Epodo 1
Ma quanti Zeus non ama si spaventano udendo
la voce delle Pieridi
sulla terra e il mare invincibile
e anche quello che giace nel Tartaro, nemico degli dei,
Tifone dalle cento teste, che un tempo
l’antro della Cilicia famoso nutriva
e ora le coste cinte dal mare
oltre Cuma,
e la Sicilia schiacciano il suo
petto villoso, e anche la colonna del cielo- kiwvn d’ ouraniva-
comprime,
l’Etna nevosa,
nutrice perenne
di ghiaccio pungente-civono~ ojxeia~-
La voce delle Pieridi dunque, le Muse nate nella Pieria, regione alle falde dell’Olimpo, spaventano i nemici di Zeus. L’arte disturba chi non la capisce né la sente: presenta un mondo del tutto diverso dal loro.
Gli artisti invece continuano a dire: “Pergite, Pierides”, avani Pieridi! (Virgilio, Ecloga VI, 13)
Tifone, abitatore degli antri Cilici, suscitò la pietà di Prometeo quando lo vide soggiogato a forza dopo essere stato sconfitto da Zeus. E ora è gravato dalle radici dell’Etna (Eschilo, Prometeo incatenato, 351- 365)
Pindaro menziona la Cilicia, la Campania e la Sicilia cercando di conciliare versione diverse del mito. Ho ricordato Eschilo perché amo la tragedia.
La colonna del cielo accosta l’Etna al mito di Atlante ricordato dal Prometeo di Eschilo subito prima di quello di Tifone citato sopra. Prometeo è tormentato da questo ricordo del fratello Atlante. Sono i Titani che hanno cercato di sconvolgere l’ordine imposto da Zeus e sono stati sconfitti.
L’assonanza kiwvn- civono~- colonna- neve, gelo- mi fa pensare, arbitrariamente, a quanto possono essere scivolose tante colonne che sembrano sostenitrici di uno stato mentre fanno spesso precipitare chi vi è salito sopra.
Bologna 30 maggio 2024 ore 10, 46 giovanni ghiselli
Pindaro Olimpica I Strofe 2
Viene descritta un’eruzione dell’Etna. Tale e[kfrasi~ si ritrova in diversi altri testi a partire dal Prometeo incatenato di Eschilo.
Traduciamo intanto le parole di questa seconda strofe :
“Dai suoi recessi eruttano fonti misteriche aJgnovtatai pagaiv-
di fuoco inaccostabile; fiumi –potamoiv-
nel giorno riversano una corrente di fumo
fulva, ma nelle notti la fiamma purpurea
rotolando porta dei massi
alla distesa profonda del mare con fragore.
Quella fiera kei`no e{rpetovn- solleva
spaventosi zampilli di Efesto,
mirabile mostruosità a vedersi,
meraviglia anche a udirsi dai presenti,
ajgnov~, qui al superlativo, significa “santo”: letteralmente sarebbe santissime. Ho tradotto misteriche per fare una sincrasi tra santo e misterioso.
potamoiv : cfr. potamoi; purov~ del Prometeo incatenato di Eschilo citato sotto
e{rpetovn ha la stessa radice indoeuropea *serp- del latino serpo e indica un animale che striscia, con allusione alla forma serpentina di Tifone che Esiodo descrive come un mostro dalle cui spalle spuntavano cento teste di serpente, terribile drago (Teogonia 825)
Dicevo del Prometeo incatenato di Eschilo che descrive un’eruzione dell’Etna. Il Titano racconta che dal vulcano fiumi di fuoco potamoi; purov~- i quali con mandibole feroci divorano i campi fecondi della Sicila- 367- 368.
E’ l’ira di Tifone /369) che fa traboccare tempeste di fuoco con strali ardenti
Non si conosce la data del Prometeo incatenato e non si dà per certa nemmeno la paternità eschilea di questa tragedia ma sono convinto sia opera di Eschilo e non escludo che i due poeti si siano consultati
Ricordo che il drammaturgo, dopo i Persiani del 472, si recò a Siracusa ospite di Ierone e compose le Etnee per celebrare la fondazione di Etna. In quegli anni la corte di Ierone era frequentata anche da Pindaro, Simonide e Bacchilide.
Quindi il tragediografo tornò ad Atene dove rappresentò l’Orestea (458)
Dopo di che tornò in Sicilia, a Gela dove morì nel 456 a 69 anni. In quel tempo i Dinomenidi avevano perso il potere a Siracusa.
Antistrofe 2
come (la terribile fiera) è incatenata tra le cime dell’Etna nera di foglie
e il suolo, e il giaciglio lacerando strazia
tutto il dorso disteso.
Sia dato, Zeus, sia dato di piacerti,
tu che governi questa montagna , fronte – mevtwpon-
di una terra ferace, del cui nome
il fondatore illustre onorò
la città vicina, nella corsa di Pito
l’araldo la nominò dando l’annuncio
per Ierone dalla bella vittoria.
