domenica 8 settembre 2024

Il clima morale agli inizi degli anni ottanta. Il banchiere impiccato. La lezione su Teocrito.


 

Nei primi giorni di giugno studiavo e pensavo a Ifigenia.

Aveva recitato con forza e fierezza, almeno così mi sembrava, era

apparsa splendidissima in quel costume da bagno; dopo la recita si

era anche rappattumata con me, però non mi amava.

"Perché do  importanza a un amore tanto malato da essere inoperabile?", mi

domandavo, e non trovavo risposta. Oggi, passati non pochi anni ricchi di casi1 rispondo.

Negli anni Ottanta non stava scomparendo la  vita politica e sociale del decennio precedente.

Il capitalismo gestito dagli

strozzini si adoperava per annientarla. L'anima buona, lieta, pia di tante persone

veniva annichilita dall'egoismo tetro degli affaristi.

Le stragi, la pubblicità, la miseria mentale e morale diffusa nella

nazione stavano distruggendo i santi valori classici, umanistici, umani della

lealtà, dell'amicizia, della fratellanza tra gli uomini, dell'amore

pulito che, intendiamoci bene, non esclude il rapporto sessuale,

bensì l'uso dell'amante quale strumento. La solidarietà tra gli umani

veniva resa

impraticabile dal clima di strumentalizzazione e inquinamento

generale. Qualche anno più tardi sarebbe scoppiata la cosiddetta

peste del secolo, l'AIDS, forse reale, certamente montata per

avvelenare anche l'estremo rifugio. Poi il covid, il riscaldamento globale, gli armamenti e una serie di altri spettri fatti girare  per accrescere la paura, la diffidenza, l’inimicizia tra gli umani: l’homo sempre più lupus homini.

In quei giorni un banchiere fu trovato impiccato. Era un segno. Il

capitalismo sfrenato, dopo avere strangolato i sentimenti e i

pensieri umani, avrebbe strozzato se stesso con le proprie

mani. La forza dell’umanità ha sempre  reagito

a chi ha tentato di negare la sua parentela con Dio.

 

Del resto studiavo per fare lezione a Ifigenia. Lavoravo sui

poeti dell'Ellenismo onde raccogliere idee utili alla sua prova successiva.

 Leggevo i testi degli autori

1

Cfr. Tacito, Historiae, I, 2.


 

 

 

ellenistici più significativi: Callimaco, Apollonio Rodio, Teocrito. Schedavo

la critica relativa, componevo delle piccole tesi, e le imparavo per

recitarle a lei che prendeva appunti. Faticavo molto, poiché c'era

un caldo appiccicoso, soffrivo il raffreddore da fieno, e poco

diletto traevo da  quella poesia di seconda mano. Oltretutto

l'allieva non dava alcun segno di gratitudine. Arrivava stanca e

svogliata, se ne andava stremata, nauseata, come se ogni cosa le

fosse dovuta, e molto di più; anzi come se fosse lei a farmi un

piacere ascoltandomi.

A mia volta provavo disgusto davanti a tale atteggiamento

parassitario, tipico dei giovani più sdilinquiti e servili di quella

generazione condizionata per stimulos a divenire opportunista e

arrogante; eppure continuavo a sgobbare, poiché pensavo di

doverlo a chi mi aveva aiutato  salvandomi dallo sconforto

quando, tre anni scolastici prima, la canaglia del liceo, una minoranza rumorosa,  con latrati e

morsi, aveva palesato ostilità nei confronti di un lavoro apprezzato

dall'utenza, siccome fatto con strenuo impegno, con sacrifici

enormi e, magari, con qualche capacità.

Se con la splendidissima

Supplente nuova arrivata non avessi avuto ben più di quanto quel bestiame2

 

invidioso mi aveva tolto, avrei dubitato perfino della giustizia

divina. Ebbene, nel giugno del 1981 mi sentivo in dovere di

contraccambiare la ragazza che mi aveva aiutato in una fase difficile della mia vita.

