Uccellacci e uccellini |
Il diritto del più forte
Nella Fedra di
Seneca, Ippolito menziona il
diritto del più forte tra gli aspetti della decadenza succeduta
alla fine dell’età dell’oro: “venit imperii sitis/cruenta; factus praeda
maiori minor; pro iure vires esse" (vv. 544 - 545), arrivò la
sanguinaria sete di impero; il più piccolo divenne preda del più grosso: al
posto del diritto c'era la forza.
Manzoni riprende il tovpo" della violenza del potere
nell' Adelchi quando il protagonista ferito consola il padre sconfitto: "Godi
che re non sei; godi che chiusa/all'oprar t'è ogni via: loco a gentile,/ad
innocente opra non v'è: non resta/che far torto, o patirlo. Una feroce/ forza
il mondo possiede, e fa nomarsi/Dritto." (V, 8). E' il diritto del più
forte.
Parini
in Il Mattino (prima parte di Il Giorno) aveva
già ricordato questo “dritto” stravolto: “e ben fu dritto/se Cortes e Pizzarro
umano sangue/non istimar quel ch’oltre l’Oceàno/scorrea le umane membra, onde
tonando/e fulminando/, alfin spietatamente/balzaron giù da’ loro aviti troni/re
messicani e generosi Incassi;/poiché nuove così venner delizie,/o gemma degli
eroi, al tuo palato!” (vv. 149 - 157)
Cfr. Uccellacci e uccellini di Pasolini
La spazzatura che si vede in giro è il correlativo oggettivo della
mancanza di amore tra noi umani
Il mondo senza Eros e Venere è una
colossale immondizia enormis eluvies
Nell’Asino
d’oro di Apuleio, Psiche punisce le sorelle attirandole in una
trappola e facendole morire. Ha perso la sua santa semplicità. Poi va a cercare
Amore e intanto avis peralba illa
gavia, va a parlare a Venere.
Il gabbiano dice che nell’assenza delle due divinità dell’amore, il mondo
sta precipitando nell’età del ferro: non voluptas, non gratia,
non lepos, sed incompta et agrestia et horrida cuncta; non nuptiae coniugales,
non amicitiae sociales, non liberum caritates, sed enormis eluvies, una colossale inondazione di immondizia et squalentium
foederum insuāve fastidium (5, 28) e una sgradevole noia di rapporti
squallidi.
La verbosa et satis
curiosa avis borbottava queste parole.
Credo che l’immondizia che si accumula in alcune nostre città sia
simbolica proprio della mancanza di concordia e simpatia tra gli esseri umani.
Senza l’amore non c’è bellezza, non c’è gioia né luce, nè vita
Senza
l’amore non c’è bellezza, non c’è gioia né luce, nè vita
“Io mi domando: “Che cos’è
l’inferno?” E rispondo: “La sofferenza di non poter più amare” (sua bellezza; e
allora ci abbracceremmo e romperemmo in lacrime” (I fratelli KaramazovVI,
3, p. 405, trad it. Bietti, 1968)
La Fedra di
D’Annunzio dice: “Mia madre/ nacque dal Sole e dall’Oceanina;/ e
per ciò sono anch’io piena di raggi/ e di flutti, sono piena di chiarori e di
gorghi” (Atto I).
A quanti vogliono andare sulla Luna
e su Marte dobbiamo fare pomti d’oro noi amantissimi della vita con i suoi
raggi, i suoi flutti, i suoi chiarori, i suoi gorghi, i suoi alberi con le
foglie e i suoi prati con i fiori variopinti
“Io non so come sia possibile
passare accanto a un albero e non sentirsi felici di vededrlo. Parlare con una
persona e non essere felice di volerle bene! (…) Guardate un bambino, guardate
l’alba divina, guardate come cresce un fuscello, guardate gli occhi che vi
guardano a loro volta e vi vogliono bene”. Dostoevskij, L’idiota (IV,
7, p. 700 trad. it. Garzanti, 1973)
“Signori! - esclamai a un tratto
dal fondo del cuore - guardate intorno a voi questi doni di Dio; questo cielo
azzurro, quest’aria pura, quest’erba tenera, gli uccellini, la natura bella e
innocente. Soltanto noi, noi unicamente, uomini empi e sciocchi,non vogliamo
capire che la vita è un paradiso; giacché basta che noi lo comprendiamo, perché
diventi subito un paradiso in tutta la sua bellezza; e allora ci abbracceremmo e
romperemmo in lacrime” (I fratelli Karamazov,
VI, 1, p. 380, trad it. Bietti, 1968)
La nutrice rinfaccia a Ippolito di
essere uno truculentus
et silvester (Fedra, v. 462), truce e selvatico,
in quanto passa una gioventù senza Venere, una dea che colma i vuoti della
razza umana. Se la escludi, il mondo rimane senza vita: “Excedat… rebus
humanis Venus…vacuum sine ullis piscibus stabit mare/alesque caelo derit et
silvis fera (v. 469 ss.), mancherà l’uccello al cielo e la fiera ai
boschi.
Insomma: orbis iacebit
squalido turpis situ (471), il mondo giacerà brutto in uno schifoso
squallore.
Proinde vitae sequere
naturam ducem (v. 481), segui dunque la guida della natura
Cfr. Il Pervigilium Veneris
Cras amet qui numquam
amavit, quique amavit cras amet,
Ver novum ver iam
canorum; vere natus orbis est,
Vere concordant
amores vere nubunt alites,
Et nemus comam
resolvit de maritis imbribus. (1 - 4)
(…)
Iam loquaces ore
rauco stagna cygni perstrepunt,
adsonat Terei puella
subter umbram populi,
ut putes motus amoris
ore dici musico
et neges queri
sororem de marito barbaro
Illa cantat, nos
tacemus. Quando ver venit meum?
Quando faciam uti
chelidon, ut tacere desinam? (85 - 90)
Sette trochei e mezzo: tetrametro
trocaico catalettico in syllabam con
un anceps finale
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