Il dicembre del ’78 fu il primo di una serie di mesi belli assai, non meno belli di come erano stati i tre vissuti con le tre finniche. Un periodo che durò fino al 21 luglio del 1979 quando ripresi la strada di Debrecen per mettere alla prova la serietà del nostro amore ponendo me stesso e lasciando lei esposti alle tentazioni amorose. Ifigenia era andata in vacanza nella babilonica riviera romagnola, io ero tornato nel luogo dei miei ricordi amorosi più belli. La prova non sarà superata dalla nostra relazione: a Debrecen aspettavo ogni giorno la posta che lei mi aveva promesso e non mi mandò mai. Sicché, tornato in Italia, non mi fidavo più di Ifigenia e il desiderio del corpo di lei era contaminato dal rancore.
Racconterò questo a suo tempo. Prima di quella caduta vivemmo diversi mesi felici nei quali fruimmo di un piacere sessuale festoso e gioioso. Ma quando il piacere, la festa e la gioia avrebbero dovuto evolversi in felicità fiduciosa questa trovò ostacoli insuperabili nei nostri caratteri e nelle nostre esperienze passate. Non eravamo abbastanza buoni e intelligenti per quella felicità, una gioia che è solo di breve intervallo inferiore a quella divina.
Nei mesi del grande piacere, i migliori furono quelli invernali marzo compreso, quasi ogni giorno sulla metà del pomeriggio celebravamo il rito festoso. Ifigenia mi telefonava, io andavo a prenderla in una strada non visibile dalle finestre di casa sua e la portavo a casa mia dove si faceva l’amore almeno tre volte: dicevamo che era appena la sufficienza e in genere, dato che eravamo entrambi erotici e ambivamo all’atletismo sessuale, si seguitava a oltranza. Quindi ci si congratulava a vicenda per la potenza amorosa fisica e pure mentale manifestata nel grande letto.
Poi scendevamo dal podio dove ci eravamo premiati a vicenda e parlavamo di scuola, di cinema, di teatro, dei nostri allievi, dei parenti, dei colleghi, commiserandoli in genere, delle ultime letture fatte cercandovi sempre analogie o differenze con i nostri vissuti. Ci piaceva paragonarci ai grandi amatori, ai giovani e belli di successo. Alcibiade era il personaggio ricordato più spesso. Insomma avevamo parecchi interessi comuni e argomenti di conversazione significativi per entrambi. Ifigenia faceva commenti appropriati e osservazioni acute. Spesso prendeva spunto da quanto sentiva dire da me. Io, che cercavo di insegnarle il meglio di quanto sapevo la guardavo come una mia discepola. A dirla tutta, la vivevo anche come una figlia. Lei mi osservava con totale fiducia e ammirazione che contraccambiavo: imparava alla perfezione quanto le insegnavo. Finalmente avevo trovato uno scopo preciso e nobile: aiutare a crescere una creatura che mi somigliava e poteva succedermi su questa terra. Avevo la possibilità di favorirne la crescita, di farle acquistare fiducia in se stessa, potenza, felicità.
Lei d’altra parte con la sua curiosità, volontà di imparare, con l’ascolto che mi donava , mi stimolava a leggere, a pensare, a ricordare. Con l’attenzione che rivolgeva al mio aspetto mi motivava a fare sport, a mangiare soltanto il necessario e solo quando avevo fame, insomma a rispettare il mio corpo.
Tutto sommato eravamo felici.
Pesaro 16 settembre 20234ore 10, 40 giovanni ghiselli
p. s.
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