NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

LE NUOVE DATE! Protagonisti della Storia Antica | Biblioteche Bologna   -  Tutte le date link per partecipare da casa:    meet.google.com/yj...

mercoledì 4 settembre 2024

Giordano Bruno nel mondo germanico e in Italia: un ribelle di ieri e di oggi. Di Giuseppe Moscatt

Giordano Bruno nel mondo germanico e in Italia: un ribelle di ieri e di oggi
di Giuseppe Moscatt
 

1. Una vita inquieta (1548-1591)
I limiti di spazio concessi in queste pagine ci inducono a restringere lo studio del famoso filosofo Nolano dando per scontato la vita errabonda e la morte sul rogo, gli episodi che hanno costellato principalmente la critica bruniana per più di cinque secoli. Del resto, il fine della presente indagine esula dagli episodi di vita anteriori al 1586, anno della sua vita di esule interrotta per cinque anni in Germania dove raffinerà in modo inequivocabile il suo pensiero rivoluzionario. E' nota la gioventù, fra Nola e Napoli, dove nel 1575, a 27 anni, uscì laureato in teologia presso il convento dominicano di S. Domenico maggiore. Un decennio di studi classici che lo videro bazzicare anche fra i contemporanei, come Raimondo Lullo (1235-1315), Nicolò Cusano (1401-1464) e perfino il grandissimo Erasmo da Rotterdam con il quale condivise la critica alla Chiesa cattolica, senza contare gli studi di Cabala e il neoplatonismo da Porfirio (233-305 d.c.) fino a Proclo (410-485), autori tutti invisi all'Inquisizione cattolica dei primi del sedicesimo secolo dopo i noti eventi di Lutero e Calvino. 1576: prima lite teologica - e non solo! - Con un confratello dominicano e fuga a Roma; poi nel nord Italia e infine in Savoia. Accuse di Arianesimo e di Antitrinitarismo lo porteranno a Ginevra nel 1579. Qui, malgrado l'appoggio del Calvinista marchese Caracciolo, capo degli esuli protestanti italiani, litiga anche col prof. De la Faye per alcuni presunti errori su Aristotele, rompe coi Calvinisti a suo parere troppo permissivi e dopo un pentimento pubblico che lo libera dall'arresto e da un pericolo di rogo, se la cava fuggendo, salvo a vedere bruciare il suo primo scritto polemico, anticipando nella sua persona già la massima di Heine secondo cui al rogo di scritti seguirà immancabilmente il rogo degli autori.
Lo strepitus per le sue idee e per la sua ormai proverbiale aggressività cresce di viaggio in viaggio, da Tolosa a Parigi, da Londra a Oxford, fino di nuovo a Cambrai. Le risse teologiche e filosofiche, perfino con i protettori e col mondo accademico Cattolico e Ugonotto, Protestante e Puritano sono talmente diffuse che chiunque volesse conoscerle non potrà che leggerle sul sito specializzato del filosofo Guido del Giudice (https://www.guidodelgiudice.it). Ma veniamo più precisamente al suo soggiorno in Germania e in Boemia (1586-2591). Qui finalmente il Nolano riesce a vivere il periodo più fecondo dei suoi studi, pubblicando varie opere che lo consacrano più nel mondo della filosofia e teologia, che non nel mondo della politica e delle Accademie, che a Londra e a Parigi spesso lo avevano criticato e respinto conflitti e dispute che Egli ben raccolse e descrisse nelle sue commedie, dal Candelaio (1582) alla Cena delle ceneri (1584), fino allo Spaccio de la bestia trionfante (1584), dove il modello della fiction pedagogica in forma ai commedia dell'arte, appresa dalla Mandragola del Machiavelli, diventa un genere letterario prodromico fino a Brecht e a Sartre.
Nel 1586 dopo una breve sosta a Marburg, non la mancherà di vivacizzare per lo scontro consueto col mondo accademico nelle ordinarie sue polemiche col rettore Petrus Nigidius, il giovane, filosofo che prima lo nomina docente per chiara fama, ma che appresa la sua pratica di mago e alchimista diffusasi nelle prime lezioni, forse per paura, lo licenzia in nome dello spirito materialista che il Luteranesimo portava con sé. Quindi, Bruno approda a Wittenberg nell'agosto dello stesso anno. Due anni di insegnamento a favore del Luteranesimo e la pubblicazione delle opere in latino sulla filosofia del filosofo Lullo (1232-13169) - fra le tante, De lampade combinatoria lulliana - dal Bruno ed elevato al rango di precursore del Protestantesimo e dell'antipapismo luterano. Però il Nolano ama anche l'astrologia e l'alchimia, più che la filosofia, in quanto abile miscelatore di mistica e Irenismo, subendo sempre di più l'ostracismo della chiesa cattolica per essersi aperto all'Ebraismo e all'Islamismo, religioni che avevano accentuato la sua teologia della Natura come unico Dio immanente e al tempo stesso trascendente.
Solo che nel 1588, mutato il Principe di Sassonia da cui dipendeva quell'università, ora arriva al potere Cristiano I, nobile elettore del Sacro Romano Impero, seguace della corrente calvinista di Filippo Melantone, il grande teologo protestante che Bruno aveva beffeggiato nella Spaccio de la bestia trionfante, nelle cui critiche quel teologo e i suoi seguaci, ora al potere nell'Università di Wittemberg, era stato rappresentato come un serpente velenoso, non tanto diverso dal Papa Romano, un Autarca violento, ambiguo desideroso del Potere. Il nuovo Rettore calvinista, Nicolaus Krell, non era diverso dai Duchi cattolici di Guisa che nel 1584 lo avevano fatto espellere dalla Sorbona addirittura con il consenso del protestante Enrico di Borbone, senza contare che già in Inghilterra aveva rotto i rapporti con i Puritani calvinisti di George Turner.
Insomma il Calvinismo del ritorno all'ordine gerarchico e autoritario, benché antipapista, gli stava allergico e dunque dopo un orazione d'addio che costituirà la sintesi del suo pensiero - ma anche buona parte delle basi di accusa del processo canonico che lo porterà più di 10 anni dopo al rogo - raggiungerà Praga. Fu un breve soggiorno presso l'Imperatore Rodolfo II (1576-1612). Qui pubblica un organico trattato di storia pensiero filosofico e scientifico dove riversa tutto il suo livore anticattolico e antiprotestante, religione che per secoli avevano a suo parere dimostrato la loro tirannia e oppressione contro pensatori alternativi all'opinione unitaria della Chiesa Cristiana - primo il citato Raimondo Lullo - tradito dalla libertà della conoscenza, fin da Plotino ed Euclide, senza contare la trasformazione reazionaria di Lutero in Calvino e dei suoi seguaci, nonché il trionfo della loro ignoranza spesso a difesa del potere politico che di essa faceva strumento di governo. Nuova polemica con l'Imperatore, ovviamente dilaniato nelle probabili guerre di religione fra cattolici e non.
