;" - zh'n a]n qevloimi ma'llon h] tuvranno"
w[n"),/il quale si
compiace di avere amici malvagi,/mentre odia i generosi per paura di
attentati " (Ione,
vv. 621 - 628).
E'
questa un'affermazione ricorrente nell'opera euripidea: torna
nell' Ifigenia in
Aulide dove lo
stesso Agamennone, richiesto di sacrificare la vita della primogenita
, dice a un vecchio servo:" ti invidio, vecchio,/invidio tra gli
uomini quello che passa una vita/senza pericoli, ignorato, oscuro
(ajgnw;" ajklehv" );/
quelli che stanno tra gli onori li invidio di meno"(17 - 20).
Quindi
Taltibio invita Ecuba a tirarsi su, almeno fisicamente il fianco e il
capo canuto (500)
Ecuba
chiede di essere lasciata in pace
Taltibio
dice il proprio nome e di essere stato mandato da Agamennone.
La
regina spera che sia venuto a dirle che gli Achei hanno deciso
di sgozzare anche lei sulla tomba - kam
j ejpisfavxai tavfw/ (505). hjgou'
moi, gevron (507), guidami, vecchio.
Ma
Taltibio è stato mandato dai dissoi; jAtrei'dai e
dal lew;" jAcaiikov" perché
dica alla madre di sepprllire la figlia che è morta.
Ecuba
naturalmente grida oi[moi (511)
e w\ tavlainj ejgwv per
la perdita di tanti figli. Domanda poi come sia stata uccisa : con
rispetto - a\r j
aijdouvmenoi (515) o arrivando a compiere to;
deinovn l’orrore trmendo di ammazzarla come nemica ?
Taltibio
dice di avere provato compassione. Poi racconta: “la prese per mano
il figlio di Achille seguito da un manipolo di Achei scelti - lektoi;
t j jAcaiw'n ( detto forse da Euripide con ironia come fa
Lucrezio con “ductores Danau delecti, prima virorum”
(De rerum natura, I, 86) del sacrificio di
Ifigenia).
Questi lektoiv dovevano
trattenere con le mani l’eventuale skivrthma
movscou (526) balzo della vitella.
Cfr divkan
cimaivra~ dell’ Agamennone (232) dove
Ifigenia è sollevata sull’altare del sacrificio “come una capra”
Nell’Agamennone di
Eschilo, il padre hJgemw;n
oJ prevsbu~ (v.
185), il comandante anziano delle navi achee, per risparmiare il
tempo già molto sciupato nell’attesa che si placassero i
venti kakovscoloi (193),
forieri di ozio cattivo, naw'n
kai; peismavtwn ajfeidei'~ (195),
sperperatori di navi e cordami, non osò diventare lipovnau~
(212),
disertore della flotta e invece e[tla
quth;r genevsqai qugatrov~ (224
- 225), osò divenire sacrificatore della figlia, la primogenita
Ifigenia, che venne sollevata sull’altare divkan
cimaivra~ (232),
come una capra, imbavagliata per giunta affinché non potesse
proferire maledizioni contro la casa.
Neottolemo
vuota una coppa d’oro sulla tomba del padre poi fa cenno a Taltibio
di ordinare il silenzio - Quindi l’araldo trasmette
l’ordine Siga't j ,
jAcaioiv, si'ga pa's e[stw lewv" (532)
Taccciono
tutti tranne il figlio di Achille: prega il padre wJ"
pivh/" di bere il nero puro sangue della
ragazza, ai\ma sangue o{
soi dwrouvmeqa che noi ti doniamo. In cambio il giovane
domanda di concedere a ciascuno di tornare in patria con
un ritorno favorevole (540 - 541)
Cfr.
Lucrezio exitus ut classi felix faustusque daretur (I,
100)
Sappiamo
che nel ritorno i Greci da Agamennone a Odisseo subirono ogni
tribolazione se non anche la morte. Nelle Troiane Atena
lo chiede a Poseidone e Cassandra lo profetizza.
Quando
Neottolemo ebbe impugnato la spada, Polissena parlò in maniera
davvero nobile, da sorella di Ettore e principessa di Troia: ejkou'sa
qnhvskw: mh; ti" a{yhtai croov" - toujmou' (548
- 549), di mia volontà muoio, nessuno tocchi la pelle mia, offrirò
infatti la gola con cuore saldo.
