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Prendo spunto dall’Asino machiavellico per ricordare un’Operetta morale tra
le meno conosciute.
L’Asino di Machiavelli è menzionato, con quelli di Apuleio e di Firenzuola,
da Leopardi nella Proposta di premi fatta dall’accademia dei sillografi
la quale ha deciso di chiamare il nostro tempo “età delle macchine, non solo
perché gli uomini di oggi vivono forse più meccanicamente di tutti i passati,
ma eziandio per rispetto al grandissimo numero delle macchine inventate di
fresco” al punto “che oramai non gli uomini ma le macchine, si può dire,
trattano le cose umane e fanno le opere della vita”.
Tre premi veranno dati a chi avrà trovato le macchine che sottentrino agli
uomini in determinate funzioni oramai cadute in disuso.
“L’intento della prima sarà di fare le parti e la persona di un
amico, il quale non biasimi e non motteggi l’amico assente” e non lo umili,
prevarichi, danneggi in nessuno dei vari modi possibili.
“L’inventore di questa macchina riporterà in premio una medaglia d’oro di
quattrocento zecchini di peso, la quale da una banda rappresenterà le immagini
di Pilade e di Oreste, dall’altra il nome del premiato col titolo: PRIMO
VERIFICATORE DELLE FAVOLE ANTICHE.
La seconda macchina vuol essere un uomo artificiale a vapore, atto
ordinato a fare opere virtuose e magnanime (…) Il premio sarà una medaglia
d’oro di quattro cento zecchini di peso, stampatavi in sul ritto qualche
immaginazione significativa dell’età d’oro, e in sul rovescio il nome
dell’inventore della macchina con questo titolo ricavato dalla quarta egloga di
Virgilio, QUO FERREA PRIMUM DESINET AC TOTO SURGET GENS AUREA MUNDO.
La terza macchina debbe essere disposta a fare gli uffici di una donna
conforme a quella immaginata, parte dal conte Baldassar Castiglione, il quale
descrisse il suo concetto nel libro del Cortegiano, parte da altri”. Leopardi
ricorda poi il mito di Pigmalione che “in tempi antichissimi ed alieni dalle
scienze si poté fabbricare la sposa colle proprie mani, la quale si tiene che
fosse la miglior donna che sia state insino al presente”.
All’autore di questa macchina, la donna perfetta, “Assegnasi una medaglia
d’oro in pesso di cinquecento zecchini, in sulla quale sarà figurata da una
faccia l’araba fenice del Metastasio posata sopra una pianta di specie europea,
dall’altra parte sarà scritto il nome del premio col titolo: INVENTORE DELLE
DONNE FEDELI E DELLA FELICITà CONIUGALE”
E veniamo ai fondi dai quali Sillografi trarranno gli zecchini per i
premiati- “L’Accademia ha decretato che alle spese che occorreranno per questi premi
suppliscasi con quanto fu ritrovato nella sacchetta di Diogene[2],
stato segretario di essa Accademia, o con uno dei tre asini d’oro che furono di
tre Accademici sillografi, cioè a dire di Apuleio, del Firenzuola e del
Machiavelli, tutte le quali robe pervennero ai Sillografi per testamento dei
suddetti, come si legge nelle Storie dell’Accademia.”
Mi sono dilungato su questa operetta siccome ha previsto il nostro vivere
di oggi sempre più “più meccanicamente”. La macchina “inventata di fresco” a me
particolarmente odiosa è quello dei telefonini i quali, usati come li usano i
più, contribuiscono ad annientare i rapporti umani, l’educazione la cultura e,
quindi, lo stesso Umanesimo di cui si tratta in La mente quieta di
Cacciari. I cellulari sono tra i latori del nichilismo che prima trasvaluta,
poi annienta tutt i valori, infine annienta la vita.
giovanni ghiselli.
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Con questo “lavoro” cerco per lo meno di ricordare i valori che potenziano,
abbelliscono e lietificano la vita: l’amore, l’amicizia, la cultura, la
solidarietà, l’aiuto reciproco, l’attenzione per gli uomini e per la natura.
Io, non essendo capace né desideroso di una vita egoista, ci metto anche il
comunismo in senso etimologico: vivere con gli altri, per gli altri, fatto che
ritorna accresciuto sul proprio benessere e sulla propria felicità.
Concludo con un’altra citazione tratta da Leopardi: “così a scuotere la mia
povera patria, e secolo, io mi troverò avere impiegato le armi dell’affetto e
dell’entusiasmo e dell’eloquenza e dell’immaginazione nella lirica; le armi
della ragione, della logica, della filosofia, ne’ Trattati filosofici ch’io
dispongo; e le armi del ridicolo ne’ dialoghi e novelle Lucianee che sto
preparando” (27. luglio 1821) Zibaldone, 1394.
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