la scuola "Ugo Foscolo" di Carmignano di Brenta |
PER VISUALIZZARE IL GRECO SCARICA IL FONT HELLENIKA QUI E GREEK QUI
L’approccio comparativo alle letterature antiche. Parte 6
Percorso della conferenza che tenuta il 26 gennaio 2019 per la Valent Academy centro studi internazionali di Milano con la partecipazione di studenti e professori del liceo Manzoni
L’approccio comparativo alle letterature antiche
Introduzione alla metodologia dell’insegnamento delle lingue e letterature greca e latina con taglio europeo e topologico
Come si devono insegnare le lingue
Io
credo che le lingue si debbano insegnare attraverso gli autori, partendo da
quelli bravi, perspicui, che scrivono con chiarezza, forza e bellezza. La
bellezza tocca la sfera emotiva che riceve una scossa e dà un forte impulso
alla memoria. Questa viene ulteriormente potenziata dai nessi che l’insegnante
deve sapere cogliere tra i testi e indicarli agli studenti.
Posso
fare degli esempi di testi belli, chiari e funzionali all’apprendimento del
greco e del latino: il Nuovo Testamento
nelle due lingue, o, per stare nei classici, le Troiane di Euripide o l’Edipo
re di Sofocle per i Greci, i carmi del Liber di Catullo o l’Eneide
di Virgilio tra i latini. Per quanto riguarda la prosa, indicherei le orazioni
di Lisia, o di Isocrate, o Giuliano Augusto per i Greci; Sallustio, o Seneca,
o, perché no, Petronio per i latini[1]. Poi
si passerà agli scrittori più “difficili” come Tucidide e Tacito.
La
conoscenza della storia e, quindi, del contesto storico dei brani, non saranno
meno necessaria di quelle della morfologia, del lessico, della sintassi.
Una
grammatica di base è necessaria, per carità, ma non deve essere il punto
d’arrivo, bensì solo il primo gradino.
Il
fatto è che talora i tecnicismi sono stati impiegati esclusivamente,
maniacalmente, da insegnanti di scarse letture o spiritualmente distorti.
Costoro
hanno usato le cosiddette regole della lingua latina (tratte da alcuni scritti
di Cicerone) in maniera mortificante, come "una misura di polizia per
rintuzzare le intelligenze"[2].
La
lingua greca poi veniva regolamentata il più delle volte in maniera arbitraria
o parziale, oppure (o pure) sbagliata.
Riporto
un messaggio mandatomi da una mia allieva, un'alunna di trent'anni fa:
"Ciao, ho letto il tuo pezzo sul lavoro (...) e la perdita del lavoro
(...) e di Odisseo che viaggia viaggia, ma brama il ritorno a Itaca, approdo
desiderato e sicuro. Dopo tanti discorsi sul lavoro un po' rituali e un po'
troppo ascoltati, un'immagine chiara (...) del desiderio di movimento, di
attività, di pensiero, di sogno (…) ma alla fine di approdo sicuro.
Cati
(ex
IV F ginnasio del Liceo Minghetti che spesso ricorda le tue lezioni e la
montagna di libri che ci facevi leggere in un'età dove di solito si leggono
solo manualetti di grammatica e letteratura)"
Ne
ho avuti diversi di questo tenore da allievi delle tante scuole di vari ordini
dove ho insegnato.
Alcuni
altri ovviamente non mi hanno capito né seguito, ma questi non mi hanno nemmeno
scritto, altrimenti riporterei anche le loro testimonianze, come ho fatto a
proposito di presidi e colleghi malevoli.
Di
nuovo Pascoli: "I più volenterosi si svogliano, si annoiano,
s'intorpidiscono (…) e i grandi scrittori non hanno ancora mostrato al giovane
stanco pur un lampo del loro divino sorriso"[3].
"Lo
studio del greco e del latino si caratterizza soprattutto come uno studio linguistico
di impronta grammaticale chiuso in se stesso e funzionale solo in minima parte
alla lettura dei testi. In queste condizioni la realtà difficilmente può
ripagare gli studenti degli sforzi fatti"[4].