Rodolfo di Boemia, uno dei pochi regnanti che avevano compreso il valore ideologico dell'uomo, gli donò ben 300 talleri per non perderne la fiducia, ma non gli diede alcun incarico universitario e allora ancora via per Helmstadt, nel ducato di Branschweig, dove finalmente entrò a far parte dell'academa Giulia. Qui si professò luterano, ma come sempre la scomunica anche di quella Chiesa non si fece attendere: ruppe col presidente di quella comunità, Gijsbert Voet, venuto a sapere delle ingiurie che Bruno aveva rivolto a Lutero già in Inghilterra e che il Nolano ribadisce di proprio in accademia anche al predetto Presidente. Una condotta da attaccabrighe, non lontana da quella parallela del Caravaggio, col quale ebbe qualche dialogo prima di essere bruciato il 17 febbraio del 1600, visto che ambedue vennero torturati negli stessi giorni nelle carceri romane dell'Inquisizione. Comunque, a Helmstadt diede alla stampa i suoi trattati sulla magia, fra cui le Tesi sulla magia, i principi e gli elementi e le loro cause, nonché la medicina lulliana e la magia matematica, testi che misero in evidenza la novità del suo pensiero utopista.
Dai suoi diari emerge che il 2 giugno dal 1590 Bruno arriva a Francoforte, all'epoca centro di mediazione culturale fra cattolici, luterani e calvinisti, dove si tentavano vie di accordo attraverso contatti accademici, un irripetibile dibattito culturale alimentato dalla stampa di saggi critici da una parte e dall'altra senza limiti di natura politica prima che l'incendio ideologico lacerasse l'Europa. Questa volta, furono i Carmelitani a alloggiarlo nel loro convento, anche perché l'aura di essere un rissoso presuntuoso, insofferente a ogni limite accademico, oggi diremmo un political incorrect, fermo sul principio neoplatonico, appreso dal Cusano, secondo cui non c'è vera conoscenza senza possibilità di critica, e che sarà anche la bandiera del concittadino Giovanni Battista Vico nelle sue ricerche metodologiche sulla storia a metà '700. Malgrado un certo dissenso del Senato cittadino, Bruno riesce a far pubblicare la sua maggiore indagine in tre parti scritta in latino, De triplici minimo et censura, De monade, numero et figura - De innumerabilibus, immenso et in figurabili, seu de Universo et Mundis, opera enciclopedica e riassuntiva dei temi fino a allora trattati, dalla commedia satirica Il candelaio (1582), ai citati scritti in Lullo (1590), alle opere matematiche mnemotecniche (1582-1588), fino agli scritti magici e quelli di filosofia teoretica naturale, La cena delle ceneri (1584) allo Spaccio de la bestia trionfante (1584) fino alla Oratio consolatoria (1589) e alla Oratio validatoria del 1588, tenuta a Wittenberg. Un trattato di analisi teoretica e morale: si pensi anche al famoso e autobiografico manifesto personale degli eroici furori, di cui la cultura romantica farà incetta nell'opera di rinascita del suo pensiero e anche diffusa in età positivista, nella quale persino il pensiero anarchico di fine '800 troverà giustificazione e simbologia.
Ultimo porto della sua navigazione teutonica sarà la Zurigo di Zwingli, che nell'inverno del 1591 lo vedrà esaminare avidamente gli scritti. Era l' unico pensatore cristiano che lo attraeva perché gli somigliava nell'essere libero, polemico e difensore del Vero, contro tutte le accademie e le politiche di consenso al Potere. Tanto che Bruno gli riconobbe una singolare intransigenza e una analoga viva partecipazione contro i cantoni cattolici in armi contro Zurigo, morendo Zwingli da cappellano portabandiera delle forze protestanti nella battaglia di Kappel il 9 ottobre del 1531. Ritornato Bruno a Francoforte nella primavera del 1591 per curare il suo innovativo studio sulla mnemotecnica - De imaginum signorum et idearum compositione - nel giugno del 1591 ricevette un invito da Venezia per insegnare colà l'arte dalla memoria da parte del nobile Giovanni Mocenigo, un vecchio amico che come lui aveva studiato la teoria di Copernico che negava che la Terra fosse al centro dell'universo, pensato invece come un arcipelago di infiniti Mondi e di infiniti Soli, come era l'Oceano Pacifico visitato da Magellano. L'adesione a quell'invito e l'arrivo a Venezia nell'agosto del 1591, perché adescato dal Mocenigo che lo consegnerà all'Inquisizione Romana per farlo processare.
Forse fu l'errore più grave della sua vita, finendo così al rogo dopo il famoso processo per eresia e blasfemia e il rifiuto irreversibile di abiurare. Ma di ciò rinviamo volentieri al sito del prof. Guido del Giudice succitato e a opere più aggiornate segnate in bibliografia. Ma in cosa peccò così aspramente e inesorabilmente Bruno tanto da meritare una morte così violenta? Leggiamo le otto proposizioni d'accusa che lo condanneranno nel 1597 alla pena del rogo, nondimeno alla eguale sorte del coevo Tommaso Campanella che però miracolosamente scampò alla morte. Un atto d'accusa che riassume proprio il suo pensiero rivoluzionario e che lo ha caratterizzato positivamente fino ai giorni nostri. E' dunque il cardinale Bellarmino, non a caso futuro persecutore di Galileo Galilei e del Campanella stesso a formulare i capi di accusa: 1. L'anima mundi e la materia prima, cioè la natura, sono i due principi eterni delle cose perché sono Dio e a Dio pervengono e appartengono. Cioè Dio e natura si equivalgono. 2. Da una causa infinita deve derivare un infinito effetto, cioè l'Uomo/Dio. 3. Non esiste l'anima individuale, ma un'anima universale di cui quella è solo una proiezione ombrosa di questa. 4. Nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. 5. La Terra si muove attorno al Sole insieme a miriadi di pianeti e di Soli. 6. La terra è dotata di un'anima sensitiva e razionale. 7. L'anima e il corpo dell'uomo sono un essere inscindibile. A queste accuse, si accompagnavano il sospetto di magia nera e di astronomia diabolica, solo perché si era aderito alle teorie di Copernico. Il concetto di Principio Unico che è sinonimo di Natura - come aveva prospettato Leonardo e che sarà il Credo del razionalista Spinoza - già anticipava la Monade di Leibniz e l'Assoluto di Schelling. A sdoganare la figura di Bruno in età illuminista sarà però Goethe cui spetta una fondamentale sua rinascita nell'età moderna.
 
