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lunedì 25 marzo 2019

L’approccio comparativo alle letterature antiche. Parte 7

la scuola "Ugo Foscolo" di Carmignano di Brenta
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L’approccio comparativo alle letterature antiche. Parte 6

Percorso della conferenza che tenuta il 26 gennaio 2019 per la Valent Academy centro studi internazionali di Milano con la partecipazione di studenti e professori del liceo Manzoni

L’approccio comparativo alle letterature antiche

Introduzione alla metodologia dell’insegnamento delle lingue e letterature greca e latina con taglio europeo e topologico

Come si devono insegnare le lingue
Io credo che le lingue si debbano insegnare attraverso gli autori, partendo da quelli bravi, perspicui, che scrivono con chiarezza, forza e bellezza. La bellezza tocca la sfera emotiva che riceve una scossa e dà un forte impulso alla memoria. Questa viene ulteriormente potenziata dai nessi che l’insegnante deve sapere cogliere tra i testi e indicarli agli studenti.
Posso fare degli esempi di testi belli, chiari e funzionali all’apprendimento del greco e del latino: il Nuovo Testamento nelle due lingue, o, per stare nei classici, le Troiane di Euripide o l’Edipo re di Sofocle per i Greci, i carmi del Liber di Catullo o l’Eneide di Virgilio tra i latini. Per quanto riguarda la prosa, indicherei le orazioni di Lisia, o di Isocrate, o Giuliano Augusto per i Greci; Sallustio, o Seneca, o, perché no, Petronio per i latini[1]. Poi si passerà agli scrittori più “difficili” come Tucidide e Tacito.
La conoscenza della storia e, quindi, del contesto storico dei brani, non saranno meno necessaria di quelle della morfologia, del lessico, della sintassi.

Una grammatica di base è necessaria, per carità, ma non deve essere il punto d’arrivo, bensì solo il primo gradino.
Il fatto è che talora i tecnicismi sono stati impiegati esclusivamente, maniacalmente, da insegnanti di scarse letture o spiritualmente distorti.
Costoro hanno usato le cosiddette regole della lingua latina (tratte da alcuni scritti di Cicerone) in maniera mortificante, come "una misura di polizia per rintuzzare le intelligenze"[2].
La lingua greca poi veniva regolamentata il più delle volte in maniera arbitraria o parziale, oppure (o pure) sbagliata.

Riporto un messaggio mandatomi da una mia allieva, un'alunna di trent'anni fa:
"Ciao, ho letto il tuo pezzo sul lavoro (...) e la perdita del lavoro (...) e di Odisseo che viaggia viaggia, ma brama il ritorno a Itaca, approdo desiderato e sicuro. Dopo tanti discorsi sul lavoro un po' rituali e un po' troppo ascoltati, un'immagine chiara (...) del desiderio di movimento, di attività, di pensiero, di sogno (…) ma alla fine di approdo sicuro.
Cati
(ex IV F ginnasio del Liceo Minghetti che spesso ricorda le tue lezioni e la montagna di libri che ci facevi leggere in un'età dove di solito si leggono solo manualetti di grammatica e letteratura)"

Ne ho avuti diversi di questo tenore da allievi delle tante scuole di vari ordini dove ho insegnato.
Alcuni altri ovviamente non mi hanno capito né seguito, ma questi non mi hanno nemmeno scritto, altrimenti riporterei anche le loro testimonianze, come ho fatto a proposito di presidi e colleghi malevoli.

Di nuovo Pascoli: "I più volenterosi si svogliano, si annoiano, s'intorpidiscono (…) e i grandi scrittori non hanno ancora mostrato al giovane stanco pur un lampo del loro divino sorriso"[3].
"Lo studio del greco e del latino si caratterizza soprattutto come uno studio linguistico di impronta grammaticale chiuso in se stesso e funzionale solo in minima parte alla lettura dei testi. In queste condizioni la realtà difficilmente può ripagare gli studenti degli sforzi fatti"[4].

