Liceo Pirandello di Bivona |
Anticipazione della conferenza che terrò la mattina del 28 maggio nel liceo Pirandello di Bivona
Vediamo
intanto che cosa intende Nietzsche con Apollineo e
Dionisiaco.
“Sotto
l'incantesimo del Dionisiaco non solo si stringe il legame fra uomo e
uomo, ma anche la natura estraniata, ostile o soggiogata, celebra di
nuovo la sua festa di riconciliazione col suo figlio perduto, l'uomo.
La terra offre spontaneamente i suoi doni, e gli animali feroci delle
terre rocciose e desertiche si avvicinano pacificamente. Il carro di
Dioniso è tutto coperto di fiori e ghirlande: sotto il suo giogo si
avanzano la pantera e la tigre. Si trasformi l'inno alla gioia di
Beethoven in un quadro e non si rimanga indietro con l'immaginazione,
quando i milioni si prosternano rabbrividendo nella polvere: così ci
si potrà avvicinare al dionisiaco. Ora lo schiavo è uomo libero,
ora s'infrangono tutte le rigide, ostili delimitazioni che la
necessità, l'arbitrio o la moda sfacciata hanno stabilite fra gli
uomini. Ora, nel vangelo dell'armonia universale, ognuno di sente non
solo riunito, riconciliato, fuso col suo prossimo, ma addirittura uno
con esso, come se il velo di Maia fosse stato strappato e sventolasse
ormai in brandelli davanti alla misteriosa unità originaria"[1].
“Tutti
gli uomini saranno fratelli” dice il testo. Questo inno
alla gioia è stato adottato come canto ufficiale dell’Unione
europea.
"Con
il termine "dionisiaco" si esprime: un impulso verso
l'unità, un dilagare al di fuori della persona, della vita
quotidiana, della società, della realtà, come abisso
dell'oblio…un'estatica accettazione del carattere totale della
vita…la grande e panteistica partecipazione alla gioia e al dolore,
che approva e santifica anche le qualità più terribili e
problematiche della vita(…)
Con
il termine apollineo si esprime: l'impulso verso il perfetto essere
per sé, verso l'"individuo" tipico, verso tutto ciò che
semplifica, pone in rilievo, rende forte… Lo sviluppo ulteriore
dell'arte è legato all'antagonismo di queste due forze artistiche
della natura così necessariamente come lo sviluppo ulteriore
dell'umanità è legato all'antagonismo dei sessi. La pienezza della
potenza e la moderazione, la più alta affermazione di sé in una
bellezza fredda, aristocratica, ritrosa: l'apollinismo della volontà
ellenica"[2].
Poco
più avanti Nietzsche aggiunge che il greco dionisiaco ha
bisogno di divenire apollineo, ossia di spezzare la sua inclinazione
verso l'immane e l'incerto mediante una volontà di misura e ordine:
“ Nel fondo del Greco c'è la mancanza di misura, la caoticità,
l'elemento asiatico: la prodezza del Greco consiste nella lotta con
il suo asiatismo: la bellezza non gli è donata, non più della
logica, della naturalezza dei costumi-esse sono conquistate, volute,
strappate- sono la sua vittoria"[3].
L’apollineo
è la giustificazione estetica della vita umana terrorizzata dai
mostri del Caos primordiale e negata dalla cupa tristezza silenica
che giudica non essere nati, non essere, la cosa più bella.
Nietzsche
mette in rilievo, oltre al valore della bellezza, quello della misura
nella sfera dell'apollineo:"Apollo, come divinità etica, esige
dai suoi la misura e, per poterla osservare, la conoscenza di sé. E
così, accanto alla necessità estetica della bellezza, si fa valere
l'esigenza del "conosci te stesso" e del "non troppo",
mentre l'esaltazione di sé e l'eccesso furono considerati i veri
demoni ostili della sfera non apollinea, dell'età titanica, e del
mondo extraapollineo, cioè del mondo barbarico"[4].
Per
quanto riguarda il valore dell’arte che ribalta la triste sapienza
silenica, sentiamo O. Wilde: “and
that is the function of Literature to create, from the rough material
of actual existence, a new world that will be more marvellous, more
enduring, and more true than the world that common eyes look upon,
and through which common natures seek to realize their
perfection”[5],
e questa è la funzione della Letteratura, creare dal materiale
grezzo dell’esistenza reale, un nuovo mondo che sarà più
meraviglioso, più duraturo e più vero del mondo sul quale occhi
comuni gettano lo sguardo e attraverso il quale nature comuni cercano
di realizzare la loro perfezione.
