Ierone vinse la corsa delle quadrighe a Delfi nel 470 –ventinovesima Pitiade.
Vediamo un poco di storia della Sicilia grecizzata.
Nel 470 Ierone era all’ apice del potere tirannico su Siracusa ereditato dal fratello Gelone morto nel 485. Questa ode ricorda le imprese riportate dai due fratelli figli di Dinomene. La famiglia dei Dinomenidi proveniva da Telo, un’isola vicina a Rodi.
Gelone aveva sconfitto i Cartaginesi nella battaglia di Imera del 480 quando era tiranno di Gela alleato con altri sicelioti tra cui Terone tiranno di Agrigento. A questa battaglia parteciparono anche Ierone e gli altri fratelli Polizelo e Trasibulo.
Con questa battaglia Siracusa divenne una potenza navale. Con il bottino Gelone fece grandi donativi a Delfi e Olimpia.
Nel 476-475 Ierone fondò Etna dopo avere distrutto la colonia ionica di Catania. La nuova colonia fu popolata da greci dorici e prese il nome dal Vulcano sovrastante. Il figlio di ierone, Dinomene, ne fu nominato reggente.
L’impresa militare più rilevante di Ierone fu la vittoria navale di Cuma riportata sugli Etruschi. Quindi insediò un presidio Siracusano nell’isola di Pitecussa-oggi Ischia- che però venne abbandonata per i fenomeni eruttivi.
L’ode che ora vedremo consta di cinque triadi con strofe e antistrofe di sei versi, l’epodo di dieci.
Ora traduciamo e commentiamo la prima strofe e la prima antistrofe che sono rivolte alls cetra, lo strumento eptacorde di Apollo e degli aedi.
Strofe 1solleva
Cetra d’oro- Crusiva formigx- possesso comune di Apollo
e delle Muse dai riccioli di viola,
che ai passi di danza attendi, principio di festa,
i cantori obbediscono ai segni musicali
quando vibrando fai nascere gli accordi iniziali
dei preludi che guidano i cori.
L’invocazione alla cetra celebra la musica, l’elemento unificante, dionisiaco, che suscita amore, ordine e pace.
E spengi il fulmine acuminato
di fuoco che scorre continuamente.
Dorme sullo scettro di Zeus l’aquila,
abbassata da una parte e dall’altra l’ala veloce.
“L’uccel di Giove” (Dante Purgatorio, XXXII, 112); “il santo uccello” (Dante Paradiso, XVII, 72); lo Iovis ales di Virgilio ( Eneide, I. 394), insomma l’aquila, non tiene sempre le ali aperte significando volontà di appropriazione imperiale voluta da dio. Quando sente la musica che spinge gli umani all’unità tra loro e con la natura, piega le ali. Dante nel VI canto del Paradiso racconta il volo dell’aquila “il sacrosanto segno” v. 32 di tutti i successi imperiali conseguiti con una serie di guerre.
Tutt’altra è questa aquila
Torniamo dunque all’aquila di Pindaro
Antistrofe 1
Sovrana tra gli alati- ajrco;~ oijwnw`n, però tu sul suo capo
rostrato hai versato una nuvola di nero aspetto,
dolce serrane delle palpebre, e quindi assopita
solleva il morbido dorso
posseduta dai tuoi suoni. Anche Ares
possente infatti lasciando lungi
l’aspra punta delle lance, molcisce il cuore
in un sonno profondo; i tuoi strali
affascinano anche le menti dei numi
con la sapienza del figlio di Latona
e delle Muse dalle ampie sinuosità.
La cetra e la sua musica sono ispiratrici e forierr di pace, al punto che Ares, il cambiavalute dei corpi[1], il dio disonorato tra gli dei[2] viene addormentato e placato dalla musica come il grande uccello rapace, dai voli fulminei
Bologna 29 maggio 2024 ore 18, 50 giovanni ghiselli
p. s.
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[1] Nel primo stasimo dell'Agamennone di Eschilo il coro di vecchi Argivi definisce Ares il dio della guerra "oJ crusamoibo;" d j [Arh" swmavtwn"(v.437), il cambiavalute dei corpi.
A causa sua
"invece di uomini
urne e cenere giungono
alla casa di ciascuno"(434-436). ajnti; de; fwtw`n-teuvch kai; spodo;~ eij~ eJkav-stou dovmou~ ajfiknei`tai (434-436).
[2] Sofocle nella Parodo dell’Edipo re invoca gli dèi dell’ordine cosmico, dell’arte, del benessere e degli agoni ginnici- Zeus, Apollo, Minerva, Artemide-, mentre depreca, cioè prega che si allontani con una corsa retrograda, precipitosa, Ares il dio della guerra-to;n malerovn, il violento (190), to;n ajpovtimon ejn qeoi`~ qeovn, il dio disonorato tra gli dèi (215).
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