2. La svolta sul pensiero di Bruno: Die Natur di Goethe (1783)
Mai come il pensiero originale di un filosofo è stato così strumentalizzato dal mutamento delle condizioni storiche e sociali come quello del Bruno. Ogni scuola lo ha interpretato a suo uso e consumo. Si può dire che l'idea di Giovanni Gentile di accoppiare lo studio della filosofia a quello della storia, oggi aspramente criticato da storici come Barbero e Cardini; appare consequenziale proprio per la figura del Bruno che ha attraversato le idee e le società dal '500 a oggi. Come se di Giordano si volesse fare derivare una precisa volontà di proteggere o giustificare uomini e le loro idee. Eppure, la breve rassegna di autori e di scuole di pensiero che segue, ci consente di dare anche uno sguardo storico connesso alle reazioni che egli generò nel sentire sociale. Indubbiamente, il razionalismo galileiano e cartesiano lo seppellì nel vortice antialchemico e fisico scientifico - matematico, identificandolo superficialmente nell'alveo delle superstizioni facilmente esponendolo al rigetto se non al ridicolo. Ma va anche rilevato come il clima di tolleranza successivo al 1648 per la Pace di Westfalia, il razionalismo libertino di John Toland in Inghilterra e di Cyrano de Bergerac dopo la morte di Enrico III, svalutano la mera critica e lo pongono di già come un libero pensatore che obbliga a esercitare il dubbio sistematico di fronte a usi e costumi non sorretti dalla Ragione. Se Bayle nel suo dizionario filosofico del 1695 lo giudica pericoloso perché panteista, determinista e dunque falsamente alla schiera individualista; Spinoza e Leibniz ne esaltano la spiritualità e ne riaprono l'originaria visione unitaria Uomo/Dio/Natura. Nondimeno, il nostro Vico lo vede consapevole del fatto che fin dall'età Protestante e dal Rinascimento, il sapere era una delle fonti primigenie nella vita dei Popoli e degli Stati.
E qui troviamo finalmente il pensatore che senza indugio e non in modo marginale lo riporta alla luce: Wolfang Goethe. Proprio nel decennio anteriore al viaggio in Italia, lo studio di Spinoza e Leibniz - quest'ultimo per la evidente assonanza con la sua nozione di Monade, un insieme di spirito e materia – lo fanno converger all'amore per la poesia e all'interesse per la Natura. Si badi, già nell'età giovanile dello Sturm und Drang (1770-1775), Goethe legge la natura come un complesso che pulsa, un raggio di sole che illumina e afferra il mondo. Visto non come una macchina estranea a Dio, ma un complesso artistico creativo, dotato di una intelligenza autonoma, magari forma tangibile della scintilla divina. Una natura benigna che fissa l'archetipo originale e muta progressivamente. L'uomo ne fa parte come l'acqua di un ruscello in campagna, che la irriga e che da quella è alimentata a fruttificare la terra. Dunque, una interazione fra Spirito e Materia che non è un vero e proprio sistema filosofico, ma un'organica lettura estetica che ci spiega chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo.
Da tale concezione esula la scientificità del Goethe, che non è un mero scopritore, anche se fu anche un minerologo, dato che classificò la c.d. Goethite, scoperta peraltro occasionale – ma un poeta che riuscì a individuare lo spirito che lega il Creato. Singolare è quindi l'opera predetta, una felice deviazione dal materialismo, che l'illuminista Lavater gli imputò come un fuor d'opera. Il Die Natur, fu un saggio che peraltro costituì un caso di autenticità letteraria, risolto da Rudolf Stein a fine '800 come opera non di Goethe ma di un quasi ignoto poeta svizzero, Georg Christoph Tobler, la cui Die Natur uscì in forma anonima in das Journal von Tiefurt nel 1783, poco prima della fuga di Goethe in Italia dalla corte di Weimar. Sia come sia, già nelle prime parole di questo poema appare tutta la filosofia estetica del Vate: Natura! Ne siamo circondati e avvolti, incapaci di uscirne, impediti a penetrare più a fondo in lei. Insalutata ospite, all'improvviso irrompe su di Noi come una chimera e ci porta con sé, finché stanchi, non ci perdiamo fra le sue braccia... In realtà, la vita di Corte e la difficile amministrazione del Ducato, l'essere a contatto diretto con nobili e borghesi, perfino con contadini e operai delle miniere, fanno sì che il groviglio delle cose Umane riflette quello complesso della Natura.
L'adozione della soggettività nell'arte, altro non è che per Goethe il riconoscimento di questo transfert, il ribellismo dell'artista è il ritrovamento della armonia della natura. Ecco perché vuole andare come andrà presto in Italia. In quella terra il titanismo individualista che lo attrasse in gioventù e si convertì nell'equilibrio della Natura stessa. Quasi un leopardiano Infinito che lo redime dalle inquietudini iniziali. In fondo, il saggio sulla Natura, da chiunque sia stato composto, anticipa la rilettura matura del mondo e ribadisce quello che il Nolano non era riuscito a mostrare agli increduli aristotelici legati alla statica cattolica, né ai libertini dissacranti e deterministi del sapere. Una mediazione culturale fra volontà e realtà che soltanto il Romanticismo incipiente potrà meglio formulare.
 
