Versi. 267-283 Dialogo con sticomitia- un verso a testa- tra la corifea e la nutrice trimetri giambici.
La corifea si rivolge alla vecchia fedele nutrice- pisth; trofhv -267- di Fedra dicendo che vede i casi disgraziati ma non capisce la natura del male e vorrebbe saperlo.
Le nutrici delle giovani donne nelle tragedie di Euripide si comportano più da mamme che da inservienti.
L’anziana donna però non sa quale sia il male della sua pupilla perché questa non si è ancora confidata nonostante le premure ricevute.
La corifea insiste: vorrebbe sapere almeno come è iniziato il male- quale ne sia l’ajrchv, il suo principio.
Nemmeno questo sa la nutrice: Fedra tace su tutto- pavnta ga;r siga`/ tade.
La corifea nota come è debole ajsqenei` nel corpo- devma~- e spossata la regina 274
Come no? dato che sta senza cibo - ou\s j a[sito~- da tre giorni 275
La corifea domanda se è per acciecamento mentale oppure la donna cerca di morire
Vuole morire: rifiuta il cibo per ripudio della vita ajsitei` d j eij~ ajpovstasin bivou-277
Quello che hai detto è strano se al marito va bene
Perché questa nasconde la sofferenza e nega di essere malata.
E lui guardandola in viso non lo congettura?
Di fatto si trova lontano da questa terra
Ma tu non fai pressione per costringerla tentando di conoscere il male e il di delirio della sua mente?
A questa sticomiti segue la rh`si~, un discorso di 26 trimetri giambici (284- 310) della nutrice
“A tutto sono ricorsa , e nulla di più ho ottenuto,
tuttavia nemmeno ora tralascerò il mio impegno
perché anche tu con la tua presenza possa testimoniare
di come io sia per natura nei confronti dei signori in disgrazia”.
Quindi la vecchia nutrice si rivolge a Fedra
“orsù, cara figliola, dimentichiamo i discorsi di prima
entrambe, e tu divieni più contenta
spianando il sopracciglio corrugato e la strada accidentata della tua mente,
mentre io, abbandonando a mia volta via per dove
ti seguivo, andrò verso un altro discorso migliore” (284- 292)
Ancora una volta è una questione della via sbagliata intrapresa quando stiamo male.
Oppure il male di Fedra, di Ippolito, di Teseo viene tutto da Afrodite ed èineluttabile?
Orazio , pur augusteo , sa bene che la castità di Ippolito e l'amicizia della dea vergine Artemide- Diana non bastarono a salvare Ippolito dalla morte:"Infernis neque enim tenebris Diana pudīcum/liberat Hippolytum " (Carm[1]. IV, 7, 25-26), infatti dalle tenebre sotterranee Diana non libera Ippolito casto
Sentiamo Dodds
Cipride dell’Ippolito (Dodds)
“The Kypris of the Hippolytus is none other than the Venus Genetrix of Lucretius, the Life Force of Schopenhauer, the élan vital of Bergson : a force unthinking, unpityng, but divīne. Opposed to her, as the negative to the positive pole of the magnet, stands Artemis, the principle of aloofness, of refusal, ultimately of death. Between these two poles swings-oscilla- the dark and changeful life of Man, the plaything which they exalt for a moment by their companinship, and drop so easily when it is broken:
makra;n de; leivpei~ rJa/divw~ oJmilivan”[2]
says Hippolytus bitterly”[3], La Cipride dell’Ippolito non è altro che la Venere Genitrice di Lucrezio, la Forza della Vita di Schopenhauer, lo slancio vitale di Bergson: una forza che non pensa, non sente pietà, però divina. Opposta ad essa, come il polo negativo a quello positivo del magnete, sta Artemide, il principio della freddezza, del rifiuto, e in definitiva della morte. Tra questi due poli oscilla la scura e cangiante vita dell’Uomo, il giocattolo che essi innalzano per un momento con la loro amicizia, e poi cade così facilmente quando è rotto: “Tu lasci facilmente la nostra lunga compagnia, dice Ippolito amaramente”.
E’ il rimprovero del giovane ad Artemide che l’ha abbandonato
In questa tragedia Cipride rappesenta la potenza massima
Nel primo episodio la nutrice di Fedra le attribuisce una forza d'urto ineluttabile:" Kuvpri" ga;r ouj forhto;n h]n pollh; rJuh'/" (v. 443 rJevw, aor III passivo intransitivo ejrruvhn ), Cipride infatti non è sostenibile quando si avventa (scorre) con tutta la forza.
Ella si accosta- metevrcetai- con mitezza-hjsuch'/- a chi cede to;n ei[konq j-, ma fa strazio di chi trovi altero e arrogante (444-445).
Va su e giù per l’etere ed è nel flutto marino Cipride, tutto nasce da lei: è lei che semina e dona l’amore, dal quale tutti siamo nati noi sulla terra.
-foita'/ d j ajn j aijqevr j , e[sti d j ejn qalassivw/-kluvdwni Kuvpri", pavnta d j ejk tauvth" e[fu: - h{d j ejsti;n hJ speivrousa kai; didou's j e[ron,- ou| pavnte" ejsme;n oiJ kata; cqon j e[ggonoi (447-450). Sono parole della Nutrice a Fedra che ha appena esecrato le spose infedeli, quelle che disonorano il talao nuziale. Se sono di nobile casata per giunta danno un pessimo esempio al volgo
Bologna 22 aprile 2024 ore 19, 41 giovanni ghiselli
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