Argomenti
Il ritorno a Bologna. Il laccio tagliato. Il giro ciclistico a Monghidoro. La preghiera. Le riflessioni sulla spiaggia. La telefonata
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"Ma sì, torno a Bologna-pensai-, dove almeno per due giorni non |
devo vedere nessuno. Sabato e Domenica posso rimanere steso nel |
grande letto e accarezzare i ricordi delle libidini antiche e non ancora tormentose né ignobili. No, |
meglio di no. Sarebbe una posa, nemmeno priva di pericoli; questa |
notte dormo, se ci riesco, e domani mattina andrò a sfogare |
l'angoscia con la bicicletta su una grande salita". |
Appena arrivato, entrai in cucina, e, con un coltello ben affilato |
tagliai il laccio di cuoio, simbolo della nostra unione, del patto di |
fedeltà, del vincolo amoroso che Ifigenia mi aveva legato |
intorno al collo, esattamente due anni prima, all'inizio dell'estate |
del 1979, facendomi promettere che non l'avrei sciolto mai. |
L'avevo giurato. |
Da chiaro, pulito, leggero, era diventato scuro, sporco, pesante per |
gli umori cattivi della mia pelle, per il contagio del mare e dell'aria |
che diventavano sempre più sporchi. Lurido era, come il nostro |
rapporto che poco prima aveva avuto il suo esito predestinato, |
ossia naturale e presofferto fin da quando la ganza già |
impegnata con me dava il suo indirizzo a chi la fermava per |
strada. |
Perciò il dolore mio, pur immenso, non era insopportabile, né |
immedicabile, e nemmeno per un momento pensai di |
ammazzarmi. Era avvenuto soltanto il necessario e il naturale. Come sempre |
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Potevo essere più buono e generoso, ma non più acuto e |
chiaroveggente. Non avevo voluto né avrei potuto cambiare |
Ifigenia: era predestinata dal suo carattere a finire così. C'è una |
logica ferrea nelle cose, c'è una giustizia che si impara a conoscere |
con gli anni rivelatori. C'è un'armonia invisibile più forte della |
disarmonia apparente12. Sono fiero e felice di avere imparato a |
vederla; scrivo anche per aiutare chi mi legge a interpretare bene i |
geroglifici, la sacra scrittura del Fato che poi è la Mente |
dell'universo. |
Nel mio caso, infinitesimale ma tipico, quando i fatti mi si |
volgono contro e spunta l'angoscia, capisco che c'è una causa, che |
questa è un difetto, un errore mio; allora ci penso, trovo lo |
sbaglio, lo correggo, lo espìo: ossia lo capisco e me ne libero; solo |
quando ho compiuto questi atti, intellettuali e morali, mi sento |
bene, e i fatti mi diventano amici. O piuttosto sono io che |
simpatizzo con la ragione e la realtà delle cose e procedo dalla |
parte voluta da Dio cui obbedisco sentendomi libero. |
Ad temporum ordinem redeo13.
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Dopo avere tagliato il laccio, accesi il televisore. Per Alfredo non |
c'erano più speranze. |
"Muore- pensai-come il nostro rapporto precipitato nel vuoto", poi andai a letto. |
Erano circa le tre. Non potevo dormire. Ogni tanto mi alzavo, |
accendevo il televisore, vedevo che non c'era nulla di nuovo, lo |
spegnevo e tornavo a letto. Il bambino moriva proprio. |
Alle sei rinunciai e mi vestii da ciclista. Pensai che da ragazzo |
sognavo di afferrare la gloria con la bicicletta. Prima di uscire, |
diedi un'ultima occhiata alla televisione: Alfredo non dava più |
segni di vita, ma lo spettacolo offerto dalla morte sua continuava per chi voleva vederlo fino in fondo. |
Scesi nel garage a prendere la bicicletta da corsa: Desdemona o |
no, non dovevo smettere di fare lo sport. Cominciai a pedalare in |
direzione del Monte delle Formiche. Questo però mi ricordava |
troppo il tempo passato con lei. Non volevo sdilinquirmi con i |
rimpianti. Sicché cambiai strada: dalla valle di Zena passai sulla |
Futa e procedetti fino a Monghidoro. Mi fermai davanti alla chiesa del paese
Note |
12 |
Cfr. Eraclito:" |
aJrmonivh ajfanh;" fanerh'" kreivsswn |
", l'armonia invisibile è |
più forte della visibile.
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13 |
Torno alla sequenza cronologica. |
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e pregai per la mia disgraziata creatura: che tutto le andasse come |
desiderava e fosse felice. Per me auspicai che il dolore non mi |
togliesse il senno e la volontà di vivere con forza, ma li facesse |
crescere attraverso la comprensione. Poi tornai a Bologna. C'era |
un'afa opprimente. Verso le due del pomeriggio partii per Pesaro. |
Volevo trarre refrigerio e conforto dalla vista del mare che rimane |
sempre una grande risorsa per quanti sono cresciuti respirandone |
gli aliti salsi . |
Arrivai alle quattro e mezzo. Andai sulla spiaggia con il diario. |
Annotai le impressioni delle ultime terribili ore. Mi sarebbero |
servite per il romanzo. |
Verso le sei e mezzo tornai a casa. Trascrissi alcune frasi di Proust |
in un foglio che volevo imparare per i miei prossimi studenti. Non dovevo |
smettere di studiare per fare buone lezioni. Riassumevo Dalla |
parte di Swann che avevo sottolineato nel giugno di due anni |
prima, quando ero a Pesaro. In quel tempo Ifigenia mi mancava fino alla |
sofferenza. Non sapevo nemmeno dove fosse finita. Mi vennero in mente le |
analogie che, nei momenti più cupi, avevo trovato tra la mia |
compagna e Odette de Crecy, l'astuta e volgare cocotte divenuta |
prima l'amante poi la croce, infine la moglie del raffinato signore |
ebreo. A me era andata bene così. Come il Tiresia di Eliot, avevo |
presofferto14
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tutto. E quanto avevo patito dal 1979 in avanti, |
vivendo il rapporto senza illusioni vane, era già scontato dal |
dolore dello schianto finale che perciò non poteva annientarmi. |
Alle otto telefonò Ifigenia. Disse che al Grand Hotel quel |
giorno aveva sentito parlare alcune persone ben preparate sul |
teatro e sul cinema, cosa che le aveva fatto apprezzare più che mai |
la mia serietà nello studiare. Il pennivendolo Tortorella ci aveva |
provato anche lui, ma invano: era brutto, cretino e ignorante, disse. |
"Difendi la tua cultura-mi incoraggiò-, conservala, anzi accrescila |
sempre: è un capitale!" |
"Su questo non c'è dubbio- risposi-, ma tu che farai?" |
I miei dubbi infatti riguardavano le intenzioni di lei: dal momento |
che mi aveva cercato, qualche cosa voleva. Non disse che cosa. |
Probabilmente che io continuassi a studiare per il suo prossimo esame di |
recitazione. |
14 |
Cfr. Eliot, La Terra desolata, v. 243. |
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"Rimango a Riccione-rispose-. Voglio conoscere altra gente. |
Voglio trovare lavoro nel teatro. Qui possono esserci buone |
occasioni per me. E' meglio se non ci vediamo per qualche tempo, molto |
meglio anche per te". |
"Va bene, come vuoi", feci, e la salutai. Pensavo che non l'avrei |
vista per chissà quanto tempo.
Pesaro 9 settembre 2024 ore 8, 54 giovanni ghiselli p. s. statistiche del blog Sempre1618075 Oggi71 Ieri243 Questo mese2773 Il mese scorso10909
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