3. La cultura romantica e l'interpretazione dello Schelling e del post-romanticismo
In contemporanea alla lettura di Goethe, cresceva anche la ripresa di Bruno per i problemi dell'infinito e del panteismo in contrapposizione allo scientismo determinista di Condorcet e Lavoisier, peraltro significativamente seguace di Bruno proprio nel punto 4 delle sue affermazioni or ora citate. Invero, lo stesso Vate di Weimar entra in contatto già con F.H. Jacobi che aveva scritto proprio nel 1785 le famose Lettere sulla dottrina di Spinoza. Lo Hegel, nella sua impostazione storicista della filosofia, aveva notato in modo dialettico la relazione fra mondo e uomo, la base razionale del tutto, vale a dire l'azione olistica evolutiva di concetti contrastanti. Ma è il terzo attore della filosofia romantica, Friedrich Schelling, a mettere il piede sull'acceleratore spirituale. Nel 1802 esce in forma di dialogo uno dei suoi primi scritti, Bruno ovvero sul principio divino e naturale delle cose. Un dialogo. Acutamente, il giovane Schelling supera il naturalismo di Spinoza, ancora fermo allo staticismo del Deus sive natura. Di fronte all'idea assoluta, stanno a confronto mondo finito e gli infiniti mondi di Bruno. Le rispettive identità stanno in movimento circolare, lo scienziato direbbe - cioè - dall'alto al basso e dal basso in alto, come il principio di Archimede. E Schopenhauer - l'antihegeliano per eccellenza, ma anche Kierkegaard in un’ottica permanente cristiana che guarda a Agostino - reagisce su questa linea assumendo non che Dio è nel mondo, ma che il mondo promana da Dio.
Rifiuto del panteismo, quanto riconoscimento di Dio che scende nel mondo, operando dunque una rinascita del pensiero di Plotino, che in Italia trova sponda nell'aspetto messianico di Mazzini riassunto nella formula Dio e Popolo, a conferma di un political correct bruniano in età risorgimentale. Solo che la formula mazziniana avrebbe dovuto essere formulata in senso unitario con un accento che lasciava invece perplessi i critici cattolici.
 
4. Le reazioni positiviste e il caso della statua a Bruno a Campo dei fiori
Ma nel secondo ottocento, però, benché le scuole spiritualiste con Felice Tocco lo presentassero in veste kantiana quale ripetitore cristiano neoplatonico omettendo la tragica fine (vedi per esempio del citato Tocco nelle sue Ricerche platoniche del 1875) saranno le scuole marxiste e positiviste a rivederlo in salsa sociale e politica. Antonio Labriola e Bertrando Spaventa faranno tesoro dell'interpretazione del De Sanctis che considerava Bruno un martire del libero pensiero. Il primo dopo aver studiato il Machiavelli e gli influssi del Guicciardini nella cultura europea, ne ritrova temi a favore della borghesia liberale e ne coglie gli influssi nel Burkhardt per il fatto che La storia dall'Arte si fa Storia Sociale identitaria per il mondo germanico, risvegliando il moderno processo identificativo in Bruno. Il secondo, sull'onda positivista, individua il nesso fra Etica e Ragione e ne illumina lo spirito di ricerca che attribuisce all'Uomo. Il legame fra Dio e Uomo trova per lo Spaventa l'azione reale proprio nell'esistenza del Nolano. La coscienza della ricerca e dei fili rossi della natura e del molteplice fanno una nuova metafisica del pensiero.
Siamo alle soglie del Bruno artefice di sé stesso pensante, del finito che è ombra dell'infinito. Un antesignano non solo del Marx che ha messo i piedi a terra rispetto all'Io di Hegel, ma anche l'Uomo che ha una dignità naturale immanente, che opera saltellante nel divenire e che tanto somiglia al Superuomo che anche ora Nietzsche è pronto a invocare. Sebbene il passaggio soggettivista trovi nella critica marxista qualche dubbio sul Bruno politico, ancora estraneo a una vera cultura sociale che solo nel secondo ottocento appariva più evidente; sarà la succedanea scuola positivista a sottolineare del Nolano il suo amore per le scienze fisiche depennate da un aristotelismo alquanto arrogante e ignorante. Il Copernicanesimo, confermato da Galilei e Keplero; la filosofia razionalista di Voltaire atea e materialista; lo Storicismo di Ranke che ha stigmatizzato la decadenza dell'Italia rispetto alla nascita degli Stati nazionali Europei; sono tutte circostanze che spingono la cultura dell'Italia a liberarsi dal gioco neokantiano che si è sostituito alla cultura aristotelica tomista del sillabo di Pio IX.
Da qui la grande battaglia laica, democratica, socialista, anarchica e massone che ha il suo epilogo il 9.6.1989. In tale data al di qua del Tevere a Campo dei fiori, una piazza festante, molto simile alle attutali piazze LGBT, festeggia l'erezione della tetra, ma imponente statua a Giordano Bruno, scolpita da Ettore Ferrari. Un comitato di studenti e professori dell'università, guidato dal sindaco Ernesto Nathan, inglese di nascita, italiano di madre, politico radicale e anticlericale, ha raccolto i fondi per l'occasione. La Roma papalina, malgrado le aperture di Papa Leone XIII autore dell'Enciclica progressista Rerum Novarum, è chiusa in chiesa a meditare la rivincita, perché un eretico impenitente – è diventato il simbolo di un'Italia radicale e democratica. Non poteva essere tollerato nella stessa città, Capitale del Cristianesimo mondiale, un suo monumento. La mitologia laica la aveva bollato invece come la Capitale più putrida e ipocrita della Storia. La reazione al materialismo scientista non si farà attendere, dimostrandosi ancora una volta come Bruno continuava a essere un filosofo alla moda per tutte le stagioni.
 