Ho insegnato per cinque anni nella scuola media Ugo Foscolo di Carmignano di Brenta, per un anno nel professionale femminile Rubbiani di Mezzolara, per due anni nel liceo Rambaldi di Imola (uno al biennio uno al triennio) e per cinque al Minghetti di Bologna (due nel biennio, tre nel triennio), poi per 28 anni al Galvani di Bologna: dall'82 al 91 nel ginnasio; dal 92 al 2010 nel liceo. Dal 2000 ho avuto il semiesonero dopo avere vinto un concorso.
Nei successivi dieci anni (2000 - 2010) ho insegnato didattica della letteratura greca, a contratto, nella SSIS dell’ateneo bolognese. Un anno ho tenuto un corso anche nell’Università di Bressanone (gennaio febbraio 2007, Laboratorio di didattica della cultura e civiltà letteraria italiana I (16 ore) nella Facoltà di Scienza della formazione).
Un anno (2012) nel TFA dell’Università di Urbino, sul filone umanistico del curriculum.
Traggo queste considerazioni dalla metodologia che ho elaborato in tutto questo tempo, leggendo, imparando e insegnando. Insomma ho utilizzato "una lunga esperienza delle cose moderne et una continua lezione delle antique"[5].

Ebbene, già insegnando alle medie, poi al professionale, quindi al ginnasio, avvicinavo i ragazzini ai testi belli. Per quanto riguarda il greco, un anno di pura morfologia bastava. E d'altra parte, mentre trattavo questa, davo grande spazio allo studio e all'apprendimento del lessico. Con il senno di adesso aggiungo che si dovrebbe potenziare ulteriormente lo studio del lessico: partendo da un testo non difficile indicare i vocaboli greci imparentati etimologicamente e dalla somiglianza riconoscibile con parole italiane, o latine, o inglesi, o tedesche.
Nel secondo anno potevo già guidare gli studenti a riconoscere le regole della grammatica oppure a notarne le varianti in testi come l'Edipo re. o le Troiane, l'Eneide, o il Vangelo. I giovani capivano e sentivano presto la maggiore bellezza piacevolezza e utilità di questo studio rispetto a quello manualistico.
Gli allievi portati per le lingue classiche, con questo metodo, studiavano volentieri, quelli refrattari lavoravano meno malvolentieri che se mi fossi fermato ai tecnicismi delle due lingue.

Anche il nostro aspetto influisce sull’attenzione dei ragazzi
Il maestro caratterizzato dalla ajmorfiva desta una diffidenza o addirittura una ripugnanza istintiva, quasi fisica nel giovane discepolo. Fidippide, il figlio di Strepsiade, rifiuta i cattivi maestri della scuola di Socrate anche per come male si presentano: "aijboi', ponhroiv g  j oi\da. tou;" ajlazovna" - tou;" wjcriw'nta" tou;" ajnupodhvtou" levgei"" (Nuvole, vv. 102 - 103), puah!, quei furfanti, ho capito. Tu dici quei ciarlatani, quelle facce pallide, gli scalzi[6].