Ho
insegnato per cinque anni nella scuola media Ugo Foscolo di Carmignano di
Brenta, per un anno nel professionale femminile Rubbiani di Mezzolara, per due
anni nel liceo Rambaldi di Imola (uno al biennio uno al triennio) e per cinque
al Minghetti di Bologna (due nel biennio, tre nel triennio), poi per 28 anni al
Galvani di Bologna: dall'82 al 91 nel ginnasio; dal 92 al 2010 nel liceo. Dal
2000 ho avuto il semiesonero dopo avere vinto un concorso.
Nei
successivi dieci anni (2000 - 2010) ho insegnato didattica della letteratura
greca, a contratto, nella SSIS dell’ateneo bolognese. Un anno ho tenuto un
corso anche nell’Università di Bressanone (gennaio febbraio 2007, Laboratorio
di didattica della cultura e civiltà letteraria italiana I (16 ore) nella
Facoltà di Scienza della formazione).
Un
anno (2012) nel TFA dell’Università di Urbino, sul filone umanistico del
curriculum.
Traggo
queste considerazioni dalla metodologia che ho elaborato in tutto questo tempo,
leggendo, imparando e insegnando. Insomma ho utilizzato "una lunga
esperienza delle cose moderne et una continua lezione delle antique"[5].
Ebbene,
già insegnando alle medie, poi al professionale, quindi al ginnasio, avvicinavo
i ragazzini ai testi belli. Per quanto riguarda il greco, un anno di pura
morfologia bastava. E d'altra parte, mentre trattavo questa, davo grande spazio
allo studio e all'apprendimento del lessico. Con il senno di adesso aggiungo
che si dovrebbe potenziare ulteriormente lo studio del lessico: partendo da un
testo non difficile indicare i vocaboli greci imparentati etimologicamente e
dalla somiglianza riconoscibile con parole italiane, o latine, o inglesi, o
tedesche.
Nel
secondo anno potevo già guidare gli studenti a riconoscere le regole della
grammatica oppure a notarne le varianti in testi come l'Edipo re. o le Troiane,
l'Eneide, o il Vangelo. I giovani capivano e sentivano presto la
maggiore bellezza piacevolezza e utilità di questo studio rispetto a quello
manualistico.
Gli
allievi portati per le lingue classiche, con questo metodo, studiavano
volentieri, quelli refrattari lavoravano meno malvolentieri che se mi fossi
fermato ai tecnicismi delle due lingue.
Anche il nostro aspetto influisce
sull’attenzione dei ragazzi
Il
maestro caratterizzato dalla ajmorfiva desta una
diffidenza o addirittura una ripugnanza istintiva, quasi fisica nel giovane
discepolo. Fidippide, il figlio di Strepsiade, rifiuta i cattivi maestri della
scuola di Socrate anche per come male si presentano: "aijboi',
ponhroiv g j oi\da. tou;"
ajlazovna" - tou;" wjcriw'nta" tou;" ajnupodhvtou"
levgei""
(Nuvole, vv. 102 - 103), puah!, quei
furfanti, ho capito. Tu dici quei ciarlatani, quelle facce pallide, gli scalzi[6].
Il
giovane Törless di Musil. Hanno Buddenbrook e Tonio Kröger di T. Mann
Il
significato dei nostri studi deve restare impresso persino nell'aspetto di noi
insegnanti se non vogliamo essere rifiutati, quindi rimanere inascoltati e
disprezzati dagli studenti. A tale proposito sentiamo Musil il cui Törless
spinto “da una curiosità un po’ diffidente” va a trovare il giovane professore
di matematica. Il suo “scopo principale non era tanto di ottenere chiarimenti -
segretamente già ne dubitava - quanto di poter gettare uno sguardo, per così
dire, al di là del maestro e del suo quotidiano concubinato con la matematica
(…) Senza volerlo Törless si senti ancora più ributtato dalle proprie
osservazioni; non riusciva più a sperare che quell'uomo fosse davvero in
possesso di una conoscenza significativa, giacché non se ne vedeva traccia
nella sua persona né nel suo ambiente. Ben diversa si era figurata la stanza di
un matematico, in qualche modo espressiva dei pensieri terribili che vi
prendevano forma. Il triviale lo offendeva: lo estese alla matematica e il suo
rispetto cedette il posto a una diffidenza riluttante[7]".
