Alle otto di sera, quando le telefonai, Ifigenia non era in casa. Chi rispose mi disse che forse era alla scuola di recitazione. Siccome la mia chiamata era prestabilita e concordata, fui preso da un'angoscia soffocante. Salivo a stento la scala di legno dell'albergo per arrivare in camera, chiudermi dentro e buttarmi sul letto se non fossi stramazzato prima sui gradini. Barcollavo con il corpo e con lo spirito: come uno spastico non riuscivo ad armonizzare i movimenti somatici né a dominare le convulsioni della mente ferita. Rimasi dieci minuti disteso a domandarmi perché quella ragazza indefinibile mi avesse lasciato: doveva averne trovato uno che le piaceva o conveniva di più; però in un caso del genere, dopo due anni e mezzo che si sta con un uomo, si prende tempo, ci si pensa, se ne parla con lui, prima di andare con un altro: non si butta via in poche ore una relazione lunga e non del tutto immonda come la nostra. In effetti sarebbe finita in tale maniera. Non era questo lo schianto finale, ma lo prefigurava: la sera del due marzo, presentivo e presoffrivo la notte compresa tra il dodici e il tredici giugno di quella stessa primavera agli sgoccioli. Quando ver veniet meum? Ho imparato a sopportare i colpi inferti dalla sorte prevedendoli e presoffrendoli in modo che il loro urto sopraggiungesse su un callo già formato e indurito tanto da lasciarmi in vita con la voglia di ricominciare e rifarmi con gli interessi. Nel lavoro e nell’amore non mi sono sbagliato mai e non mi sono lasciato sbaragliare dopo l’esperienza più tragica: quella distruttiva dell’identità che ho già raccontato. Andò dai 19 ai 21 anni. Un dolore terribile che è stato scuola di vita. Avevo tutto il tempo davanti per rifarmi. Allora il rimedio fu smettere di frequentare i malevoli deleteri, cambiare aria e guardarmi intorno in cerca di persone educate, buone, generose inclini all’aiuto reciproco. Ne ho trovate diverse, come sa chi mi legge. Sono già emigrate quasi tutte da questa terra eppure sono dentro di me e mi aiutano ancora: Fulvio, Antonia, Piero, Rodolfo poi alcuni altri. Di Elena augusta e preziosa non so se sia ancora viva. Umberto lo è e gli invio un saluto pieno di gratitudine. Delle numerose consanguinee e dei rari consanguinei non dico: già ognuno dei miei lettori lo sa. Sono molto grato anche a loro. L’ingratitudine è il marchio della feccia. Che Dio me ne guardi! Ma torniamo al marzo del 1981. Appena ebbi recuperate le forze, per evitare che mi scoppiasse la testa, decisi di uscire e camminare sotto le stelle che stanno sopra di noi e danno segnali preziosi a chi sa osservarle. Quando fui in fondo alle scale però, come dio volle, il portiere disse che mi aveva cercato una signorina, Ifigenia, e aveva lasciato detto di chiamarla a casa, appena fossi tornato. Corsi nella cabina con i venti gettoni che mi portavo in tasca sempre, come quando ero rinchiuso in caserma e nell'ospedale militare e pure in quelli civili aspettando operazioni che potevano uccidermi già con l’anestesia totale. Afferrai l'apparecchio, feci il numero con mano tremante. Rispose lei. "Ciao tesoro, scusa il ritardo, ma sono tornata a vedere Ludwig per sentirmi in qualche maniera vicina a te. Dopo, ho fatto una corsa bestiale per arrivare in tempo: l'autobus non arrivava mai. Scusami". "Prego, prego - risposi - però mi sono preso paura che ti fosse successo qualcosa". "Mi è successo che senza di te la mia vita è incompleta, e io non funziono bene. Io ti amo tanto". "Anche io". Nonostante l'aria chiusa della cabina, il petto mi si era aperto e riempito di salute, di forza, di gioia. "Adesso vado a fare due passi e a pensarti con riconoscenza per quanto mi hai detto: sono proprio felice". Uscii nella notte illune, raggiante di felicità. Ringraziavo gli dei e il mio destino di non avermi privato troppo per tempo di una donna siffatta. Ora so che mi restavano altri tre mesi e mezzo scarsi. Sono bastati però a farmi individuare il cammino, la strada - oJdov~ - sulla quale procedere metodicamente senza di lei. Bologna 28 giugno 2025 ore 11, 16 giovanni ghiselli p. s. Statistiche del blog Sempre1761102 Oggi232 Ieri701 Questo mese23390 Il mese scorso14567 |
Già docente di latino e greco nei Licei Rambaldi di Imola, Minghetti e Galvani di Bologna, docente a contratto nelle università di Bologna, Bolzano-Bressanone e Urbino. Collaboratore di vari quotidiani tra cui "la Repubblica" e "il Fatto quotidiano", autore di traduzioni e commenti di classici (Edipo re, Antigone di Sofocle; Medea, Baccanti di Euripide; Omero, Storiografi greci, Satyricon) per diversi editori (Loffredo, Cappelli, Canova)
sabato 28 giugno 2025
Ifigenia CXCV. Due telefonate: una tragica e una lirica.
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