Viene glorificata la vittoria pitica a Delfi e la fondazione della città di Etna che prende il nome del gande vulcano, fronte- mevtwpon- della Sicilia come la fronte si erge sul viso.
Epodo 2
nella gara dei carri. Agli uomini che intraprendono
un viaggio per nave la prima gioia è che giunga un vento
che conduca la nave: è verosimile infatti
che anche nell’esito potrebbero ottenere un migliore ritorno.
Forse perché il vento propizio, da poppa o da schiena, è un segno del favore divino e questo se c’è non cambia quando cambia la direzione del moto. Lo dico da ciclista.
Il discorso in tali eventi comporta la credenza
che nell’avvenire la città sarà celebre per le corone e i cavalli
e rinomata per le feste allietate dai canti.
Non posso astenermi dal rilevare la festività greca da contrapporre alle tetre superstizioni di altre culture.
Ricordo Tucidide II, 38, 1, un paragrafo del lovgoς ejpitavfioς attribuito a Pericle
Essere cittadino impegnato non significa non avere svaghi. Ad Atene vige una festività agonistica: abbiamo procurato pleivstaς ajnapauvlaς th̃/ gnwvmh/ moltissimi sollievi allo spirito, ajgw`si mevn ge qusivaiς diethvsioς con agoni e feste sacre che durano tutto l’anno (Grandi Dionisie in primavera, Dionisie rurali e Lenee d’inverno) e anche con eleganti arredi privati il cui piacere quotidiano di queste cose scaccia il dolore.
Insomma non circenses empi e volgari, bensì teatro quale festa e quale rito che pone l’uomo e dio, e la polis e la politica come problemi
La città riceve ogni cosa da tutta la terra per la sua potenza. La fruizione dei beni quindi non è solo quella di prodotti locali (Tucidide, II, 38, 2)
Offriamo la nostra città come bene comune per chi vuole imparare o assistere ai nostri spettacoli. Non pratichiamo xenhlasiva (xenhlatevw, xevnoς- ejlauvnw) il bando degli stranieri, quindi non escludiamo alcuno dall’imparare o dal vedere (kai; oujk ajpeivrgomevn tina h} maqhvmatoς h} qeavmatoς (Tucidide, II, 39, 1), anche se il nemico se ne può avvantaggiare.
Santo Mazzarino rileva che lo Scita Anacarsi sceglie la cultura greca contrassegnata dalla "festività orgiastica"[1], mentre il popolo scita"può essere caratterizzato, comunque, dal simbolismo", come si vede "nel racconto erodoteo sui doni scitici a Dario".
" Attribuite ad un popolo come lo scita, che tiene un pò dell'orientale (come noi oggi sappiamo, e come anche Erodoto sapeva: IV 11[2]), e un pò dell'Europa giovane quelle maniere simboliche hanno un rilievo tutto particolare. Cosa si può contrapporre ad esse da parte della cultura greca? Tutto un mondo diverso: Erodoto lo sa benissimo. Ma egli sottolinea un punto: la festività orgiastica di tipo ellenico. Egli racconta che lo scita Anacarsi fu ucciso perché, tornato dalla greca Cizico nella sua patria, celebrò la festa in onore della Madre degli dèi, alla maniera greca "tendendo un timpano e appendendo statuette al suo corpo"[3].
Concludiamo dunque l’Epodo 2 della Pitica I di Pindaro
Febo licio, sovrano di Delo,
che ami la fonte Castalia del Parnaso,
voglia tu porre nella mente queste parole
e la terra dai validi uomini.
Sono menzionati i luoghi che il culto attribuisce a Febo: la Licia, Delo, Delfi e la fonte Castalia sovrastate dal Parnaso.
Mi pregio e mi vanto di avere scalato questa montagna superiore ai 2000 metri dal porto di Itea alle piste sciistiche, come del resto l’Etna superiore ai 3000 dalla stazione ferroviaria di Catania al rifugio Sapienza.
Le mie imprese ciclistiche e quelle amorose mi confortano non meno dei miei studi e dei miei scritti nell’avvicinarsi degli 80 anni. Che Dio mi benedica dato che gli ho reso onore.
Quest’anno non sono andato in Sicilia perché nessuno mi aspettava in quella magnifica terra. In compenso sono stato accolto benissimo a Benevento dove tornerò, e ora studio per tenere conferenze nella biblioteca Ginzburg qui Bologna poi ne terrò a Pesaro nell’Hotel Alexander e al festival dei filosofi lungo l’Oglio di Brescia.
In luglio probabilmente tornerò in Grecia. Sento la mancanza di Olimpia e in particolare, di Delfi, di Corinto sull’Istmo, e di Nemea studiando Pindaro
Bologna 31 maggio 2024 ore 11, 19
p. s.
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