Sentiamo
anche le impressioni del piccolo Hanno Buddenbrook di T. Mann: "i maestri
supplenti o tirocinanti che lo istruivano in quelle prime classi, dei quali
sentiva l'inferiorità sociale, la depressione spirituale e la poca cura
dell'esteriorità fisica, gli ispiravano, oltre il timore della punizione, un
segreto disprezzo"[8].
Tonio
Kröger si sentiva diverso dai bravi scolari e di solida mediocrità, (Die guten Schuler und die von solider Mittelmabigkeit), quelli che non
trovano ridicoli gli insegnanti (Sie
finden die Lehrer nicht komisch)[9].
Voglio
dire che il greco e il latino vanno collegati non solo alla successiva
letteratura europea ma anche alla vita, alla vita in generale, a quella dei
nostri studenti e alla nostra.
Dice
bene Marziale in uno dei suoi epigrammi: "Non hic Centauros, non Gorgonas Harpyasque/invenies: hominem pagina
nostra sapit" (X, 4, 9 - 10), non qui troverai Centauri, Gorgoni e
Arpie: la nostra pagina sa di uomo.
Anche
noi docenti dobbiamo sapere di umanità e avere cura del nostro stile e pure del
nostro aspetto.
Torno
al tradurre e concludo.
Credo
che tradurre gli ottimi auctores, i
nostri accrescitori, sia un modo, un modo ottimo per incrementare la capacità
linguistica, la facoltà estetica di intendere il bello, e pure il senso etico.
Il bello e il bene infatti sono congiunti nella kalokajgaqiva.
Bisogna
insegnare il significato di molti vocaboli partendo dagli autori.
Un
buon metodo mi sembra questo: si prende un autore greco non difficile, si
traducono alcune frasi, poi si mostrano le ricadute dei vocaboli nel latino,
nell’italiano, e magari nell’inglese e nel tedesco del maggior numero possibile
di parole.
Pochi
esempi
ejsqivw - ejdomai - edo - to eat,
essen, mangiare.
meidivaw, to smile,
sorridere.
hjduv~, suavis, sweet,
süss, dolce.
Quvra,
foris, die Tür, porta.
Nell’insegnare
le parole bisogna dare la precedenza a quelle dal significato più vasto e dalle
occorrenze più frequenti.
Per
Le comparazioni etimologiche tra il latino il greco e l’inglese consiglio:
A Concise Etymological Dictionary Of The English
Language. By The Rev. Walter W. Skeat New And Corrected Impression (1984). First impression 1882. Oxford At The
Claredon Press
Bibliografia
M.
Bettini, Con i libri, Einaudi, Torino, 1998.
M.
Bettini, Le orecchie di Hermes, Einaudi, Torino, 2000
Pietro
Citati, Leopardi, Mondatori, Milano, 2010
T.
De Mauro, La scuola italiana in sette punti in Italia, Italie. Lezioni sulla
storia
dell’Italia
unita,
p. 125. Edizioni Polistampa, Regione Toscana, 2013
F.
Dostoevskij, I fratelli Karamazov, trad. it. Bietti, Milano, 1968.
T. S. Eliot, Opere, trad. it. Bompiani, Milano,
1986.
F.
Fellini, Fare un film, Einaudi, Torino, 1980.
F.
Fellini, Intervista sul cinema (a cura di G. Grazzini), Laterza, Bari,
1983.
A.
Giordano Rampioni, Manuale per l'insegnamento del latino nella scuola del
2000. Dalla didattica alla didassi, Patron, Bologna, 1999.
G.
W. F. Hegel, Fenomenologia Dello Spirito, trad. it. Rusconi, Milano,
1995.
H.
