Olimpica II -476. dedicata a Terone di Agrigento vincitore con il carro- a[rma- a[rmato~ to;-
Strofe 1
Il lirico tebano si rivolge agli “inni signori della cetra- la musica deve adeguarsi alle parole per l’attitudine logocentrica dei Greci- e domanda quale eroe, dio, uomo debba cantare.
Pisa (il territorio di Olimpia) è di Zeus , Eracle fondò gli agoni olimpici che il poeta definisce “primizie di guerra”- ajkrovqina polevmou (v7)
Questa è la traduzione corrente che trovo nelle Olimpiche della Lorenzo Valla tradotte da Bruno Gentili. Non mi piace perché non capisco che cosa significhi. Provo a esaminare la prima delle due parole componendone le parti
-a[kro~ significa alto, il più elevato, qiv~- qinov~ vuol dire mucchio, dunque gli agoni di Olimpia stanno sopra il mucchio delle altre competizioni compresa la guerra che provoca cumuli di cadaveri e rovine-. Le grandi gare panelleniche cantate da Pindaro dunque sono superiori a tutte le altre competizioni.
Dall’espressione invero oscura “primizie di guerra” ricavo un mio controcanto rispetto all’orrido fragore delle armi: la guerra armata deve essere sostituita da competizioni sportive, agoni che non siano mattanze di uomini, distruzioni di alloggi, offese all’umanità e alla natura.
Cicerone nelle Tusculanae disputationes ricorda che Platone considera il capo come l'acropoli della persona: :"Plato...rationem in capite sicut in arce posuit " (I, 10), Platone collocò la ragione nel capo come in una rocca (Cfr. Timeo 70 b, Repubblica 560b).
Ebbene l’acropoli delle competizioni devono essere le nobili gare olimpiche e le parole intelligenti delle competizioni politiche.
Se queste avranno l’onore e la supremazia nelle menti e nei cuori delle donne e degli uomini non seguiranno i mattatoi delle guerre. Questo spero e auspico
Torniamo al testo di Pindaro
Per la quadriga vittoriosa dobbiamo cantare Terone, giusto nel rispetto degli ospiti- divkaion xevnwn- sostegno di Agrigento, fiore di padri illustri, retto reggitore della città- jorqovpolin- . Il rex deve essere retto e tenere dritta la città
Terone dunque è fior fiore – a[wto~-di padri illustri.
I progenitori di Terone avevano partecipato intono al 582 alla fondazione di Agrigento che nasce come sub-colonia di Gela fondata nel 688 da una spedizione mista di Rodii e Cretesi.
Antistrofe 1 Questi antenati erano molto provati nell’animo- kamovnte~ polla; qumw`/ ed erano l’occhio della Sicilia.
L’occhio non solo percepisce la luce ma anche la emana.
Le grandi imprese richiedono grandi prove.
Quindi venne il tempo fatale- aijw;n movrsimo~ - portando ricchezza e bellezza alle virtù innate. Queste colgono sempre il premio promesso e fatto sperare da loro stesse
Quindi il poeta prega Zeus chiamandolo Cronio figlio di Rea che regge non solo la sede dell’Olimpo ma anche il vertice degli agoni- ajevqlwn te korufavn- e il corso dell’Alfeo, fiume che nasce in Arcadia e scende nell’Elide. Il colle di Crono si trova nel recinto di Olimpia.
Il poeta chiede a Zeus di essere eu[frwn con la stirpe e la terra di Terone
Epodo 1 Delle imprese compiute nella giustizia e contro la giustizia- tw`n de; pepragmevnwn- ejn divka/ te kai; para; divkan
nemmeno il Tempo padre di ogni cosa potrebbe rendere incompiuto-ajpoivhton l’esito. Cfr. Factum fieri infectum non potest. Il risultato dell’ingiustizia para; divkan non è mai buono ma l’oblio lavqa del male e il suo superamento può nascere in concomitanza con una sorte felice . Domato da nobili gioie muore la pena recrudescente-
Le pene sofferte anche a lungo ma poi domate, le ingiustizie subite e inflitte, se vengono superate, si ricordano con fierezza per averle domate e costrette a condurci verso il successo e la gioia.
