A un certo punto il ragazzo studioso Angel aiuta quattro ragazze a superare una pozzanghera ma è evidente che è attratto da una sola di queste.
Quando è la volta di prendere in braccio l’amata, l’innamorato mormora: “Tre Lie per ottenere una Rachele” Three Lehas to get one Rachel ” (Tess, III, XXIII).
Io, quasi senza volerlo, sussurrai: “Fa tutto soltanto per Tess”.
Ifigenia, non a torto, prese queste parole come una confessione del mio interesse preponderante per la nuova supplente e si mise a piangere.
Poi disse: “la nostra storia finisce oggi com’è cominciata: citando Tess. Uno dei primi giorni mi prendesti una mano e mi accarezzasti le dita, poi mi domandasti: “quali sono le mie e quali le tue?” Ti risposi: “sono tutte tue, they are all yours” (Tess, IV, 33).
Confesso che era una scena del mio repertorio amoroso imparata dal romanzo di Hardy, impiegata con almeno una delle finlandesi e insegnata a Ifigenia. Faceva effetto sulle donne corteggiate.
“Tu allora mi dicesti che io ero la tua borsa di studio più bella e la più preziosa di tutte”.
“Sei ancora il grande premio della mia vita[1]”, le risposi in fretta. Volevo vedere il film in pace e rimandai le spiegazioni all’uscita dal cinema. Come fuori dal cinema, decisi che era necessario un chiarimento e la invitai a casa mia. Non ci stendemmo nel grande letto però, né sul divano dello studio come si faceva quando ci amavamo e volevamo fare l’amore. Allora non c’era bisogno di spiegazioni. La voglia di fare prevaleva su quella di parlare. La potenza della prassi superava quella del logos quale parola e pensiero.
Ifigenia aveva il viso ancora segnato dal pianto e mi piaceva di nuovo: pensavo che si era tolta la maschera inespressiva applicata al volto per non farmi vedere i sentimenti e le intenzioni occulte.
Come fummo seduti, disse che dovevo chiarirle se la amavo ancora, se credevo di poter ricevere altri stimoli buoni da lei, o se avessi bisogno di un’altra donna per fare le cose egregie che dovevo a me stesso. Le sembrava che avessi voluto significarle questo secondo corno del suo doloroso dilemma durante il film.
I suoi occhi avevano un’espressione infelice ed era autentica come non la vedevo da tempo: deposta l’aria da mima che la rendeva falsa, volgare e poco attraente, Ifigenia appariva bella.
Mi venne in mente che avremmo potuto ancora aiutarci a vicenda.
Lo dovevo a lei e anche a me stesso. Se l’avessi perduta, avrei subito una degradazione della mia identità, una regressione a tempi lontani e poco belli. Sicché iniziai a parlarle umanamente e amorosamente, come non facevo da tempo.
Feci un rapido calcolo dei vantaggi e delle perdite di entrambi, poi dissi: “No, non lasciarmi: io ho aspettato te per tanti anni e ti amo. Tutto quanto faccio di buono è motivato da te: quando studio cerco argomenti da sviluppare parlando con te, quando corro, penso che il fisico mio deve essere al suo meglio per non essere del tutto indegno del tuo; nell’espormi al sole tento di raccogliere luce sul volto e colore nel corpo perché il divario tra i nostri aspetti non diventi stridente e faccia scalpore. Per venire alla scena del film che ti ha fatto piangere, certamente mi adopero parecchio per piacere anche ad altre persone: gli allievi e pure alcuni colleghi: voglio mantenere alta la mia reputazione di ottimo professore poiché devo tornare a insegnare letteratura al triennio. Anzi, con il tempo voglio entrare all’Università. Se rimarrò troppo a lungo nel ginnasio, una palestra di grammatica più che altro, perderò le competenze e le capacità acquisite in tre anni di studio appassionato e indefesso che ho intrapreso per tradurre con precisione e commentare con intelligenza sapiente i testi degli autori ottimi, i più eleganti e più educativi. E’ Il lavoro che ha attirato tante persone, te compresa, mentre ha creato invidia in altre. Non vorrei che la pena subentrasse all’invidia. Devo tornare presto al liceo, poi avanzare ancora. Anche nell’Università da studente ho incontrato docenti che davano poco o niente ai discenti. Con la forza e la passione che metto nello studio posso educare tanti giovani desiderosi e capaci di imparare. E vorrei anche arrivare a scrivere dopo avere studiato altri testi buoni e acquisito uno stile mio. Tu potrai aiutarmi in questo, se vorrai seguitare a essere la mia Musa”.
Ifigenia sentì e capì che parlavo sul serio: sorrise, mi prese la mano destra e disse: “gianni: io adesso sono molto felice”.
“Anche io, grazie a te”, replicai contraccambiano.
Mi venne in mente l’alba di un agosto lontano, quando mi scusai con Helena dopo avere capito che le stavo facendo del male, e pure lei tornò a sorridermi dopo le lacrime.
Bologna 6 gennaio 2025 giovanni ghiselli ore 17, 37
p. s.
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Breve appendice: il prossimo esame di maturità
Leggo tante banalità su consigli dati ai maturandi per quanto riguarda lo scritto di italiano. Ho fatto la maturità una volta da studente nel 1963 al Mamiani di Pesaro e almeno venti volte da esaminatore.
Ho trovato ragazzi preparati molto bene al Parini, al Beccarla di Milano e al Virgilio di Roma. Comunque ho sempre imparato qualcosa dai maturandi. Sapevo ascoltarli.
Non lesinate l’ascolto a chi vi interroga: è il primo segno dell’educazione. Quindi rispondete al nucleo della domanda.
Se non conoscete l’argomento, non raffazzonate: farete migliore figura confessando di non conoscerlo e chiedendo la cortesia di un altro quesito.
Consiglio agli studenti di mettersi nei panni di chi legge o ascolta. Quindi dovete cercare di essere chiari e ordinati prima di tutto. Respingete l’attuale moda dell’oscurità nel parlare e nello scrivere. La chiarezza tuttavia non deve arrivare all’ovvietà, alla ripetizione mnemonica del luogo comune.
Cercate di essere eleganti e magari originali, genialmente originali. Mostrate anche la competenza letteraria acquisita con lo studio attraverso le citazioni di parole belle di autori bravi. Queste colpiscono la sfera motiva degli esaminatori e li dispongono bene verso il candidato.
Evitate gli stereotipi delle propagande e della pubblicità.
Date prova di un certo spirito critico, capace di dare giudizi su quanto vi hanno fatto studiare, su come vi hanno fatto studiare.
Vi ho segnalato quanto mi è servito nella vita, non solo in quella scolastica.
Se me lo chiederete, tornerò sull’argomento.
[1] The great prize of my life nel romanzo di Hardy (Iv, 34)
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