5. L'interpretazione di Giovanni Gentile nel solco della controriforma antimodernista di primo '900
L'alleanza ideologica del marxismo con le scuole scientiste e materialiste, avvenuta in Germania e in Italia anche interno alla figura di Giordano Bruno - per la Francia possiamo citare il Renan nella sua polemica con il conservatorismo gallicano - spingerà il reazionario Cousin a rileggere, in funzione antimodernista, lo spiritualismo di Rosmini e Gioberti, rivolti a recuperare l'interiorità coscienziale di Agostino e la trascendenza di Dio, rispolverando il Kant della Critica della Ragione Pratica, intesa come opposizione al pensiero morale utilitarista di Spencer. Il Pascal di Bergson e di Blondel insomma, che si fronteggiano all'ateo materialista e immanentista simboleggiato dal Nolano.
Il Lipsiano Hermann Lotze, dagli scranni dell'Università di Würzburg, ricerca una mediazione fra leggi meccaniche della natura e l'ordine astratto che in essa permane in modo invisibile e finalizzato al ritorno di Dio, che dalla forma microscopica dell'atomo si sviluppa in modo invisibile e spirituale nel corpo materiale. Una evoluzione spiritualistica, dove l'unità di Dio qualifica impercettibilmente, ma lentamente, come un fiume carsico, i valori etici del bene comune. Dio come persona e come spirito, persona e volontà. Un 'ode eclettica e aggiornata del pensiero di Bruno.
Forte di questi notevoli appoggi, è l'ora di Giovanni Gentile e del suo novello Giordano Bruno. Invero, in un saggio del 1907, poi riportato nel volume collettaneo di scritti di Gentile - Il pensiero italiano del Rinascimento, Firenze, 1968 - il filosofo considerava il Nolano un animo dedito alla preghiera d'amore per l'eterno e il divino. Estraneo alle attività pratiche e lontano dalla vita quotidiana. Solo contro il mondo, nemico di ogni chiesa, perfino di quella riformata. Un mistico che accetta il divino nella misura in cui questo traspare nell'umano, quasi un San Francesco eremita elevato al quadrato. Misterioso nel fare e nel dire, perfino assente in tribunale. In dialogo con pochi eletti, un aristocratico del pensiero. Un religioso asociale di fronte alla critica perché non ci può essere legge, se non c'è religione popolare. E dunque un anarchico isolato e radicale col quale non si poteva dialogare. Un alienato che con Vico non avrebbe nulla da dire, come aveva ipotizzato la Spaventa e poi lo stesso Croce.
Gentile invece lo vede un pericoloso eclettico, un imperdonabile voltagabbana, perché era stato cattolico, luterano, calvinista e perfino anabattista, non per una opportunità. ma per disinteresse della realtà popolare. Del resto, lo stesso Gentile sottolinea l'animo conflittuale del Bruno che a suo dire era estraneo alle accademie e ai politici di ogni Comunità, i cui teologi di tutte le religioni da lui frequentate. Anche in Germania era stato in lotta continua, dove però più lentamente la cultura locale, sia laica che religiosa, ne aveva sopportato le asprezze. Ma quando a Francoforte l'aria comincia a diventare più critica, non gli pare vero che il politico e nobile Mocenigo lo inviti a rientrare in Italia. L'idea di ritornare non lo lascia indifferente e accetta di andare a Venezia, una Repubblica laica che già dava asilo a tanti dissenzienti religiosi e dove si pubblicavano scritti in odore di eresia. Solo che Mocenigo lo voleva perché l'aurea di mago e di alchimista - e di professore non lontano dal Faust di Marlowe del 1587 e del Faustus di Helmstedt che forse aveva conosciuto nel 1589, alla Academia Giulia - lo affascinava per pura sete di avidità e potere. Presto, Mocenigo conobbe il vero Nolano, di animo mistico e dotato di perfetta letizia quasi francescana. Allora deluso lo tradì e lo consegnò all'Inquisizione Romana che lo aveva già incolpato di eresia e stregoneria.
Alla domanda che ancora oggi assilla gli storici, del perché fossero stati blandi gli interrogatori iniziali e che tanto passò dell'incarcerazione al rogo (23.5.1592 - 17.2.1600); Gentile lo spiega per il fatto che il Nolano disprezzasse chiunque osava giudicarlo e peggio che mai i giudici di un tribunale ecclesiastico. Asini era un'ingiuria che spesso aveva loro apostrofato in altre occasioni dall'Inghilterra di Elisabetta I e nella Francia di Enrico III. In altri termini, era inutile contendere con coloro che avevano convinzioni superficiali e di obbedienza cieca al potere religioso e politico. Anzi, a sentire le biografie di G. Aquilecchia e dello Spampinato, sul modello di Socrate, li mise spesso nel sacco rilevandone le pecche accusatorie. Solo il cardinale Bellarmino lo inchiodò: postogli davanti i famosi punti che prima abbiamo rilevato come il cuore delle sue tesi, gli ordinò quindi di ritrattarli.
Ora, l'atteggiamento superiore di Bruno cambiò! Erano proprio il cuore della sua azione e non poteva ritrattare. Il dubbio sistematico sul Dio esterno al mondo; la lotta contro una fede imposta; la libertà di pensiero sull'Universo e il divino ritenuto come tale solo perché imposto da leggi dello Stato; erano scelte che non poteva accettare. I suoi valori non negoziabili lo indussero al passo finale. La coscienza individuale lo comandò a negare senza se e senza ma. La coerenza dell'essere nel giusto, di essere superiore a chi lo giudicava anche a rischio di morire; lo pone coerentemente su un gradino superiore e gli fa dire - come ci racconta un cronista dell'epoca, Kaspar Schoppe - rivolto ai giudici, Forse tremate più voi nel pronunziare questa sentenza che io a ascoltarla. Gentile cioè lo immortalò perché finalmente si era arreso al mondo che aveva tentato di conquistare. Solo un altro eroe della libertà di coscienza, curiosamente come lui si era convinto di stare nella Ragione, benché di fede cattolica e contro l'imposizione politica e protestante di un Re, Enrico VIII d'Inghilterra.
