argomenti La ricerca delle fonti per l'opera. La rivisitazione dei luoghi"archeologici". La nicchia santa. Il rimpianto davanti alla libreria Feltrinelli. La rassegna degli appunti manoscritti
Dovevo scrivere dunque Per alcune |
storie disponevo di appunti, altre dovevo ricostruirle avvalendomi |
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solo della memoria. Era necessario che mi impegnassi a lungo, |
cominciando dal reperimento degli appunti, i commentarii sulla mia |
eterna lotta amorosa con le femmine umane. I primi risalivano alla metà |
degli anni Sessanta ed erano sparsi tra diari e libri; perciò non mi |
trovavo nel vuoto di cose interessanti da fare, non rischiavo di sparire nel vuoto |
del caos e della mia identità; anzi, avevo |
bisogno di tutte le ore libere per realizzare il grande progetto: |
raccontando i miei amori falliti a causa di pochezza morale, avrei |
dato un insegnamento ai lettori, allargato la cerchia delle persone |
influenzate da me, e avrei indagato, conosciuto meglio me stesso. Se il mio demone buono avesse reso propizio il mio scrivere parole ricche, strane e non prive di effetto, |
forse avrei anche potuto riconquistare Ifigenia. Rivitalizzare l’amore mortificato dall’uso. Chissà: i giorni a venire sono i testimoni più sapienti[1]. Se fossimo |
tornati ad amarci dopo avere compreso, non ci saremmo lasciati |
più discostare dalle lusinghe esterne o dal nostro narcisismo |
malefico. Avremmo saputo digerire e assimilare la rinnovata, grande felicità. |
Intanto, lasciandomi quando aveva bisogno di me, ella confutava |
l'iniqua teoria secondo la quale solo la |
donna vergine non è disonesta in partenza e indegna del marito |
che invece può avere frequentato pure prostitute o magari cinedi |
rimanendo un grand'uomo, come Giulio Cesare16 per esempio . |
Nel novembre del 1978, quando era entrata per la prima volta in |
camera mia e si era spogliata sorridendomi senza malizia, |
irradiandomi della sua luce, Ifigenia mi aveva fatto sentire la |
gioia di vivere, la felicità di essere riamati dalla vita cui avevo |
sempre proteso gli acuti tirsi dei desideri e la delicatezza dei |
sentimenti, ricevendone fino allora un contraccambio |
solo peregrino e mensile. Quella ragazza venticinquenne, radiosa, era lo stesso |
sole incarnato che si era degnato di entrare nel mio appartamento, di |
stendersi nel mio letto, e mi aveva offerto di fondermi con la sua |
luce divina. |
Il 15 marzo del 1981 il dio era oscurato da nuvole grosse e buie, |
ma io avevo la confortante coscienza che dietro le nubi acquose il |
suo volto santo c'era pur sempre, e presto o tardi sarebbe riapparso |
ancora più bello e radioso. Dipendeva almeno in parte da me.
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16 |
Catullo lo chiama"Cinaede Romule...impudicus et vorax et aleo (29, 5 e 10), |
Romolo invertito..libidinoso vorace e biscazziere, e anche, sia pure, forse, con |
ironia Caesar magnus (11,10), Cesare grande. |
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Potevo indurre il dio a farsi vedere di nuovo. Queste furono le riflessioni |
della mattina. |
Il pomeriggio andai a San Pietro, nell'osteria di due sorelle anziane e di un loro fratello intronato, |
per osservare con attenzione uno dei posti dove andavamo quando |
eravamo curiosi uno dell'altro: l'archeologia della storia d'amore |
avrei potuto intitolarne il capitolo; ma per scriverlo dovevo |
ritrovare i sentimenti e i pensieri di quel tempo remoto, quasi |
dimenticato oramai. Perciò era necessario rivisitare i luoghi. |
Mi fermai dieci minuti sulla panca dove in un maggio lontano la |
ragazza si era seduta sulle ginocchia mie, davanti agli amici. |
Quella volta ero stato contento dell'atto, pensando che fosse |
