Finita la cena al ristorante Silvanus di Visegrád, ci portarono a Budapest perché vedessimo i fuochi d’atificio che ogni anno il 20 agosto, calata la notte, vengono lanciati dalla base del monte Gellert verso il cielo da dove cadono nell’acqua del Danubio in forma di carte bruciate. Quando arrivammo nella capitale, per le strade c’era aria di festa e la popolazione si dirigeva da tutte le parti verso il fiume che separa la pianura dalla collina, cioè Pest da Buda.
L’autobus ci portò fino alla Keleti Pályaudvar, la stazione orientale. Ne uscimmo ed entrammo nella schiera lunga e fitta che percorreva la Rákóczi út in direzione del ponte Erzsébet. Arrivati, scendemmo sulla riva lapidea del fiume, camminammo un poco controcorrente, poi ci sedemmo sui duri gradini dell’argine.
I margini del Danubio erano pieni di popolo. Tali feste mi piacciono: sono sentite dalla gente. Non hanno fini di lucro e non ci si va per consumare. Conservano qualche cosa di antico e di religioso. L’acqua scorreva così lentamente che non si vedeva se andasse verso il ponte Elisabetta o quelli delle Catene e dell’isola Margherita.
Alle dieci in punto si spensero le luci della fortezza con tutti i lumi di Buda, poi quelli di Pest. Quanti fumavano spensero le sigarette. Il momento era sacro. Alla base del Gellert si accesero dei riflettori che lanciarono in alto fasci di luce rosa, verde e rossa. Quindi cominciarono i fuochi. Salivano quali punti luminosi nel cielo, poi si aprivano, si colorivano come un boccio che diventa un fiore dalle ampie corolle, o come una bambina neonata che diventa una bella donna vistosa.
Dopo la fioritura stupefacente, però, la luce si affievoliva e cominciava a declinare nel fiume dove concludeva la breve parabola della sua vita in forma di carta nera, bruciata, fumosa.
“Potrò evitare questa caduta alla bellezza delle persone incontrate nel mio cammino e agli spettacoli meravigliosi della natura-pensai-trovando le parole migliori e scrivendole nell’ordine migliore” .
Un bambino gridò: “ mamma: Guarda quante stelle nuove vanno su e giù!”
“Il bambino, come il poeta, nota le somiglianze” pensai.
A un tratto il Gellert si accese per una cascata ignea che rischiarò Buda e il fiume con entrambe le sponde. Mi voltai per vedere le facce delle persone-“Fra cento anni, pensai, nemmeno uno di noi sarà più qui sulla sponda del fiume né altrove Se saprò raccontare il bene ricevuto e dato con le parole migliori disposte ordinatamente,qualche cosa di buono e di bello si salverà dall’orrido precipizio.”
Bologna 11 maggio 2024 ore 9, 49 giovanni ghiselli
p. s
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