Mentre osservavo lo sfollarsi degli argini, pensavo che se Ifigenia, bella com’era, avesse avuto uno stile elegante e dignitoso come quello della casta Isabella, le avrei chiesto non solo di fare l’amore centinaia di volte come nei nove mesi passati insieme ma anche di mettere al mondo una bambina che prendesse il meglio da ciascuno di noi.
Esaurito il pensiero ipotetico e poco reale, mi avvicinai a Isabella che stava sopra di me. Ci raggiunse Silvia e venne a chiederci se volevamo fare una camminata insieme e fermarci a bere una birra e parlare un poco prima di andare a dormire.
Questa ragazza bionda era capace di parlare politicamente. Era la penultima sera della borsa di studio e tornammo sugli argomenti della nostra prima conversazione all’Obester di Debrecen, all’inizio del corso.
Gli incontri del tempo passato lasciano tracce profonde se hanno significato qualcosa, e hanno toccato la sfera emotiva oltre quella mentale.
Silvia ribadì che il suo paese era diventato una provincia dell’impero sovietico. Ulbricht poi Honecker erano fantocci manovrati dal Cremlino e sostenuti da un esercito di occupazione di mezzo milione di soldati per lo più asiatici e semibarbari.
Pensai alla ciuvassa Faina che era una persona buona, civile, educata. Lei mi disse che il suo popolo aveva ricevuto progresso dai sovietici, perfino da Stalin. Aveva potuto innanzitutto studiare, poi fruire di assistenza medica. Benefici sconosciuti ai suoi nonni. Lo dissi a Silvia e aggiunsi che per tali aiuti alla vita si può rinunciare a un poco di libertà. Insomma non era del tutto d’accordo con l’amica tedesca che seguitava a infamare la D.D.R. Diceva che se criticavi il regime potevi essere denunciato alla Stasi e finire in prigione.
Tutt’altra campana avevo sentito da Martina che tre anni prima mi aveva ospitato in un appartamento carino, pieno di libri a Berlino est nella Unter den Linden vicino al Museo di Pergamo ed era soddisfatta di Honecker. Vero è che il padre suo era un dirigente della televisione, ma nessuno di loro viveva nel lusso.
Silvia ammise che a Berlino vigeva una certa uguaglianza economica tra le persone. Le feci notare che l’uguaglianza richiede una fase di costrizione e repressione di quanti vogliono la disuguaglianza: se non li tieni a freno costoro isorgono, organizzano un colpo di Stato e compiono stragi come era accaduto in Cile l’11 settembre, quello 1973. Allende per aiutare i poveri aveva dovuto tassare i ricchi e ridurre il colonialismo subito dal suo paese. I colonizzatori avevano preparato e sostenuto i militari golpisti, una canaglia di felloni assassini.
Silvia riconobbe che in Ungheria dove c’era meno repressione e più libertà, erano ritornate le sperequazioni economiche.
Bologna 31 gennaio 2021 ore 21, 29 giovanni ghiselli
p.s
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