Pindaro Olimpica II.
Terza e ultima parte
Strofe 5 Il pronome relativo che apre questa strofe riprende Achille che abbattè Ettore l’invicibile diritta colonna di Troia- {Ektora Troiva~ a[macon ajstrabh` kivona.
Si può notare anche qui l’obiettività epica degli autori Greci che riconoscono il valore dei nemici. Omero nell’Iliade racconta episodi cavallereschi della guerra di Troia (p. e. il duello di Ettore contro Aiace nel VII libro dell’Iliade. Finì alla pari , venne interrotto dalla notte e i due si scambiarono dei doni. Oh gran bontà dei cavalieri antiqui! scriverà Ariosto che esecra gli abominosi ordigni di una scienza abbrutita, l’archibugio per allora.
Pindaro ricorda che Achille uccise anche Cicno e l’etiope Memnone figlio dell’Aurora e di Titone, fratello di Priamo.
Quindi l’autore fa una dichiarazione di poetica: nella faretra ho molte frecce che parlano a chi è capace di intendere- polla; bevlh fwnaventa sunetoi`sin-, ma per la massa ci vogliono interpreti-eJrmanevwn-. Rivendica alla sua poesia quello xenikovn peregrino, strano, non ordinario, non pedestre che Aristotele suggerirà allo scrittore se vuole essere egregio.
Pindaro è maestro in questa arte e chi vuole apprenderla bene deve studiare questo poeta.
Tuttavia lo studio secondo il Nostro non basta: ci vuole talento.
Sapiente è chi sa molto per natura: sofo;~ oJ polla; eijdw;~ fua` mentre gli addottrinati intemperanti per loquacità maqovnte~ de; lavbroi pagglwssiva/ sono come due corvi che gracchiano invano. Gli interpreti hanno visto in questi due uccelli ciarlieri un riferimento ai poeti rivali di Pindaro Simonide e Bacchilide.
Platone nel Menone sostiene che conoscere è ricordare: gli addottrinati non possono essere sapienti se sono stati ammaestrati riguardo a temi che non avevano già dentro. Lo dico anche per esperienza personale: quanto ho imparato per un esame di ciò che è diverso da me, che non mi piaceva, l’ho dimenticato poco dopo. Quanto invece ho imparato, magari in seconda elementare, che faceva già parte della mia natura, non l’ho mai dimenticato
Antistrofe 5.
I corvi dunque schiamazzano contro l’uccello divino di Zeus.
Il poeta vuole lanciare frecce gloriose dalla mente ormai mite- ejk malqaka`~ frenov~- Il tiro dunque ridiventa benevolo dopo la polemica contro i colleghi corvi: puntando la mira su jAkravga~ Pindaro encomia il suo ospite protettore Terone e afferma che la città non ha generato in cento anni un evèrgete più benefico di cuore e più generoso di mano verso gli amici. E’ un ringraziamento anche personale.
La lode però non deve causare nausea perché essa calpesta la lode- ajll j ai\non ejpevba kovro~. Penso ai leccapiedi del potere. Oggi se ne sentono tanti. Dunque è ora di concludere il canto per non superare la giusta misura.
La sazietà che non si accompagna a giustizia ouj divka/ può derivare dal servilismo ma anche dalle maldicenze del ciarlare lalagh`sai.
Cfr. i rumores raccolti e rivelati da Tacito.
I detrattori non devono nascondere il bene mentre gli amici estimatori non possono raccontare tutto quello elargito da Terone siccome la sabbia sfugge al numero-ejpei; yavmmo~ ajriqmo;n peripevfeugen e non è possibile raccontare quante gioie Terone ha donato ad altri
Fine dell’Olimpica II.
Bologna 18 maggio 2024 ore 19 giovanni ghiselli
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