NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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mercoledì 6 novembre 2019

L’eterna gioventù del classico


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L'interpretazione del classico è problematica e doppia:" anche nel nostro tempo è possibile scegliere tra due opposti usi del "classico" : quello che lo iconizza come un immobile sistema di valori e quello che vi cerca la varietà e la complessità dell'esperienza storica. Il primo dei due usi del "classico" (il più frequente) può accettare agevolmente, anzi incoraggiare, il continuo regresso degli studi classici nei percorsi formativi, perché si accontenta di poco (le icone si riveriscono, non si esplorano); il secondo richiede invece di interrogarsi a fondo sul possibile significato e futuro del "classico" nella scuola, nell'università, nella cultura condivisa dai cittadini"[1].
C’è addirittura chi riduce il classico a norme grammaticali e paradigmi verbali siccome non è in grado di pensare se non “tecnicamente” ossia per tecnicismi, e non ha il coraggio di scendere nella via a tamburellare ditirambi. Sono i Pentei della scuola, nemmeno degni di venire sbranati dalle baccanti. Grammatica e paradigmi sono indispensabili ma chi si ferma lì è un povero di spirito e non in senso cristiano.
Costoro soprattutto non hanno voglia di studiare né curiosità di imparare, Sono vecchi. Sono antigreci. I Greci che studiamo avidamente, gli autori greci che ci aiutano a conoscere il mondo e a capire noi stessi sono, come Odisseo, mossi dalla curiosità e dalla volontà di conoscere. Sono eternamente giovani: un sacerdote egiziani disse a Solone: ’W SÒlwnSÒlwn“Ellhnej ¢eˆ pa‹dšj ™ste, gšrwn dEllhn oÙk œstin, (Platone,  Timeo 22b4), Solone, Solone, voi greci siete sempre ragazzi. Un Greco vecchio non esiste.



[1] S. Settis, Futuro del "classico" , p. 106.


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