NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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mercoledì 1 maggio 2024

Il caso Vannacci e la doverosa difesa della parresia.


 

Sono in disaccordo su tutto quanto dice,  scrive e forse pensa il generale Vannacci, eppure sostengo la sua libertà di parola, come la mia e quella di chiunque voglia parlare o scrivere.

Siamo liberi di non leggere e non ascoltare chi non ci piace.

La parresia è la cellula della democrazia e metterla in dubbio è un attentato alla libertà più importante.

 

La tragedia di Euripide  Ione (circa del 411 )  tratta il problema del potere, quindi quello della cittadinanza ateniese e della parresia ad essa associata.

La parresia  sostiene il protagonista eponimo è un bene primario.

 Ione che crede di essere un trovatello, mentre è il figlio della principessa Creusa che in lui si incinse stuprata  da Apollo, poi lo ha esposto nel santuario di Delfi, spera che la madre sconosciuta sia una ateniese perché a lui spetti la parrhsiva (672) , siccome lo straniero che piomba in quella città pura- kaqara;n ej" povlin- quanto al gevno" (673) , anche se a parole diventa cittadino, ha schiava la bocca senza la libertà di parola ("tov ge stovma-dou'lon pevpatai[1] koujk e[cei parrhsivan", vv. 674-675).

 

 

Nella tragedia  Fenicie del medesimo periodo Euripide riprende il mito dei Sette contro Tebe con un Eteocle peggiorato e un Polinice migliorato rispetto a quelli dei Sette a Tebe di  Eschilo, e con una smontatura del potere compiuta da Giocasta che  vuole togliere  ogni attrattiva alla tirannide parlando con Eteocle il quale invece ne è bramoso ed è disposto a commettere qualsiasi nefandezza pur di ottenerlo o mantenerlo.

Quindi torna il tema della parresia.  Negarla è la mira di ogni tiranno.

Polinice risponde alla madre sulla cosa più odiosa per l'esule:" e{n me;n mevgiston, oujk e[cei parrhsivan" (v. 391), è una soprattutto, che non ha libertà di parola.

Infatti, conferma Giocasta, è cosa da schiavo non dire quello che si pensa: “douvlou tovd j ei\pa~ , mh; levgein a[ ti~ fronei`”(392).

 

Sul valore ineccepibile della parrhsiva prende posizione Victor Hugo quando cita queste parole “ingenuamente sublimi” scritte da padre Du Breul nel sedicesimo secolo: “Sono parigino di nascita e parrisiano di lingua, giacché parrhysia in greco significa libertà di parola della quale feci uso anche verso i monsignori cardinali”[2].

 

Bologna  primo maggio 2024 ore 20, 11 giovanni ghiselli

p. s.

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[1] Forma poetica equivalente a kevkthtai.

[2] Notre-Dame de Paris, p. 38.

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