espressivo di forte affetto. Ma con il volgere delle stagioni avevo maliziosamente pensato |
che tali gesti di parvenza amorosa, in realtà erano versi |
nevrotici ripetuti ossessivamente per mettere alla prova la mia pazienza: |
vizi erano, mezzi subdoli per impedirmi di parlare e pensare. |
Uscito dalla bettola, andai a cercare una nicchia erbosa dove |
avevamo fatto l'amore. In verità non era stato agevole: tra le erbe |
c'erano ortiche, spini e sassi acuti; mi ci vollero dieci minuti di |
sforzi per arrivare al piacere, oltretutto non condiviso da lei: |
ebbene gli sgraffi di entrambi per quella mia copula tribolata, |
non ci diedero angoscia poiché nel primo pomeriggio, in casa mia, |
avevamo già fruito di cinque orgasmi pieni, a testa, e ancora di più |
perché ci stavamo simpatici, ci fidavamo a vicenda nel maggio del |
'79. |
Cercavo quel luogo situato tra la vegetazione lussureggiante che |
non c'era più. Tuttavia lo trovai. Mi colpì la presenza di tre |
gruppetti, ciascuno di tre viole, che sbucavano dal terreno spoglio, |
duro e grigio. Quanto mutata era la calva e scolorita terra di aspetto |
ferreo17
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di quel fine inverno da quella variopinta e canora di |
maggio! E com'era mogia l'anima mia in confronto ai salti di gioia |
che faceva quando ifigenia, con splendidissima vitalità, con |
intuizioni geniali, con l'aurea bellezza, l'aveva liberata dalle Nota |
17 |
Cfr. Orwell, 1984, trad. it. Mondadori, 1989, p.30: "Era nel Parco, in una |
fastidiosa giornata di marzo, rigida e ventosa, e la terra sembrava di ferro, e tutta |
l'erba sembrava morta e non c'era neppure un germoglio da nessuna parte, tranne |
qualche croco, qua e là, spuntato solo per essere spazzato dal vento". |
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rugginose catene dei luoghi comuni! Staccai dal terreno un terzetto |
di viole lasciando là gli altri due: i tre fiori raccolti erano il |
simbolo delle primavere vissute con lei; i sei, rimasti a |
segnare e consolare la nicchia santa, rappresentavano la speranza |
di ritrovare la mia compagna, di passare nuove stagioni felici con |
ifigenia. |
Dopo avere messo in tasca le tre creature strappate alla terra, mi |
avviai per una strada sulla quale avevamo camminato a lungo il |
pomeriggio in cui la mia amante aveva confessato al marito coetaneo che |
amava riamata un uomo di trentaquattro anni. Era giugno. |
Temevamo di non avere abbastanza da dirci nelle lunghe giornate |
che avremmo quasi dovuto passare insieme dopo la possibilità |
a frequentarci come due fidanzati. Tanto più che era finita |
la scuola, la sua supplenza, e con il liceo ci erano venuti meno un ambiente, un |
modus vivendi, e il principale argomento di conversazione. Per |
nascondere tale timore, parlai più del solito: le raccontai un |
romanzo di Thomas Mann che avevo letto da poco; poi celebrai con parole rituali e pure commosse lo |
splendore della natura nel mese più illuminato; quindi esposi i |
miei vari piani per tornare al liceo, tutti vanificati dal fato urgente |
che mi spingeva con forza verso questo romanzo. Ifigenia non |
parlava; immagino che condividesse la mia paura di fondo: che le |
ore a disposizione, diventate fin troppe, avrebbero reso meno |
commosso e attivo, ossia tanto noioso, o addirittura angosciante il |
nostro frequentarci. Invece poi, sulle spiagge adriatiche dove |
stavamo insieme dalla mattina alla sera nel sole e nell'acqua, ce la |
cavammo bene aumentando le razioni quotidiane di sesso, baci e |
sorrisi. |
Rievocavo tutto questo percorrendo una |
strada |
sterrata in |
direzione di una casa colonica abbandonata, una delle tante dove |
avevamo giocato all'amore:"Ibi illa multa tum iocosa fiebant "18.