Ovidio:
“Vos
modo, ne Stygios adeam non libera manes,
este
procul, si iusta peto, tactuque viriles
Virgineo
remevete manus! Acceptior illi
Quisquis
is est, quem caede mea placare paratis,
liber
erit sanguis; …” (Metamorfosi, XIII, 465 - 469),
ora
voi, perché io non scenda non libera alle ombre Stigie
state
lontani, se chiedo il giusto, e allontanate le mani
di
maschi dal contatto con la vergine! Più gradito a quello
chiunque
lui sia, che vi accingete a placare ammazzandomi,
sarà
il sangue libero…
Ammazzatemi
lasciandomi libera, perché muoia libera - wJ"
ejleuqevra qavnw (Ecuba, 550), io che sono di
stirpe regale basiliv" non
voglio essere chiamata schiava (douvlh,
552)
Polissena
ha osservato persino l’etichetta della principessa pur in un
momento che avrebbe sconvolto chiunque ma, come si dice, noblesse
oblige. La folla apprezzò e aplaudì. Agamennone ordinò ai
guardiani di scostarsi. Polissena lacerò il proprio peplo dalla
spalla all’ombelico e scoprì le mammelle e il petto bellissimo
come di statua - mastouv" tj
e[deixe stevrna q j w" ajgavlmato" -
kavllista (560 - 561).
Poi
la principessa posò a terra il ginocchio.
(cfr.Lucrezio
e la sua Ifigenia, molto diversa muta metu genibus
summissa petebat, I, 92)
Quindi
Polissena disse parole piene di coraggio: ecco,
giovane pai'son,
colpisci il petto se vuoi, o la gola che è qui pronta -
laimo;"
eujtreph;" o{de (565).
Lui
per compassione della ragazza non volendo e anche volendo - o[
d j ouj qevlwn te kai; qevlwn oi[ktw/ kovrh" (566),
taglia con il ferro i canali del respiro tevmnei
sidhvrw/ pneuvmato" diarroav" (567).
Sgorgavano
sorgenti di sangue. Mentre moriva, lei comunque si dava molta cura di
cadere in bella forma pollh;n
provnoian ei\cen eujschvmwn pesei'n (569) con
decoro , coprendo ciò che si deve coprire rispetto agli occhi degli
uomini - kruvptous j a} kruvptein
ommat j ajrsevnwn crewvn (570).
Ovidio
scrive:
“ pertulit
intrepidos ad fata novissima vultus
tunc
quoque cura fuit partes velare tegendas
Cum
caderet, castique decus servare pudoris” (Metamorfosi,
XIII, 478 - 480), portò avanti lo sguardo fiero fino
all’ultimo istante concesso e anche allora cadendo ebbe cura di
tenere celate le parti da coprire e di conservare il decoro del casto
pudore.
Quindi
la ragazza muore e tutti si davano da fare per onorarla, alcuni dalle
mani gettavano foglie - ejk
cerw'n fuvlloi"
e[ballon sul cadavere, altri accatastavano tronchi di
pino per il rogo.
Chi
non faceva niente veniva apostrofato con w\
kavkiste (577) non hai nulla da offrire a un’anima così
nobile? Taltibio conclude il racconto dicendo che in Ecuba
vede eujteknwtavthn te se
pasw'n gunaikw'n dustucestatavthn q j oJrw' (581 - 582)
la donna che ha avuto i figli migliori di tutte e anche quella che ha
avuto la sorte peggiore.
Anche
Seneca nelle sue Troiane descrive la morte di
Polissena con ammirazione nei confronti della ragazza che conserva il
pudore verginale, “…et tamen fulgent genae -
magisque solito splendet extremus decor - ut esse Phoebi dulcius
lumen solet - iam iam cadentis…” (1138 - 1141) e
tuttavia splendono le guance, e più del solito brilla il fascino
ultimo come suole essere più dolce la luce di Febo al tramonto.
La
folla è stupefatta e quasi tutti la ammirano: alcuni li
commuove formae decus (1144) la bellezza della
persona, altri mollis aetas (1145), la tenera
età, altri vagae rerum vices le
turbinose vicende della vita, tutti comunque colpisce
l’animo forte che va incontro alla morte movet animus
omnes fortis et leto obvius (1146) . Quando il
figlio di Achille si erse sul tumulo paterno audax virago non
tulit retro gradum (1151), l’audace eroina non
indietreggiò, conversa ad ictum stat truci vultu
ferox (1152), protesa al colpo sta dritta e fiera con
sguardo minaccioso.
Non
manca il consueto tocco deformante, preespressionistico di Seneca.
Un
tale coraggio colpisce tutti; Pirro ne è commosso, forse addirittura
spaventato: “novumque monstrum est Pyrrus ad caedem piger”
(1154), c’è un prodigio mai visto Pirro è restio a versare il
sangue
Però
poi la colpisce e il sangue esce a fiotti dal largo squarcio. “Nec
tamen moriens adhuc - deponit animos: cecidit, ut Achilli gravem -
factura terram , prona et irato impetu”
(1157 - 1159) Polissena perde molto sangue ma non il coraggio, cadde,
come per rendere pesante la terra ad Achille, distesa e con impeto
selvaggio. Uterque
flevit coetus; at timidum Phryges - misere gemitum, clarius victor
gemit”,
l’uno e l’altro popolo pianse, ma i Frigi emisero un gemito
sommesso, il vincitore più sonoro.
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