Il giovane Törless di Musil. Hanno Buddenbrook e Tonio Kröger di T. Mann

Il significato dei nostri studi deve restare impresso persino nell'aspetto di noi insegnanti se non vogliamo essere rifiutati, quindi rimanere inascoltati e disprezzati dagli studenti. A tale proposito sentiamo Musil il cui Törless spinto “da una curiosità un po’ diffidente” va a trovare il giovane professore di matematica. Il suo “scopo principale non era tanto di ottenere chiarimenti - segretamente già ne dubitava - quanto di poter gettare uno sguardo, per così dire, al di là del maestro e del suo quotidiano concubinato con la matematica (…) Senza volerlo Törless si senti ancora più ributtato dalle proprie osservazioni; non riusciva più a sperare che quell'uomo fosse davvero in possesso di una conoscenza significativa, giacché non se ne vedeva traccia nella sua persona né nel suo ambiente. Ben diversa si era figurata la stanza di un matematico, in qualche modo espressiva dei pensieri terribili che vi prendevano forma. Il triviale lo offendeva: lo estese alla matematica e il suo rispetto cedette il posto a una diffidenza riluttante[7]".
Sentiamo anche le impressioni del piccolo Hanno Buddenbrook di T. Mann: "i maestri supplenti o tirocinanti che lo istruivano in quelle prime classi, dei quali sentiva l'inferiorità sociale, la depressione spirituale e la poca cura dell'esteriorità fisica, gli ispiravano, oltre il timore della punizione, un segreto disprezzo"[8].
Tonio Kröger si sentiva diverso dai bravi scolari e di solida mediocrità, (Die guten Schuler und die von solider Mittelmabigkeit), quelli che non trovano ridicoli gli insegnanti (Sie finden die Lehrer nicht komisch)[9].
Voglio dire che il greco e il latino vanno collegati non solo alla successiva letteratura europea ma anche alla vita, alla vita in generale, a quella dei nostri studenti e alla nostra.
Dice bene Marziale in uno dei suoi epigrammi: "Non hic Centauros, non Gorgonas Harpyasque/invenies: hominem pagina nostra sapit" (X, 4, 9 - 10), non qui troverai Centauri, Gorgoni e Arpie: la nostra pagina sa di uomo.
Anche noi docenti dobbiamo sapere di umanità e avere cura del nostro stile e pure del nostro aspetto.

Torno al tradurre e concludo.
Credo che tradurre gli ottimi auctores, i nostri accrescitori, sia un modo, un modo ottimo per incrementare la capacità linguistica, la facoltà estetica di intendere il bello, e pure il senso etico. Il bello e il bene infatti sono congiunti nella kalokajgaqiva.
Bisogna insegnare il significato di molti vocaboli partendo dagli autori.
Un buon metodo mi sembra questo: si prende un autore greco non difficile, si traducono alcune frasi, poi si mostrano le ricadute dei vocaboli nel latino, nell’italiano, e magari nell’inglese e nel tedesco del maggior numero possibile di parole.
Pochi esempi
ejsqivw - ejdomai - edo - to eat, essen, mangiare.
meidivaw, to smile, sorridere.
hjduv~, suavis, sweet, süss, dolce.
Quvra, foris, die Tür, porta.
Nell’insegnare le parole bisogna dare la precedenza a quelle dal significato più vasto e dalle occorrenze più frequenti.

Per Le comparazioni etimologiche tra il latino il greco e l’inglese consiglio:
A Concise Etymological Dictionary Of The English Language. By The Rev. Walter W. Skeat New And Corrected Impression (1984). First impression 1882. Oxford At The Claredon Press