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Volevo entrarci per osservare, aspirarne gli odori e ricordare. Ma |
poco prima di arrivarci, in un campo verde di grano notai il corpo |
massacrato di un piccolo gatto: lo guardai con attenzione e mi |
commossi pensando che Ifigenia nelle mie mani era stata |
18 |
Catullo, Carmi, 8, 6. Allora là si facevano quei molti giochi amorosi. |
|
indifesa come quella bestiola nel momento in cui |
qualche barbaro l'aveva ammazzata. Quando mi aveva chiesto |
aiuto per crescere, certamente mi aveva donato il suo corpo bello, |
ma, saziata la grande libidine , io non sapevo più che farne, e lei |
non aveva altro da offrirmi; ebbene in tali circostanze, alla |
creatura appiccicosa, noiosa, lamentosa, non avevo fatto tanto |
male da schiacciarla e annientarla. Questa era una consolazione |
non piccola. |
Concluso il pellegrinaggio, rientrai nell'osteria per nutrirmi. Chiesi |
un solo panino, nemmeno grande, e un bicchier d'acqua, secondo |
la promessa fatta la sera prima all' ex compagna. |
Quindi tornai a casa. Erano le quattro. Pioveva. Mi sentii molto |
solo e infelice. Scesi nell'autorimessa per vedere se c'era ancora la |
sua bicicletta, una Bianchi nera, nuova fiammante. Non la vidi. |
Era venuta a prenderla, con le chiavi che le avevo lasciato, senza |
salire in casa, oppure salendo mentre ero fuori. Provai il terrore di |
averla perduta davvero, e per sempre. |
Salii sulla mia bicicletta e pedalai sotto la pioggia fino alla libreria |
Feltrinelli dove ci eravamo dati il primo appuntamento nell'ottobre |
del '78. Poi tanti altri. Mi fermai davanti alla vetrina più grande. |
Di fronte ci sono le torri. Lì confluiscono diverse strade. Il cielo, |
uniformemente grigio, non mi attirava: non lo guardavo come Agave alla fine delle Baccanti e come faccio spesso anche io; dalle vie confluenti dove mi trovavo |
speravo di vedere arrivare ancora una volta lei, la donna che mi aveva lasciato. Come il |
sole da una nuvola acquosa, in quel tempo lontano Ifigenia era sbucata dalla San Vitale, arteria |
angusta e buia che porta a Ravenna e alla marina. Indossava un |
impermeabile chiaro, foderato di lana; aveva i capelli neri, |
luminosi, non lunghi, e negli occhi scuri, brillanti di gioia, |
racchiudeva un sorriso rivolto alle sue stesse speranze, alla sua |
attesa d'amore, e alla mia. Purtroppo quel giorno lontano non |
avevo apprezzato debitamente i presagi lieti, le promesse e le |
speranze di felicità impresse nel volto della ragazza che avanzava |
splendidamente verso di me per farmi partecipare dei suoi doni |
celesti. Anche per questo speravo di vederla arrivare un'altra volta. |
Troppo occupato dalla brama, prima, poi dalla rischiosa fatica di |
godere la sua carne fresca e soda, avevo perduto l'occasione di |
contemplare e comprendere la poesia incarnata in lei. In quel |
tempo volevo trovare il Giovanni di Mozart dentro di me, |
l'ingannatore , l'iniquo 19
|
che Kierkegaard definisce "l'ncarnazione |
della carne"20.
|
Da imbecille qual ero, avevo seguito una suggestione fantasiosa imparata perdendo |
un'occasione di felicità reale. Però forse quanto non avevo realizzato |
vivendo, l'avrei compiuto scrivendo. Valeva la pena di ripercorrere |
con la memoria e fissare su tanti fogli con la parola scritta, la |
storia di due anni e quattro mesi passati con lei; anche |
di |
un'enorme fatica pluriennale |
era degna quell'opera, pure |
a |
discapito di altre occupazioni piacevoli o serie essa andava compiuta, |
siccome con tale impresa avrei capito e fatto capire quanto nei libri |
non si poteva trovare |
raffigurato con la |
chiarezza e la |
densità che avrei voluto raggiungere. Bisognava |
comprendere per quale ragione un benessere fondato su orgasmi |
molto numerosi e piacevoli, però istantanei e bisognosi di |
conferme continue, non fosse cresciuto fino a diventare gioia certa |
e sicura- eujdaimoniva, un buon rapporto con il mio demone e con quello di lei. |
Con tale proposito tornai a casa. Guardai i pochi appunti che |
avevo preso durante la relazione e le rarissime lettere scambiate |
con la fanciulla. Avrei dovuto usare la forza della memoria. |
Presi in mano per primo il foglio che Ifigenia mi aveva scritto |
e mai spedito quando ero a Debrecen: il mancato espresso che |
aspettavo ogni giorno finché arrivò un telegramma che lo |
preannunciava; da allora lo agognavo ogni momento del dì e della |
notte, con dolore e sospetto crescente a mano a mano che il tempo |