Quel Tommaso Moro che sicuramente il Nolano aveva sentito nominare durante gli anni di vita a Londra. L'uno e l'altro martiri per la coerenza di Fede ai loro ideali, gli uomini nuovi del Rinascimento. Credo di un altro comune genio della Ragione individuale, Erasmo da Rotterdam, morto dopo anni di isolamento intellettuale, che come Bruno aveva criticato Lutero e Leone X e che pure per miracolo aveva evitato il rogo, diversamente dal Savonarola quasi un secolo prima. La critica di Gentile però concludeva nella follia di superiorità di Bruno e nel difetto genetico del suo pensiero, l'essere sciolto per costituzione da ogni realismo comunitario e di vivere di fatto in uno stato di inerzia mistica di fronte alla società cristiana e cattolica, un mondo che Gentile giudicava, pur con tutte le sue umane difficoltà, il migliore dei mondi possibili. Questa era la logica dello spiritualismo di primo '900 e che vedeva il ribellismo del Nolano un modo di vivere incompatibile col senso dello Stato contemporaneo, chiamato ormai a una politica di potenza nel consesso europeo e a un nazionalismo machiavellicamente necessario per competere con le Grandi Nazioni in prospettiva esclusivamente militare ed economica. Il neotomismo politico-religioso del Gentile e il rifiuto del Modernismo, come del Marxismo e del Positivismo scientista, condiviso in parte dalle scuole liberali e dal Croce, portarono nel ventennio successivo a un appannamento dal pensiero di Bruno e di Campanella, nonché a una lettura superficiale di Vico, Spaventa e Labriola, che nei decenni precedenti avevano rivalutato il Nolano per la fede dell'Uomo del Rinascimento da Leonardo a Caravaggio, da Galilei al Leopardi; vennero così relegati a un cupo modello di apparente rifiuto del sociale, sostituito da un senso dello Stato Etico assoluto e incontrovertibile, simboleggiato dalla mistica identitaria e nazionalista, quella dello Stato autoritario Fascista, unica idea giustificativa di società fondata sulla conoscenza orientata dall'alto del Potere e che aveva orrore e ribrezzo di chi potenzialmente poteva dissentire.
6. Il '900 di Giordano Bruno.
E' ormai evidente che la revisione del Bruno come scientista in senso e antisociale, anzi prettamente negativo verso le Istituzioni lo qualificava un folle martire del libero pensiero, un laico impenitente che Gentile vede come campione del laicismo irresponsabile e anarchico. In Germania del pari si assiste a analoga polarizzazione di letture, connesse al ritorno e al prevalere dell'ideologia reazionaria che dal 1919 al 1933 cresce nel sentire sociale tedesco.
Unico a reagire a tale progressiva crisi del libero pensiero è Bertold Brecht che invece tenterà di umanizzare il Nolano, preso di mira dal Nietzsche che lo elogiò per il comune odio per l'uomo volgare, legato al momento attuale, che non conosce inquietudine e dubbi, che spesso si bea della sua serena vita quotidiana. Infatti il filosofo di Weimar nello Spaccio de la bestia trionfante e negli Eroici furori, persegue la conquista continua di un punto più alto. Giorno per giorno, senza paura, con dolore immediato per un piacere finale. Così parlò Zarathustra e così parlò Giordano Bruno. Anzi, Nietzsche nell'Anticristo giustificava Bruno nella sua apparente condotta di sufficienza e di ironia di fronte ai giudici, sul presupposto del principio della doppia verità, nel senso che la fede è opportuna per tenere tranquilli gli ignoranti e il popolo minuto.
Cosicché i filosofi diventavano finalmente le vere guide dell'Umanità. Concezione che Brecht non poteva accettare e che fin dagli anni '30 contrappone sul filo dell'apologia e della favola pedagogica, un modello di comunicazione che ruba allo stesso Nietzsche degli aforismi e dei motti di spirito di tradizione teutonica tardo medievale ritornati in voga per merito del poema sinfonico Till Eulenspiegel di Richard Strauss (1894-1895), che il musicista berlinese adottò prendendo spunto da un personaggio del folclore nordeuropeo del '400. Brecht, invero, lungo gli anni dell'esilio, fra il 1933 e il 1948, pubblicò una serie di racconti- Storie del calendario - dove ripresentò una serie di apologhi di personaggi che la critica filistea tedesca aveva incasellato come grandi uomini aristocratici, lontani dal popolo e spesso bugiardi e doppiogiochisti. Uno di loro tanto amato, quanto ipocrita e truffatore delle masse è proprio Giulio Cesare di Brecht, personaggio di uno dei suoi ultimi romanzi, Gli affari del signor Giulio Cesare del 1938. Orbene nelle Storie appare di scorcio proprio Giordano Bruno. Il raccontino, alquanto secondario nella tumultuosa vita del Nolano, riguarda un episodio avvenuto a Venezia proprio un giorno del primo processo a lui intentato dal Mocenigo. Durante gli interrogatori che lo porteranno a essere estradato al tribunale dall'Inquisizione a Roma, una famiglia di sarti locali invoca ai giudici istruttori il pagamento di un mantello che il filosofo non aveva saldato prima di essere arrestato. Potevano essere ascoltati in quel tragico frangente? Poteva Bruno così intransigente prestare loro attenzione? Chiunque - e lo fanno i funzionari che non li ascoltano e anzi li minacciano di penali per la loro esasperata richiesta di denaro così esigua - li avrebbe messi alla porta. Invece Bruno, fra un interrogatorio e l'altro, cercherà di pagare il suo credito e non riuscendovi perché lontano da Francoforte dove aveva un modesto deposito in banca, comunque cederà loro indietro il mantello, ultimo bene di cui può disporre. Un'attenzione e un gesto come quello di S. Martino e simile al Giudice distratto evangelico cui la donna alla porta dà fastidio ma che però ottiene giustizia a forza di insistere.
