Approvo senza alcuna ambiguità di parole
questo gesto di Matteo Lepore che in un
video lo ha commentato così: “come sindaco di un Comune storicamente schierato
per la pace, la non violenza e i diritti umani, ho deciso che non possiamo
restare in silenzio a guardare quello che sta succedendo in Palestina. Occorre
prendere posizione. Ho deciso di assumermi questa responsabilità fino a che non
termineranno i bombardamenti e la violazione del diritto internazionale. Quando
finalmente il governo israeliano deciderà di cessare questa vilenza inaudita,
allora potrò esporre anche la bandiera israeliana”.
C’è stata una risposta polemica da parte
di due presidenti delle comunità ebraiche: Noemi Di Segni e Daniele De Paz.
Accusano Lepore con queste parole: “Un gesto simile non fa che legittimare la
voce del terrorismo e della prevaricazione”. Cito dal quotidiano “la
Repubblica” di oggi.
Vorrei capire il significato di tale
reazione. Mi chiedo come può entrare nella categoria orrenda del terrorismo,
subìto prima dagli Israeliani poi dai Palestinesi, la richiesta di smettere di
ammazzare.
Il terrorismo antiisraeliano è stato
giustamente condannato da tutti fin dall’inizio; questa risposta dal
contrappasso decuplicato invece non deve essere nemmeno criticata secondo
alcuni. Sarebbe la vendetta giusta? La punizione proporzionata al massacro
subito? Domando a questi assertori del versamento del sangue di tanti civili,
decine di migliaia, in maggior parte donne e bambini, se tale strage è un’opera
di bene in quanto punisce chi ha perpetrato il primo crimine. Non credo che
uccidendo ancora si possa arrivare alla giustizia o alla verità.
A questo proposto citò alcune parole
attribuite da Dostoeskij a Ivàn Karamazov: “Se le sofferenze dei bambini sono
servite a completare la somma delle sofferenze necessarie per acquistare la
verità, io dichiaro fin d’ora che tutta la verità presa insieme non vale quel
prezzo “ (I fratelli Karamazov, libro
quinto, capitolo quarto, La ribellione)
Io so di essere uomo e non posso
approvare alcuna uccisione.
Torno dunque a ripetere un verso che Euripide
fa dire alla vecchia regina di Troia la quale chiede ai Greci vincitori di non
ammazzare anche sua figlia , la ragazza Polissena, dopo che le hanno ucciso il
nipote, il bambino Astianatte:
““mhde;
ktavnhte: tw'n teqnhkovtwn a{li" " Ecuba,
v. 278), non uccidete: ce n’è abbastanza di morti.
Ho
ripetuto spesso queste parole nel mio blog a partire dal 7 ottobre dell’anno
scorso. Aspettando la Pace e il cielo sereno.
Bologna 30 maggio 2024
Già docente di latino e greco nei Licei Rambaldi di Imola, Minghetti e Galvani di Bologna, docente a contratto nelle università di Bologna, Bolzano-Bressanone e Urbino. Collaboratore di vari quotidiani tra cui "la Repubblica" e "il Fatto quotidiano", autore di traduzioni e commenti di classici (Edipo re, Antigone di Sofocle; Medea, Baccanti di Euripide; Omero, Storiografi greci, Satyricon) per diversi editori (Loffredo, Cappelli, Canova)
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