Bibliografia
M. Bettini, Con i libri, Einaudi, Torino, 1998.
M. Bettini, Le orecchie di Hermes, Einaudi, Torino, 2000
Pietro Citati, Leopardi, Mondatori, Milano, 2010
T. De Mauro, La scuola italiana in sette punti in Italia, Italie. Lezioni sulla storia
dell’Italia unita, p. 125. Edizioni Polistampa, Regione Toscana, 2013
F. Dostoevskij, I fratelli Karamazov, trad. it. Bietti, Milano, 1968.
T. S. Eliot, Opere, trad. it. Bompiani, Milano, 1986.
F. Fellini, Fare un film, Einaudi, Torino, 1980.
F. Fellini, Intervista sul cinema (a cura di G. Grazzini), Laterza, Bari, 1983.
A. Giordano Rampioni, Manuale per l'insegnamento del latino nella scuola del 2000. Dalla didattica alla didassi, Patron, Bologna, 1999.
G. W. F. Hegel, Fenomenologia Dello Spirito, trad. it. Rusconi, Milano, 1995.
H. Hesse Il giuoco delle perle di vetro, trad. it. Mondadori, Milano, 1981.
H. Hesse, Sotto la ruota, trad. it. Mondadori, Milano, 1997.
Hillman, La forza del carattere, trad. it. Adelphi, Milano, 2007.
T. Mann, La morte a Venezia, Tristano, Tonio Kroger, trad. it. Mondadori, Milano, 1970.
T. Mann, I Buddenbrook, trad. it. Mondadori, Milano, 1975.
T. Mann, Doctor Faustus, trad. it. Mondadori, Milano, 1980.
S. Mazzarino, Il pensiero storico classico, Laterza, Bari, 1974.
A. Miller, Teatro, trad. it. Einaudi, Torino, 1959, p. 294
R. Musil, L'uomo senza qualità, trad. it. Einaudi, Torino, 1972.
R. Musil, I turbamenti del giovane Torless, trad. it. Einaudi, Torino, 1980.
F. Nietzsche, Scelta di frammenti postumi 1887 - 1888, trad. it. Mondadori, Milano, 1975.
F. Nietzsche, Così parlo Zaratustra, trad. it. Adelphi, Milano, 1976.
F. Nietzsche, La nascita della tragedia, trad. it. Adelphi, Milano, 1977.
F. Nietzsche, Di là dal bene e dal male, Mursia, Milano, 1977.
F. Nietzsche, Aurora, trad. it. Adelphi, Milano, 1978.
F. Nietzsche, Umano troppo umano I, II, trad. it. Mondadori, Milano, 1978.
F. Nietzsche, Considerazioni Inattuali, trad. it. Einaudi, Torino, 1981.
P. P. Pasolini, Saggi sulla letteratura e sull’arte, I Meridiani, Mondatori, Milano, 1999.
C. Pavese, Il mestiere di vivere, Mondadori, Milano, 1968 32
M. Proust, Il tempo ritrovato, trad. it. Einaudi, 1978.
A Schopenhauer, Parerga e paralipomena, trad. it. Adelphi, Milano, 1983.
Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 1978.
S. Settis, Futuro del 'classico', Einaudi, Torino, 2004.
O. Wilde, Il ritratto di Dorian Gray, trad. it. Rizzoli, Milano, 1975

Bologna, 23 febbraio 2019
giovanni ghiselli g.ghiselli@tin.it


[1] Negli anni Ottanta il mio utilizzo a scuola del Satyricon era considerata empia o almeno eversiva da certi colleghi, poi un brano di questo capolavoro venne dato da tradurre a un esame di maturità, e gli incauti detrattori dovettero tacere, pur mugugnando.
[2] Sono parole dello studente Kolia in I fratelli Karamazov (parte IV, cap, 10, p. 661). Questo romanzo e l'ultimo di Dostoevskij (1821 - 1881).
[3] G. Pascoli, Prose, vol. I, Milano 1956 (2 ed.), p. 592. Da un rapporto al Ministro della Pubblica Istruzione del 1893.
[4] R. Palmisciano, Per una riformulazione del curriculum di letteratura greca e latina nel ginnasioe nei licei, “AION” Phil. 2004, p. 254.
[5] N. Machiavelli, Il Principe (del 1513), Dedica al Magnifico Lorenzo De' Medici.
[6] Ovidio suggerisce un equilibrio fra la mundities e la robustezza data dagli esercizi del Campo Marzio: Munditiae placeant, fuscentur corpora Campo; /sit bene conveniens et sine labe toga (Ars I, 511 - 512), l'eleganza piaccia, siano abbronzati i corpi al Campo Marzio; la toga stia bene e sia senza macchie (vv. 511 - 512).
[7] R. Musil, I turbamenti del giovane Törless, (del 1906) pp. 110 - 111.
[8] T. Mann, I Buddenbrook (del 1901), p. 330.
[9] Tonio Kröger, p. 74.

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