Significativa presa di posizione dell'autore che sicuramente nell'esilio a Mosca aveva avuto modo di vivere le prime delusioni del regime sovietico, dove la burocrazia staliniana chissà quante volte si era occupata delle legittime pretese dei cittadini che chiedevano giustizia. Questa fu la risposta all'immagine nicciana di un filosofo aristocratico e sordo alla domanda della gente comune. Ma la collaudata concezione reazionaria di un Bruno anticattolico e antiromano, ma anche nazionalista e pangermanista, non si fa attendere: fin dal 1903 e poi nel 1928 Erwin Guido Kolbenheyer (1878-1962), esprime una filosofia bruniana vitalistica: sia nella triade di romanzi Paracelsus, ma anche nella tragedia Heroische Leidenschaften, appare un'ideologia razzista, darwiniana e superomista che addirittura etichetta Bruno come il primo filosofo teutonico, partendo dalla nascita del Nolano da parte della madre Fraulissa Savolino. Descritta in ottime battute teatrali, costei appare come un'eroina della famiglia vessata dal marito Giovanni, un mercenario violento che voleva crescere il figlioletto per destinarlo alle armi come lui, il ragazzino Filippo è vivace e ribelle. Per la madre unico modo di sottrarlo al destino segnato è quello di iscriverlo al Seminario di Napoli, dove può studiare dialettica, logica e storia, ma anche le scienze fisiche e la matematica, ma anche mnemotecnica, una scienza derivata dalla Cabala araba ed ebrea, che sembra esser amata dalla donna di origine tedesca, una ex prostituta al seguito delle orde lanzichenecche stabilitesi in Campania. Filippo - poi Giordano dopo aver preso i voti in seminario - mostra già l'anima perplessa e un po' ambigua, critico del tomismo imperante, ma abile nel nicodemismo menzognero che lo si presenta negli atti a Padova da giovane confratello e poi in quelli successivi lo si ritrova a Venezia, ormai ospite del nobile Mocenigo, già maturo filosofo in odore di mago e alchimista.
Infine, la sua nobile figura di vittima del Potere della Chiesa Romana si staglia contro i maneggi del cardinale Bellarmino che riesce a portarlo sul rogo. Un estetismo alla D'annunzio che piacque allo Zweig che lo citò con favore come commediografo alfiere della Germania nel suo capolavoro Il mondo di ieri, a conferma dello spirito antimediterraneo della cultura nazionalista teutonica e della esaltazione neonazista della società degli intellettuali della Germania segreta di Kantorowicz e Jünger. Una lettura reazionaria che può trovare un raro contrappeso nella Germania del dopoguerra, dove lo storico J. Brockmeier negli anni '80 dimostrò che la ricostruzione di Bruno come non un uomo folle ed ebreo simile al mitico Paracelsus, ma un anticipatore di Galileo. La parabola positiva di Bruno del resto riprendeva vigore per la rilettura degli scritti latini in Germana e le nuove analisi degli atti del suo processo veniva inquadrato nella storia dell'Europa del '500, come farà a Francoforte l'illustre storico citato, che nel 1980, quasi quattro secoli prima aveva ricostruito la sua teoria della Natura.
Di qui, la superba narrazione di Marguerite Yourcenar che dette alle stampe uno dei maggiori romanzi storici del '900, L'opera al nero, vita immaginaria di un filosofo alchimista, Zenone, viaggiatore da un capo all'altro d'Europa nel '500 fra guerre di religione, epidemie di peste e vaiolo, ondate di carestie e crisi naturali, in piena nascita dell'economia capitalista. Un diario di un genio ricercatore di casualità scientifiche spesso invischiate da profonde ignoranze, di superstizioni pericolose e da rancori sociali sfruttati dai potenti a danno del bene comune. Un quadro impressionante che anticipa la situazione attuale prima e dopo il Covid. Una nuova sterzata sulla figura del Nolano. Dopo le rinascite illuministe e romantiche, il Novecento soggettivista ed esistenzialista non poteva non decodificare il Nolano, proprio a mezzo dello strumento cinematografico.
Mentre procedeva la traduzione degli scritti latini e la cura filologica degli scritti italiani - soprattutto delle commedie - scoppia il caso del Giordano Bruno di Giuliano Montaldo. Nel 1973, esce l'omonimo film, dove la figura di Giordano Bruno non solo veniva presentata come quella dell'eterno viaggiatore in esilio e in fuga, ma anche veniva ribaltata la presunta follia e asocialità, per accedere piuttosto alla solitudine dello studioso emarginato perché non integrato coi tempi politici e sociali. Ultima, ma non perciò meno importante e anzi foriero di novità, forse decisiva sul ruolo di Bruno nella storia del pensiero filosofico e scientifico, è l'analisi fra metafisica neoplatonica e pratica magica riscoperta in Italia da Eugenio Garin e applicata con severa attenzione da una studiosa britannica - Frances A. Yates - che negli anni '70 ha aperto un filone d'indagine non ancora concluso. Sul presupposto studiato dal nostro autore in merito al ritorno alla luce nel 1050 del Corpus Hermeticum di Ermete Trismegisto, fin dal terzo secolo dopo Cristo la magia bianca venne considerata una via di ricerca libera che consentiva alla conoscenza di capire i misteri dal mondo.
Nel quindicesimo secolo Pico della Mirandola e Marsilio Ficino, ma anche Copernico e poi Bacon, ne ebbero influsso. Bruno ne vide la chiave per leggere la Natura. E la magia naturale gli sembrò la cornice naturale del suo complesso rapporto io/mondo. La Yates, studiando le opere di Bruno a Oxford e riflettendo su alcune ultime opere di Shakespeare - per esempio La tempesta - afferma: alcuni anni fa (siamo nel 1972, n.del T.) - camminando per Oxford con La cena delle ceneri sotto il braccio, tentavo di tradurla: ebbi la sensazione di vedere dinanzi una filosofia magica che eliminasse tutti i conflitti religiosi per mezzo dall'amore e della magia. Mi parve che Shakespeare fosse con noi... Infatti Philip Sidney, un poeta di Corte amico di Elisabetta, uno dei protagonisti degli eroici furori che Bruno ebbe modo di apprezzare personalmente, aveva a sua volta espresso profondi interessi per lo stesso Bruno. Anche Marlowe, rivale del Bardo, autore di un Doctor Faustus ben diverso da quello di Goethe, diede prova di amicizia per Bruno. Un'area di studi che in Italia andrebbe sicuramente esaminata e che se fosse stata proseguita dallo stesso Bruno piuttosto che raggiungere la Francia, avrebbe potuto produrre una pace in Europa che sarà sconvolta da decenni di guerre di religione, senza contare gli attuali sconvolgimenti che oggi ci perseguitano.

