I riti notturni di piazza Verdi a Bologna e quelli di Euripide e Tito Livio
Hanno
qualcosa in comune? Dico di no
I riti
notturni considerati con sospetto da Ippolito e da Penteo nelle Baccanti
Ippolito saluta Afrodite provswqen, da lontano,
poiché, dice, sono casto - aJgno;" w[n - (Ippolito,
102). Un servo gli fa notare che la dea dell’amore è comunque una divinità
veneranda e insigne
Allora il giovane presenta una sua
obiezione ai riti notturni: oujdeiv~ m’ ajrevskei nukti;
qaumasto;~ qew`n Ippolito (106), nessuno tra gli dèi venerati di
notte mi piace.
Leggiamo 5
versi delle Baccanti di Euripide (485 - 490). Tratti da una
sticomitia tra Penteo e Dioniso.
Penteo. I
riti li celebri di notte o di giorno?
Dioniso. Per
lo più di notte: la tenebra ha qualcosa di sacro.
Penteo.
Questo riferito alle donne significa inganno e vizio .
Dio. Anche
di giorno uno potrebbe trovare della turpitudine.
Pen. Tu devi pagare il fio dei tuoi
sofismi malvagi. 489 –divkhn se dou'nai dei'
Dio. Tu
piuttosto quello della tua incapacità di comprendere - ajmaqiva"
- poiché sei
empio verso il dio kajsebountJ ej" to;n qeovn - .
La malizia del burocrate e quella del giovane casto
divkhn se dou`nai dei` (v. 489): “Pentheus excitedly smells immorality again, and when
the Stranger explains that morals don’t depende on the time of day, he loses
his temper - observe the explosive d - d - d - in 489 (so Jason in his rage cries dwvmasin dwvsei
divkhn[1], Med. 1298).
Hippolytus has a like objection to nocturnal rites,
Hipp. 106 oujdeiv~ m’ ajrevskei nukti;
qaumasto;~ qew`n”[2], Penteo con eccitazione fiuta di
nuovo immoralità, e quando lo Straniero spiega che la morale non dipende
all’ora del giorno, egli perde la sua calma - nota l’esplosivo d - d - d al v. 489 (così Giasone nella sua rabbia grida dwvmasin dwvsei
divkhn[3], Med. 1298).
Ippolito fa un’obiezione del genere ai riti notturni: nessuno tra gli dèi venerati di
notte mi piace (Ippolito, 106).
I Baccanali. Una prava religio, religione depravata
Secondo Tito
Livio la religio seguita da Camillo è santa, mentre sono turpi i Baccanali venuti
a Roma dall’Etruria attraverso la mediazione di un Graecus ignobilis (39,
8). “Huius mali labes ex Etruria Romam veluti contagione morbi penetravit.”
(39, 9), la vergogna di questo male penetrò a Roma dall’Etruria come per il
contagio di un morbo. Nel 186 a. C. il console Postumio fece un’indagine e la
schiava Ispala rivelò che si trattava di riunioni notturne promiscue: “nihil
ibi facinoris, nihil flagitii praetermissum. Plura virorum inter sese quam
feminarum esse stupra. Si qui minus patientes dedecoris
sint et pigriores ad facinus pro victimis immolari. Nihil
nefas ducere, hanc summam inter eos religionem esse” (39, 13), nessun misfatto, nessuna
turpitudine lì erano omessi. I connubi vergognosi tra maschi erano più
frequenti che con le donne. Se alcuni erano meno meno disposti a subire il
disonore ed erano troppo restii ai misfatti venivano sacrificati come
vittime. La perfetta iniziazione
era non considerare nulla come illecito.
Postumio
riferì in senato, ed esso affidò ai consoli “quaestionem deinde de
Bacchanalibus sacrisque nocturnis extra ordinem” (39, 14), l’inchiesta sui Baccanali
e i riti notturni con mandato straordinario.