passava, invano, fino all'ultimo giorno dell'atroce vacanza, quando |
ripartii per Bologna e decisi che era assurdo soffrire per una |
creatura del genere, probabilmente infedele, sicuramente bugiarda. |
Rilessi dunque la lettera che la ragazza mi |
consegnò quando ci incontrammo a casa mia. Ne sottolineai e |
trascrissi alcune parole:"Ho visto i tuoi occhi: avevi un'espressione |
dolce e sorridevi. Dio com'eri bello!". |
Note |
19 |
Cfr. Don Giovanni di Mozart-Da Ponte, I, 5: “Stelle! L'iniquo fuggì”. |
20 |
Cfr. L'idea del Don Giovanni e la musica di Mozart, trad. it. Mondadori, |
Milano, 1981, p.98. |
“Tutt’al più lepido moretto, pensai con ironia. |
Poi però volli guardarmi in uno specchio, quello del bagno, fissato |
sopra il lavabo. Brutto proprio, non ero diventato, eppure rispetto |
al tempo della felicità sessuale, avevo assunto un'espressione dura, |
tirata, che certamente non mi donava. |
Tornai nello studio a meditare sulle parole di quel foglio. Quando |
le lessi per la prima volta, nell'agosto del '79, vi cercavo una cosa |
sola: un indizio del tradimento di cui ero quasi sicuro. Il 15 marzo |
del 1981 invece mi sembrò una prova d'amore. Annotai anche |
queste frasi:"Per me ora sei l'Unico: il più intelligente, il più |
sensibile, il più sincero, il più giusto, il più dolce, il più |
desiderabile, il più sensuale. Tu sei così completo! Rappresenti la |
vera bellezza spirituale. Davvero per me sei così. Ed io, io ti amo e |
tu mi ami. Non è una cosa meravigliosa? Ce l'abbiamo fatta! Il |
nostro amore è troppo vero, unico e profondo perché la prova |
potesse fallire. Abbiamo vissuto insieme, giorno dopo giorno, |
arricchendoci ed essendo tanto felici. Sono emozionata e contenta |
perché finalmente sono riuscita a scriverti". |
Misi la lettera tra le carte da usare per il romanzo. Se mi fosse |
arrivata a Debrecen, forse non avrei smesso di amarla. |
Quando, troppo tardi, la lessi a Bologna, mi sembrò falsa e demente. Un anno e |
mezzo dopo invece ne sottolineavo e trascrivevo le espressioni |
con venerazione commossa. Era diventato un documento prezioso, |
come l’apoteosi tardiva di un eroe iniquamente condannato dal suo |
popolo ingrato cui aveva reso immensi benefici. Solo dopo la |
morte era stato onorato, santificato, invocato nelle orazioni, e |
vanamente rimpianto per sempre. |
Pensato questo, decisi di non divagare e copiai le poche parole |
scritte da quando conobbi Desdemona al 31 dicembre del '78. |
Tredici ottobre:"Oggi una nuova collega giovane e bella |
mi si è offerta, ma l'ho rifiutata". |
Nemmeno una parola di commento."Soltanto.. anni dopo ci |
ricordiamo che il più grande avvenimento della nostra vita |
sentimentale si è attuato, senza che avessimo il tempo di |
accordargli una lunga attenzione, quasi di prendene conoscenza", |
pensai ricordando un suggerimento di Proust21 .
Nota |
|
21 |
Cfr. M. Proust, All'ombra delle fanciulle in fiore, trad. it. Einaudi, Torino, |
1978, p.475-476. |
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Dalla metà di novembre compare la paura di amare. "I mostri, la |
peste clericale, le zie", pensai. |
Dicembre ha poche parole su alcuni errori di stile, di intelligenza |
della ragazza e sull'angoscia che mi avevano inflitto. |
Alle cinque e tre quarti il sole sbucò dalle nuvole. "Presagio di |
estate felice?" mi domandai citando il mio dramma. |
Significherebbe il recupero delle forze vitali intirizzite. |
Nota assai positiva in data 4 maggio 1979:" Sto accettandola in |
tutti i suoi aspetti". Un sentimento raro. Durante quegli ultimi |
giorni felici, raggiungemmo il culmine. Doveva esserci una |
fusione o trasfusione anche mentale. Altrimenti non avremmo |
fatto l'amore così tante volte, così dappertutto: anche in mezzo ai |
cespugli quasi spinosi, agli avvallamenti dell'autostrada, poco cupi |
di giorno e d'estate, nei gabinetti mobili e rumorosi, quasi |
vociferanti dei treni in corsa. |
Gli appunti del mese di Debrecen, piuttosto abbondanti, |
descrivono giorno per giorno la decadenza e la fine. della nostra |
fantastica intesa. Ne avrei ricavato un lungo episodio, quasi un |
libro nel libro.
Pesaro primo settembre 2024 ore 10, 45 giovanni ghiselli p. s. Statistiche del blog
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[1] Questa notte mi sono svegliato, ho ricordato Marisa e mi sono chiesto se la rivedrò. Mi piacerebbe.
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