Strofe 2 Pindaro propone l’esempio delle Cadmeidi, le quattro figlie di Cadmo: Agave, Autonome, Semele e Ino.
Un destino mandato dal dio qeou` moi`ra volge in alto la fiorente fortuna ma il movimento circolar è rivolto anche in basso. Queste quattro donne patirono grandi mali, ma Semele e Ino ottennero vita immortale. La pena pesante cade di fronte a beni più forti. Semele dalla lunga chioma morta per il fragore del fulmine vive tra gli Olimpi e il figlio Dioniso il giovane coronato di edera pai`~ oJ kissofovro~ la ama molto mavla filei`. l’edera sempre verde simboleggia la vitalità della natura.
Antistrofe 2 Ino ha avuto una vita immortale tra le Nereidi marine.
Pindaro era tebano e Terone vantava origini cadmèe, quindi il paradigmo mitico tebano doveva piacere a entrambi.
Non conosciamo quando cadrà il termine ultimo della nostra vita ma correnti alterne rJoai; dj a[llot j a[llai – 30, 12- di gioia e di dolore vanno e vanno verso gli uomini.
Già Archiloco aveva suggerito a se stesso:
“Animo, animo sconvolto da affanni senza rimedio
sorgi e difenditi dai malevoli, contrapponendo
il petto di fronte, piantandoti vicino agli agguati dei nemici
con sicurezza: e quando vinci, non gloriartene davanti a tutti,
e, vinto, non gemere buttandoti a terra in casa.
Ma nelle gioie gioisci e nei dolori affliggiti
non troppo: riconosci quale ritmo governa gli uomini.
(mh; livhn: givgnwske d j oi|o~ rJusmo;~ ajnqrwvpou~ e[cei, fr.67 a D).
Terone discende da Tersandro figlio della figlia di Adrasto, l’argiva Argia e del tebano Polinice figlio di Edipo, quindi Pindaro ricorda anche i Labdacidi: l’incontro del figlio fatale movrimo~ uJov~ con Laio nel trivio
dove convergono le strade di Tebe, di Delfi e di Daulia (cfr. Edipo re, v.734).
Epodo 2 Oggi la Moi`ra è benigna ma talora reca pena come avvenne in quel tempo quando Edipo ammazzò Laio compiendo l’oracolo pitico. Il male però poi si volge altrove
Strofe 3
L’Erinni dunque vide Edipo con occhi acuti e gli uccise con mutua strage ajllalofoniva/ la stirpe guerriera. I due figli di Edipo Eteocle e Polinice si uccisero a vicenda (cfr. i Sette a Tebe di Eschilo, le Fenicie di Euripide e la Tebaide di Stazio) ma restò Tersandro il figlio di Polinice.
Egli si coprì di gloria nelle gare atletiche e nelle battaglie e fu il salvatore della casa. Dunque è giustio che ottenga canti di encomio e gloria il suo discendente Terone, figlio di Enesidàmo.
Antistrofe 3 Pindaro elenca le vittorie di Terone e di suo fratello Senocrate negli agoni Olimpici, Pitici e Istmici.
Ottenere il successo libera dall’ossessione chi tenta le gare
mette ndosi alla prova.
Vincendo si impara a vincere: i successi producono altri successi. Come gli insuccessi.
Giuliano quando viene proclamato Augusto dai suoi soldati -361 d. C.- e si prepara ad attaccare Costanzo parla alla truppa: quid agi oporteat bonis successibus instruendi (Ammiano Marcellino, 21, 5, 6), dobbiamo imparare dai buoni successi quello è opportuno fare.
La terza antistrofe termina con queste parole: “la ricchezza adorna di virtù apporta molte occasioni diverse suscitando una profonda inquietudine di ricerca.
Bologna 17 maggio 2024 giovanni ghiselli, ore 19, 42 continua
p. s
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