Giuseppe Moscatt 
 
 

Bibliografia

  • Per la vita di Giordano Bruno, vd. il classico resoconto di GIOVANNI AQUILECCHIA, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1971.
  • Più di recente, vd. MICHELE CILIBERTO, Academico di nulla academia. Sette studi su Giordano Bruno. Edizioni della Normale, 2023.
  • Per il processo, vd. altresì SEBASTIANO GRIMALDI, Di ogni legge nemico e di ogni fede. Processo a Giordano Bruno, ed. Thipheret 2023.
  • Vd. anche il citato sito specialistico https://www.guidodelgiudice.it
  • Per quanto riguarda la rinascita del pensiero di Bruno da Goethe a Herder, vd. Goethes Werke: Naturwissenschaftliche Schriften, a cura di CARL FRIEDRICH VON WEIZSǞCKER, C.H. Beck, 1994, pagg. 48 e ss. Vd. altresì, FEDERICA CISLAGHI, Goethe e Darwin. La filosofia delle forme viventi, ed. Mimesis, 2008. Su Goethe uomo di scienza, vd. l'ottimo saggio d i RUDOLF STEINER, Le opere scientifiche di Goethe, Iduna, Milano, 2020.
  • Sugli influssi del pensiero di Bruno in età romantica tedesca, vd. FRIEDRICH SCHELLING, Bruno ovvero sul principio divino e naturale delle cose. Un dialogo, ed. Le Monnier, 1839, https://archive.org Per il ruolo di Schelling e le scuole romantiche nell'interpretazione di Bruno, cfr. NUCCIO ORDINE, La cabala dell'asino. Asinità e conoscenza in Giordano Bruno, Napoli, ed. Signori,1996.
  • Il pensiero neokantiano critico di Bruno persiste in FELICE TOCCO, Studi kantiani, Palermo, 1909. In opposizione a tali ristrettezze di vedute, vd. Di De Sanctis Storia della letteratura italiana, cap. XIX, La nuova scienza, 1912. Per il pensiero di Antonio Labriola, Giordano Bruno, scritti editi e inediti (1888-1900), a cura del medesimo, Bibliopolis ed. 2009. Per quello dello Spaventa, Il suo Giordano Bruno, ed. la città dal sole, 2006.
  • Sulla storia dal monumento romano a Bruno, cfr. MASSIMO BUCCIANTINI, Campo dei Fiori Storia di un monumento maledetto, Einaudi, 2023.
  • Sull'interpretazione di Bruno come asociale e utopista, del suo essere un anarchico del pensiero, vd. GIOVANNI GENTILE citato nel testo. Suo epigono fu ANTONIO CORSANO, che nel Pensiero di Giordano Bruno nel suo svolgimento storico, Firenze, 1940, ha rilevato il concetto di doppia verità, l'una espressione della filosofia teoretica, l'altra di uso pratico necessaria alla religione del vivere quotidiano. Ambiguità che per Corsano costò la vita al Bruno, in aderenza al suo presunto credo aristocratico del sapere.
  • In merito alla fortuna in Germania di Bruno, vd. FRANCESCA PUCCINI, Giordano Bruno di Dilthey e Hegel, ed. Agorà e Co. Lugano, 2018 e per quanto riguarda Goethe, vd. la rivista Bruniana e Campanelliana n.2/2006 della stessa autrice su Goethe lettore di Bruno.
  • Su Nietzsche e Bruno, cfr. GIANNI VATTIMO, Introduzione a Nietzsche, ed. Laterza, Roma-Bari, 2001.
  • La posizione di Bertold Brecht è riassunta nel breve racconto Il mantello dell'eretico, ripubblicato nella raccolta Storie da calendari, Einaudi, 1961, ma ripreso da un precedente racconto - Il mantello del Nolano - apparso su International Literature di Mosca, nr. 8/1939, e poi in lingua tedesca a Berlino nel 1949.
  • Infine sul tentativo infruttuoso di Erwin Guido Kolbenheyer di addomesticare Bruno alla ideologia nazista, cfr. MARINO FRESCHI, La letteratura del Terzo Reich, ed. Bonanno, Acireale - Roma, pagg. 153 e ss. 2017.

Nessun commento:

Posta un commento