Nella piscina di Debrecen
Quella sera di agosto, mentre
il volto santo del sole spariva tra le nuvole e gli alberi della piscina, lo
pregai con queste parole:” immagine luminosa di Dio, tu che mi hai sempre
aiutato perché non so e non voglio giocare con il cuore degli uomini, aiutami
ancora! Fai che il tuo devoto possa amare Ifigenia con forza, chiarezza e
semplicità. Fai che le nostre anime congiunte possano elevarsi al mondo della
cultura, dell’educazione e dell’arte, illuminate dalla tua luce calda e spirituale.
Fai che noi due, così coniugati e concordi, giungiamo a formare una potenza
benefica anche per il prossimo nostro”.
Venerdì tre agosto tornai in
piscina con Giulia e con Alfredo del quale in questi giorni del marzo 2018
piango la morte. La ragazza ci aveva chiesto se volevamo andare a prendere il
sole con lei.
“Il sole mi va sempre”
risposi. E Alfredo: “sì pure io amo il sole, però mai quanto te”
Quella donna attirava assai l’amico
che la corteggiava non senza qualche successo.
Giulia era forse tra le
ragazze più amene a vedersi di quel corso estivo, ma non era bella né
interessante per me quanto Ifigenia
nell’estate del 1979. Il grande entusiasmo del telegramma del giorno prima non
si era ancora afflosciato. La giovane donna diceva di provare qualche interesse
per la letteratura e io introdussi la chiacchierata che speravo corposa dicendo:
“ et tu litteras scis et ego, et Alfredus noster non minus doctus est”.
In quei giorni leggevo la Ricerca
di Proust con diletto sempre maggiore: ne giravo le pagine con mano diurna e,
talora, anche notturna. Raccontava con pathos certi episodi che avevano toccato
la mia sfera emotiva suscitando sentimenti e pensieri, insegnandomi modi di
dire, sicché sapevo parlarne con una certa efficacia persuasiva. Volevo mettere
a suo agio quella ragazza, farle pensare che la nostra compagnia era la
migliore possibile. Mi accorsi presto però che Giulia non sapeva ascoltare.
Questo è un brutto difetto, tipico delle età di egoismo, di sospetto tra gli
esseri umani e di solitudine.
“Ecco, il loro orecchio non è
circonciso: sono incapaci di prestare attenzione”[1]
Le stragi avviate nel dicembre
del 1969 proprio per creare un clima di
terrore di odio, stavano compiendo la
loro funzione orrenda. Pochi anni dopo non ce ne sarebbe più stato bisogno. Il
genocidio morale e culturale, se non già compiuto, era oramai metodicamente
impostato su quella via criminale. Gli uomini hanno disimparato l’attenzione e
l’ascolto della voce umana ricca di logos e di pathos. Odono più volentieri il
ringhio metallico delle macchine, le menzogne della pubblicità, la chiacchiera
insignificante, e il boato infernale delle bombe omicide gli uomini di questa
età.
Età iniqua e guasta che non soltanto la
generazione di Edipo il parricida che seminò il solco dal quale era venuto alla luce
lui stesso, poi si acciecò con le proprie mani sanguinarie e incestuose potrà
condannare, ma anche la seguente di Eteocle e Polinice, fratelli fratricidi
reciproci, tuttavia compianti e onorati dalla pietà sororale di Antigone, e
pure la tragica razza dei figli e nipoti dell’assassino Pelope: Tieste avido e osceno, suo fratello Atreo, despota furibondo che gli
fece ingozzare le carni dei figli suoi, poi la seguente generazione di
Agamennone che alla propria ambizione sacrificò la figlia Ifigenia, oscenamente
casta, quindi costui cadde sotto il coltello vendicatore di Clitennestra, la
bipede leonessa ammazzata infine dai suoi stessi figlioli, Elettra e Oreste,
autorizzati dal dio.
Tutti costoro nel giudizio
finale potranno condannare la canaglia ottusa di questa età, incapace di
qualsiasi grandezza tanto nel bene quanto nel male.
La ragazza dunque non sapeva
ascoltare: l’unica cosa che la interessava
era esibirsi e farsi corteggiare. Con una siffatta non era possibile alcuno scambio
di idèe né di sentimenti: né logos né pathos c’era in quella carne pur fatta
non male.
Quindi notai che le sue
occhiate erano non molto più espressive di quelle di un cercopiteco, che i suoi
movimenti erano macchinali, meccanici privi di significato e di luce, che le
sue parole erano senza bellezza né ordine. Sicché pensai che stavo perdendo il
mio tempo e me ne andai.
giovanni ghiselli
p.s. Queste sono le visite di
oggi, 28 marzo 2019 ore 17, 45
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