Quindi
Postumio convocò l’assemblea popolare e, salito sulla tribuna (rostrum)
informò il popolo. Disse che gli strepiti e gli ululati notturni avevano già
fatto avvertire il fenomeno diffuso in tutta Italia[4] ma
ancora non ne era conosciuta la turpitudine: “Primum igitur mulierum magna
pars est, et is fons mali huiusce fuit; deinde simillimi feminis mares stuprati et constupratores fanatici, vigiliis, vino, strepitibus
clamoribusque nocturnis attoniti” (39, 15), dapprima dunque la parte grande
la fanno le donne, e tale è la fonte di questo male; poi maschi del tutto
simili alla femmine, violentati e violentatori invasati, intontiti dalle
veglie, dal vino, dalle urla e dai clamori notturni.
La
setta non ha ancora grandi forze ma le acquisterà “quod in dies plures fiunt”,
poiché aumentano di giorno in giorno. I ragazzi vengono iniziati giovanissimi e
da tale gioventù non si possono ricavare dei soldati. La forza dell’esercito,
la sua disciplina,
altro valore che entra nella sfera del fas, spariranno dunque con
la santità della pudicitia: “Hi cooperti stupris
suis alienisque pro pudicitia coniugum ac liberorum vestrorum ferro decernent?”
(39, 15), questi coperti delle vergogne sessuali proprie e altrui,
combatteranno per la pudicizia delle mogli e dei figli vostri?
Ecco che le
orge bacchiche mettono in crisi alcuni valori forti della repubblica. Il
contagio di tali turpitudini è pericoloso: “Nihil enim in speciem fallacius
est quam prava religio. Ubi
deorum numen praetenditur sceleribus, subit animum timor ne fraudibus humanis vindicandis divini iuris aliquid immixtum
violemus (39, 16), niente infatti è più ingannevole per l’immaginario
di una religione depravata. Quando la potenza degli dèi diviene pretesto di
delitti, subentra nell’animo il timore che nel reprimere le colpe umane si
violi qualche cosa del diritto divino confuso con esse.
I culti stranieri sono stati tradizionalmente proibiti poiché niente
dissolve la vera religio “quam ubi non patrio sed externo
ritu sacrificaretur”, tanto quanto laddove si sacrifica non secondo i riti
tradizionali ma quelli stranieri.
Si pensi alla posizione dei leghisti padani nei confronti della religione
musulmana. Si pensi viceversa al relativismo erodoteo.
Bisogna dunque abbattere le sedi dei Baccanali, disperdere i “nefarios
coetus”, le nefaste congreghe. Dopo questa assemblea, si diffuse il panico
tra i seguaci della nuova religione. Molti tentarono di fuggire, ma furono
arrestati dalle guardie poste alle porte, alcuni si uccisero. “Coniurasse
supra septem milia virorum ac mulierum dicebantur” (39, 17), si diceva che
i congiurati fossero più di sette mila. Si trattava dunque di una vera e
propria congiura contro la civiltà.
Quindi i consoli furono incaricati della demolizione dei locali “In
reliquum deinde senatus consulto cautum est ne qua Bacchanalia Romae neve in
Italia essent ” (39, 18), per il futuro quindi con un decreto del
senato si provvide che né a Roma né in Italia ci fossero i Baccanali.
[1] Do la traduzione di queste parole facendole precedere da un poco di
contesto : “ Donne, che state vicino a questa dimora,
è ancora
dentro quella che ha compiuto
atti
terribili, Medea, oppure è fuggita?
Bisogna
infatti che quella davvero si nasconda sotto terra
o alato
sollevi il corpo nella profondità del cielo,
se non
vuole pagare il fio alla casata dei sovrani. (Medea, vv.
1293 - 1298) ndr.
Giasone
Donne, che
state vicino a questa dimora,
è ancora
dentro quella che ha compiuto
atti
terribili, Medea, oppure è fuggita?
Bisogna
infatti che quella davvero si nasconda sotto terra
o alato
sollevi il corpo nella profondità del cielo,
se non vuole
pagare il fio alla casata dei sovrani. 1298 eij mh;
turavnnwn dwvmasin dwvsei divkhn
E' convinta
che dopo avere ammazzato i signori del paese
fuggirà con
i propri mezzi da questa casa, impunita? 1300
Ma in
effetti non mi do pensiero di lei quanto dei figli:
a quella
faranno del male coloro ai quali l'ha fatto,
io invece
sono venuto a salvare la vita dei miei bambini,
perché i
miei congiunti di stirpe non facciano loro del male,
facendo
pagare l'empio delitto materno.
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