NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

Ciclo di incontri alla biblioteca «Ginzburg». Protagonisti della storia antica

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martedì 12 novembre 2019

Il potere e l'amore

Uccellacci e uccellini

Il diritto del più forte

Nella Fedra di Seneca, Ippolito menziona il diritto del più forte tra gli aspetti della decadenza succeduta alla fine dell’età dell’oro: “venit imperii sitis/cruenta; factus praeda maiori minor; pro iure vires esse" (vv. 544 - 545), arrivò la sanguinaria sete di impero; il più piccolo divenne preda del più grosso: al posto del diritto c'era la forza.

Manzoni riprende il tovpo" della violenza del potere nell' Adelchi quando il protagonista ferito consola il padre sconfitto: "Godi che re non sei; godi che chiusa/all'oprar t'è ogni via: loco a gentile,/ad innocente opra non v'è: non resta/che far torto, o patirlo. Una feroce/ forza il mondo possiede, e fa nomarsi/Dritto." (V, 8). E' il diritto del più forte.


Parini in Il Mattino (prima parte di Il Giorno) aveva già ricordato questo “dritto” stravolto: “e ben fu dritto/se Cortes e Pizzarro umano sangue/non istimar quel ch’oltre l’Oceàno/scorrea le umane membra, onde tonando/e fulminando/, alfin spietatamente/balzaron giù da’ loro aviti troni/re messicani e generosi Incassi;/poiché nuove così venner delizie,/o gemma degli eroi, al tuo palato!” (vv. 149 - 157)
Cfr. Uccellacci e uccellini di Pasolini

La spazzatura che si vede in giro è il correlativo oggettivo della mancanza di amore tra noi umani

Il mondo senza Eros e Venere è una colossale immondizia enormis eluvies
Nell’Asino d’oro di Apuleio, Psiche punisce le sorelle attirandole in una trappola e facendole morire. Ha perso la sua santa semplicità. Poi va a cercare Amore e intanto avis peralba illa gavia, va a parlare a Venere.
Il gabbiano dice che nell’assenza delle due divinità dell’amore, il mondo sta precipitando nell’età del ferronon voluptas, non gratia, non lepos, sed incompta et agrestia et horrida cuncta; non nuptiae coniugales, non amicitiae sociales, non liberum caritates, sed enormis eluvies, una colossale inondazione di immondizia et squalentium foederum insuāve fastidium (5, 28) e una sgradevole noia di rapporti squallidi.
La verbosa et satis curiosa avis borbottava queste parole.
Credo che l’immondizia che si accumula in alcune nostre città sia simbolica proprio della mancanza di concordia e simpatia tra gli esseri umani.
Senza l’amore non c’è bellezza, non c’è gioia né luce, nè vita
 Senza l’amore non c’è bellezza, non c’è gioia né luce, nè vita
“Io mi domando: “Che cos’è l’inferno?” E rispondo: “La sofferenza di non poter più amare” (sua bellezza; e allora ci abbracceremmo e romperemmo in lacrime” (I fratelli KaramazovVI, 3, p. 405, trad it. Bietti, 1968)

La Fedra di D’Annunzio dice: “Mia madre/ nacque dal Sole e dall’Oceanina;/ e per ciò sono anch’io piena di raggi/ e di flutti, sono piena di chiarori e di gorghi” (Atto I).

A quanti vogliono andare sulla Luna e su Marte dobbiamo fare pomti d’oro noi amantissimi della vita con i suoi raggi, i suoi flutti, i suoi chiarori, i suoi gorghi, i suoi alberi con le foglie e i suoi prati con i fiori variopinti
“Io non so come sia possibile passare accanto a un albero e non sentirsi felici di vededrlo. Parlare con una persona e non essere felice di volerle bene! (…) Guardate un bambino, guardate l’alba divina, guardate come cresce un fuscello, guardate gli occhi che vi guardano a loro volta e vi vogliono bene”. Dostoevskij, L’idiota (IV, 7, p. 700 trad. it. Garzanti, 1973)
“Signori! - esclamai a un tratto dal fondo del cuore - guardate intorno a voi questi doni di Dio; questo cielo azzurro, quest’aria pura, quest’erba tenera, gli uccellini, la natura bella e innocente. Soltanto noi, noi unicamente, uomini empi e sciocchi,non vogliamo capire che la vita è un paradiso; giacché basta che noi lo comprendiamo, perché diventi subito un paradiso in tutta la sua bellezza; e allora ci abbracceremmo e romperemmo in lacrime” (I fratelli Karamazov, VI, 1, p. 380, trad it. Bietti, 1968)
La nutrice rinfaccia a Ippolito di essere uno truculentus et silvester (Fedrav. 462), truce e selvatico, in quanto passa una gioventù senza Venere, una dea che colma i vuoti della razza umana. Se la escludi, il mondo rimane senza vita: “Excedat… rebus humanis Venus…vacuum sine ullis piscibus stabit mare/alesque caelo derit et silvis fera (v. 469 ss.), mancherà l’uccello al cielo e la fiera ai boschi.
Insomma: orbis iacebit squalido turpis situ (471), il mondo giacerà brutto in uno schifoso squallore. 
Proinde vitae sequere naturam ducem (v. 481), segui dunque la guida della natura

Cfr. Il Pervigilium Veneris
Cras amet qui numquam amavit, quique amavit cras amet,
Ver novum ver iam canorum; vere natus orbis est,
Vere concordant amores vere nubunt alites,
Et nemus comam resolvit de maritis imbribus. (1 - 4)
(…)
Iam loquaces ore rauco stagna cygni perstrepunt,
adsonat Terei puella subter umbram populi,
ut putes motus amoris ore dici musico
et neges queri sororem de marito barbaro
Illa cantat, nos tacemus. Quando ver venit meum?
Quando faciam uti chelidon, ut tacere desinam? (85 - 90)
Sette trochei e mezzo: tetrametro trocaico catalettico in syllabam con un anceps finale

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