Hesse Il giuoco delle perle di vetro, trad. it. Mondadori, Milano, 1981.
H.
Hesse, Sotto la ruota, trad. it. Mondadori, Milano, 1997.
Hillman,
La forza del carattere, trad. it. Adelphi, Milano, 2007.
T.
Mann, La morte a Venezia, Tristano, Tonio Kroger, trad. it. Mondadori, Milano, 1970.
T. Mann, I Buddenbrook, trad. it. Mondadori,
Milano, 1975.
T. Mann, Doctor Faustus, trad. it. Mondadori, Milano,
1980.
S.
Mazzarino, Il pensiero storico classico, Laterza, Bari, 1974.
A.
Miller, Teatro, trad. it. Einaudi, Torino, 1959, p. 294
R.
Musil, L'uomo senza qualità, trad. it. Einaudi, Torino, 1972.
R.
Musil, I turbamenti del giovane Torless, trad. it. Einaudi, Torino,
1980.
F.
Nietzsche, Scelta di frammenti postumi 1887 - 1888, trad. it. Mondadori,
Milano, 1975.
F.
Nietzsche, Così parlo Zaratustra, trad. it. Adelphi, Milano, 1976.
F.
Nietzsche, La nascita della tragedia, trad. it. Adelphi, Milano, 1977.
F.
Nietzsche, Di là dal bene e dal male, Mursia, Milano, 1977.
F.
Nietzsche, Aurora, trad. it. Adelphi, Milano, 1978.
F.
Nietzsche, Umano troppo umano I, II, trad. it. Mondadori, Milano, 1978.
F.
Nietzsche, Considerazioni Inattuali, trad. it. Einaudi, Torino, 1981.
P.
P. Pasolini, Saggi sulla letteratura e sull’arte, I Meridiani,
Mondatori, Milano, 1999.
C.
Pavese, Il mestiere di vivere, Mondadori, Milano, 1968 32
M.
Proust, Il tempo ritrovato, trad. it. Einaudi, 1978.
A
Schopenhauer, Parerga e paralipomena, trad. it. Adelphi, Milano, 1983.
Scuola
di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina,
Firenze, 1978.
S.
Settis, Futuro del 'classico', Einaudi, Torino, 2004.
O.
Wilde, Il ritratto di Dorian Gray, trad. it. Rizzoli, Milano, 1975
Bologna,
23 febbraio 2019
giovanni
ghiselli g.ghiselli@tin.it
[1] Negli anni
Ottanta il mio utilizzo a scuola del Satyricon era considerata empia o
almeno eversiva da certi colleghi, poi un brano di questo capolavoro venne dato
da tradurre a un esame di maturità, e gli incauti detrattori dovettero tacere,
pur mugugnando.
[2] Sono parole dello studente Kolia
in I
fratelli Karamazov (parte
IV, cap, 10, p. 661). Questo romanzo e l'ultimo di Dostoevskij (1821 - 1881).
[3] G. Pascoli, Prose, vol. I,
Milano 1956 (2 ed.), p. 592. Da un rapporto al Ministro della Pubblica
Istruzione del 1893.
[4] R. Palmisciano, Per una
riformulazione del curriculum di letteratura greca e latina nel ginnasioe nei
licei, “AION” Phil. 2004, p. 254.
[5] N. Machiavelli, Il Principe
(del 1513), Dedica al Magnifico Lorenzo De' Medici.
[6] Ovidio suggerisce un
equilibrio fra la mundities e la robustezza data dagli esercizi del
Campo Marzio: Munditiae placeant, fuscentur corpora Campo; /sit bene
conveniens et sine labe toga (Ars I, 511 - 512), l'eleganza piaccia,
siano abbronzati i corpi al Campo Marzio; la toga stia bene e sia senza macchie
(vv. 511 - 512).
[7] R. Musil, I turbamenti del giovane Törless, (del 1906) pp. 110 - 111.
[8] T.
Mann, I Buddenbrook (del 1901),
p. 330.
[9] Tonio Kröger, p. 74.
Nessun commento:
Posta un commento