D'altra parte Ifigenia, mentre non manifestava alcuna riconoscenza

per le mie fatiche sudate assai, con i 33 gradi diurni , i 29 notturni,

e un'umidità che incollava tutto addosso, ogni tanto mi dava

qualche soddisfazione dicendo di apprezzarmi come traduttore

dell'Antigone,  e pure come scrittore in proprio: al punto che un

giorno mi chiese se le preparavo un monologo per la prossima

prova di recitazione. E, dopo tutto, talora riuscivo a ricavare

qualche cosa per me pure dai poeti ellenistici, poveri di contenuti e

2

Cfr. A. Schopenhauer, Parerga e paralipomena, trad. it. Adelphi, Milano, 1981,

p.178, Tomo I. "Si dovrebbe allora dare peso alla opinione di tali

boskhvmata

,

in

terram prona et ventri oboedientia? ", bestiame volto verso terra e obbediente al

ventre.


 

 

 

di sentimenti. Bravi però a padroneggiare la lingua. Insomma da

loro compresi la necessità della cura formale, e quella di utilizzare

il meglio della tradizione, soprattutto nel raccontare una vicenda

d'amore che poteva essere rappresentativa di un'epoca sì, ma

rischiava comunque di restare una storiella rosa se non trovava

un'espressione nobile, ricca dei succhi della cultura europea.

Il sette giugno è l'ultimo giorno nel quale scrissi qualche riga di

appunti prima della catastrofe conclusiva. Era domenica. Ero

stanco. Terminava il giro d'Italia, vinto da Giovanni Battaglin di

Marostica. Ricordai Carmignano di Brenta, la gara mancata con il futuro

Campione . Rimpiangevo il vigore e le illusioni dei venticinque

anni. Sentivo un vuoto interno dove temevo di inabissarmi.

Dovevo incoraggiarmi dicendomi che presto di lì sarebbero venuti

fuori valori più forti di quell'amore che stava cadendo. Finita la

trasmissione sull'ultima tappa, telefonai a Ifigenia.

"Cosa pensi che potremo fare in futuro noi due?", le chiesi.

"Riguardo al futuro remoto, non so cosa dirti-rispose-; ora io

penso a preparare il prossimo esame . Dopo

vedremo. Cosa ci prepara il destino, non possiamo saperlo. Questa

sera intanto vengo da te per farmi spiegare Teocrito."

"Ho capito. Ti aspetto alle otto", conclusi. Voleva sfruttarmi. Le

feci una lezione lunga ma bolsa. Il poeta bucolico è fuori dalla storia, dalla politica e dalla realtà come i suoi pastori. Dovevo evitare di scrivere in maniera apolitica.

La mia lezione fu fiacca, ma Ifigenia la

trovò ben fatta e utile molto. A me in ogni caso non era piaciuta, e

questo aumentò il mio nervosismo, incupì il senso di frustrazione

dovuto al fatto che volevo una ragazza renitente al mio amore,

un'allieva che non mi riconosceva più come maestro, nonostante

prendesse appunti quando parlavo di letteratura e trovasse preziose

per l'esame imminente le mie laboriose lezioni. Ma per la vita

aspirava a ben altro maestro: a un attore, a un regista, a un

produttore ricco e famoso. E io per vincere il sentimento di essere

identico al nulla, siccome, nonostante tutto, amavo quella ragazza,

dovevo procurarmi fama e successo maggiori di quelli degli

uomini che ella agognava, come fa con il cibo un cane affamato

 


 

 

 

e non trova pace finché non lo morde . L'unica strada a me pervia

per arrivare a recuperarla, era scrivere, ma, per cominciare,

dovevo districarmi dall'imbrigliamento penoso in cui mi trovavo.

Ora so che in quei giorni lontani

mi stavo adoperando,

incosciamente

ma

energicamente, per provocare la grande

catastrofe redimibile solo con un lavoro grande e meraviglioso.

Mancava meno di una settimana.

Dopo la lezione moscia dunque, le domandai che cosa volesse

fare.

"Andiamo al luna park", propose.

"Va bene", acconsentìi, ma controvoglia: temevo che avrebbe

bambineggiato insopportabilmente. Infatti pargoleggiò senza

misura e scatenò la mia insofferenza.

 

Pesaro 8 settembre 2024 ore 9, 42 giovanni ghiselli

p. s.

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