Sull’apollineo
sentiamo anche Nilsson: “Sul tempio di Apollo in Delfi era
scolpito il precetto famoso: Gnothi
seauton! Conosci
te stesso! Nessun altro è stato mai ripetuto tante volte. Per noi
esso è un imperativo che ci richiama alla sfera della coscienza, per
i Greci d’allora significava “Sappi che tu sei un uomo, soltanto
un uomo!”. Questa massima riassume nella sua essenza quanto la
religione apollinea insegna sul rapporto che è tra l’uomo e gli
dèi. L’uomo deve avere coscienza della sua debolezza e della
onnipotenza degli dèi e sottomettersi ad essi. Insieme con questo
motto Platone[6] ne
ricorda un altro: Meden agan!
Nulla di troppo! E dice ancora che, entrando nel tempio di Apollo, ci
si trovava di fronte l’ammonimento: Sophronei! Il
significato che un simile verbo ha è difficile a rendere; si
potrebbe forse dire: abbi senno! E cioè, usa una saggia misura,
renditi conto del posto che t’è dato nel mondo ed evita di essere
superbo sia verso gli dèi che verso gli uomini! Questo monito ci
riconduce, in altri termini, al medesimo ordine di idee che è
presupposto al “Nulla di troppo!”. Pindaro esprime lo stesso
concetto in maniera più incisiva ammonendo: Se la sorte ti è
favorevole, “non volere essere Zeus. Ai mortali convengono cose
mortali”[7]”[8].
L’Istmica
V di Pindaro celebra Filacida di Egina vincitore
nel Pancrazio. Leggiamo le parole del poeta tebano: solamente due
cose pascono il fiore dell’esistenza con una felicità rigogliosa
“eujanqei' su;n o[lbw: ei[
ti" eu\ pavscwn lovgon ejslo;n ajkpouvh./mh;
mavteue Zeu;~ genevsqai: pavnt j e[cei~,-eij se touvtwn moi`r j
ejfivkoito kalw`n.-qnata; qnatoi`si prevpei” (vv. 12-16), se
uno sta bene e ode parole di ode. non cercare di essere Zeus: hai
tutto, se ti ha raggiunto la sorte di questi beni. Cose mortali si
addicono ai mortali.
Torniamo
a Nilsson: “La medesima condanna di ogni eccesso è nella nota
ostilità di Apollo contro i tiranni, che a quel tempo dominavano in
diverse città. Erano uomini avvezzi a fare quello che loro piacesse,
ostentando potenza e ricchezza e atteggiandosi volentieri a
superuomini, il preciso opposto dell’ideale apollineo. Apollo non
poteva non combatterli”[9].
“Nella
tragedia dei Greci Nietzsche scopre il contrasto tra la
forma e l’amorfo flusso della vita, tra pevra~ [10] e a[peiron[11]:
tra l’essere finito, che, votato all’annullamento, ritorna al
principio infinito, e il principio stesso, che produce da sé sempre
nuove forme: questo contrasto egli lo chiama la
contrapposizionr dell’Apollineo e del Dionisiaco”[12].
Su
Apollineo e Dionisiaco torna C. G. Jung:"Esaminiamo i
concetti di apollineo e dionisiaco nelle loro caratteristiche
psicologiche… Prendiamo in considerazione anzitutto il
dionisiaco. Secondo la descrizione di Nietzsche è chiaro che
esso indica un espandersi, uno zampillare e uno scaturire…E' una
fiumana di sensazioni paniche di grande potenza che erompe
irresistibile e inebria i sensi come un vino gagliardo. E' ebbrezza
nel significato più elevato del termine…Si tratta quindi di una
estroversione di sentimenti indissolubilmente legata all'elemento
sensoriale…
Per
contro, l'apollineo è
la percezione delle immagini interiori della bellezza, della misura e
di sentimenti armonicamente disciplinati. Il paragone con il sogno
chiarisce il carattere dello stato apollineo: è uno stato
d'introspezione, di contemplazione rivolta verso l'interno, verso
il mondo di sogno delle idee eterne, quindi uno stato
d'introversione"[13].
L’Apollineo
è l’affermazione dell’individualità che si manifesta
somaticamente prima di tutto nella faccia: “ Pare che una volta
Anna Magnani, la grande interprete del cinema neorealista italiano,
avesse detto al truccatore che la stava preparando per una scena:
“Non mi togliere nemmeno una ruga. Le ho pagate tutte care…Gli
adolescenti ricorrono a frotte al chirurgo plastico per farsi
cambiare la faccia…vogliono cambiare la faccia che ha incominciato
a esteriorizzare la loro solitaria individualità”[14].
Infine
Ortega y Gasset: “Apollo è la misura, la norma rigorosa della
vita, il “restare in sé”, la severa condotta- la condotta
conforme, “l’essere in forma”. Ma è anche, beninteso, la
danza…Apollo è il dio danzatore per eccellenza, solo che la sua
danza è un ritmo rigido e severo, e per questo il culto che gli si
dedica consiste in danze moderate. Est
modus in rebus,
e Apollo è il modus,
il logos della
vita e delle cose”[15].
[10] Compimento,
perfezione ma anche limite.
[11] Infinito,
indefinito.
Nessun commento:
Posta un commento