Abbiamo perduto la verità nel nominare le
cose: chiamiamo politici, ossia uomini che si adoperano per la polis,
individui che si impiegano esclusivamente per il loro tornaconto, succede
perfino che i profittatori vengano elogiati come benefattori e i fanfaroni
ignoranti valutati quali uimini di cultura.
Non è la prima volta che avviene tale transvalutazione generale che arriva
fino al lessico.
Nei conflitti interni molti valori si capovolgono: lo afferma
Tucidide a proposito della stavsi" di Corcira[1],
quando ci fu una tranvalutazione generale e le stesse parole
cambiarono il loro significato originario: "Kai;
th;n eijwqui'an ajxivwsin tw`n ojnomavtwn ej" ta; e[rga
ajnthvllaxan th'/ dikaiwvsei. Tovlma
me;n ga;r ajlovgisto" ajndreiva filevtairo" ejnomivsqh" (III, 82, 4), e
cambiarono arbitrariamente l'usuale valore delle parole in rapporto ai fatti.
Infatti l'audacia irrazionale fu considerata coraggio devoto ai compagni di
partito.
Nel Bellum Catilinae di Sallustio, Catone , parlando in
senato dopo e contro Cesare, denuncia questo cambiamento del valore delle
parole:"iam pridem equidem nos
vera vocabula rerum amisimus: quia bona aliena largiri liberalitas, malarum rerum audacia fortitudo vocatur,
eo res publica in extremo sita est " (52, 11), già da tempo
veramente abbiamo perduto la verità nel nominare le cose: poiché essere
prodighi dei beni altrui si chiama liberalità, l'audacia nel male, coraggio,
perciò la repubblica è ridotta allo stremo.
Nell'Hercules furens di Seneca, Megara denuncia
questo criterio:"prosperum ac felix scelus/virtus vocatur"
(vv. 251-252), il delitto utile e fortunato si chiama virtù.
Nella Pharsalia di Lucano è il potere delle armi rabbiose che porta a questa
trasfigurazione delle parole:"Imminet armorum rabies, ferrique
potestas/confundet ius omne manu, scelerique nefando/nomen erit virtus,
multosque exībit in annos/hic furor" (I, 666-669), incombe la rabbia
delle armi, e il potere del ferro sfigurerà ogni diritto con la violenza, e
virtù sarà il nome di delitti nefandi, e questo furore durerà molti anni.
E ancora: nel Macbeth di Shakespeare la moglie di Macduff
viene invitata a fuggire da un messaggero, prima che arrivino i sicari del
tiranno, e risponde: “Whither should I fly?-I have done no harm. But I
remember now.- I am in this earthly world where to do harm-is often laudable;
to do good, sometime-accounted dangerous folly” (IV, 2), dove dovrei
scappare? Io non ho fatto del male. Ma ora ricordo. Io sono in questo
basso mondo dove fare il male è spesso lodevole; fare il bene, talora è
considerata pericolosa follia.
Infine Guicciardini:
Giulio II -1503-1513-sarebbe stato “degno certamente di somma gloria se fusse
stato un principe secolare, o se quella cura e intenzione che ebbe a
esaltare con l’arti della guerra la Chiesa nella
grandezza temporale avesse avuta a esaltarla con l’arti della pace nelle cose
spirituali, : e nondimemo , sopra tutti i suoi antecessori di
chiarissima e onoratissima memoria; massimamente appresso coloro i quali, essendo perduti i veri vocaboli delle cose, e
confusa la distinzione del pesarle rettamente, giudicano che sia più
officio de’ pontefici aggiungere, con l’armi e col sangue de’ cristiani,
imperio alla sede apostolica che l’affaticarsi, con lo esempio più buono della
vita e col correggere i costumi trascorsi, per la salute di quelle
anime, per la quale si magnificano che Cristo gli abbia costituiti in terra
suoi vicari” ( Storia d’Italia, II, p. 1115).
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