domenica 14 aprile 2024

Alessandro Magno quale segno di contraddizione.

Alessandro Magno quale segno di contraddizione. 

Esempio positivo secondo alcuni, negativo per altri.

 

Alessandro poi detto Magno nacque nel 356 come erede del piccolo regno di Macedonia che  Filippo II  peraltro aveva cominciato a estendere. Nel 338, a 18 anni il giovane principe combattè  con suo padre contro i Greci coalizzati e li sconfissero a Cheronea.

Due anni più tardi-336- Filippo fu ucciso e Alessandro gli succedette. 

Quindi sconfisse il grande re di Persia Dario III e conquistò l’ intero impero persiano procedendo fino al fiume Indo. Morì a Babilonia nel 323. aveva 33 anni.

Diverse sino le fonti greche e latine che raccontano la vita di questo giovane con la sua impresa grandiosa.

Le principali sono le Historiae Alexandri Magni di Curzio Rufo, la biografia di Plutarco e l’Anabasi di Arriano , ma la figura di questo grande condottiero che ha cambiato la storia compare pure in altri autori: storiografi, poeti, filosofi con giudizi contrastanti.

In questi storiografi non mancano le critiche però campeggie spicca sempre la figura dell’erore 

 

Presento qui sotto gli autori di vari generi letterari che presentano Alessandro Magno negativamente

 

Detrattori di Alessandro il Macedone

 

Lucano[1]presenta Alessandro-Nerone come un re pazzo e un bandito che ha avuto successo: proles vesāna Philippi,/ felix praedo " (Pharsalia, X, 20-21). Generato quale esempio non utile al mondo di come tante terre si trovino sotto il dominio di uno solo: "non utile mundo-editus exemplum, terras tot posse sub uno-esse viro"[2] (26- 27). Venuto dalle spelonche della Macedonia, disprezzò Atene vinta dal padre, e si precipitò tra i popoli d'Asia humana cum strage (31), mescolò fiumi sconosciuti con il sangue[3]: insanguinò quello dei Persiani l'Eufrate, quello degli Indiani il Gange, lui terrarum fatale malum (34), sidus iniquum- gentibus (35-36), stella infausta per i popoli.

Infine fu la natura a imporre il termine della morte al re pazzo: vaesano …regi (v. 42).

 

Seneca nel De ira (40 d. C.) ricorda che Al. "Clitum carissimum sibi et unā educatum inter epulas transfōdit manu quidem suā , parum adulantem et pigre ex Macedone ac libero in Persican servitutem transeuntem" (III, 17, 1). Non solo: Nam Lysimachum, aeque familiarem sibi leoni obiecit (2). Lisimaco se la cavò, ma poi commise a sua volta efferatezze enormi[4].  In una delle   Epistole, Alessandro è presentato da Seneca come un ubriacone: un esempio di quella voluntaria insania che è l'ubriachezza : ammazzò Clito "et intellecto facinore mori voluit, certe debuit " (Ep. 82, 19).  Più avanti (82, 23) dice che fu l'intemperantia bibendi a mandarlo alla tomba.

 

Nel De beneficiis [5] Seneca presenta Alessandro come un vesanus adulescens il quale seguiva le orme di Ercole e di Libero (Herculi Liberique vestigia sequens) ma con Ercole non aveva nulla in comune. Ercole infatti non vinceva per sé (Hercules nihil sibi vicit)  in quanto era malorum hostis, bonorum vindex, terrarum marisque pacator. E’ il lato buono di Ercole.

Alessandro invece fu "a pueritia latro gentiumque vastator, tam hostium pernicies quam amicorum, qui summum bonum duceret terrori esse cunctis mortalibus, oblitus non ferocissima tantum, sed ignavissima quoque animalia timeri ob malum virus" (I, 13, 3), dimentico che non solo gli animali più feroci ma anche i più vili sono temuti per il loro veleno.

Alessandro era meno molto meno ricco e potente di Diogene al quale poteva offrire meno di quanto egli poteva rifiutare.  Diogene multo potentior, multo locupletior fuit omnia tunc possidente Alexandro; plus enim erat, quod hic nollet accipere , quam quod ille posset dare (V, 4, 4).

 Alessandro era povero poiché non si accontentava mai: “tantum illi deest quantum cupit” (VII, 2, 6), tanto gli manca quanto ancora desidera.

 

Alessandro era infelice poiché aveva un soprannome discrepante con la piccolezza della terra.

Seneca in Ep. 91, 17 afferma che il Macedone fu infelice poiché apprese dalla geometria quam pusilla terra esset ; capì o avrebbe dovuto capire che non poteva essere grande: quis enim esse magnus in pusillo potest?

 

Vediamo la poesia Alexandros: anche secondo Pascoli l'immensa conquista compiuta non è bastata a soddisfare gli illimitati desideri, o meglio il desiderio di infinito del re Alessandro Magno che, pentito della conquista, piange dicendo:"Montagne che varcai! dopo varcate,/sì grande spazio di su voi non pare,/che maggior prima non lo invidïate./Azzurri, come il cielo, come il mare,/o monti! o fiumi! era miglior pensiero/ristare, non guardare oltre, sognare: il sogno è l'infinita ombra del vero" (vv. 14-20). Quindi piange: “E così, piange, poi che giunse anelo:/piange dall’occhio nero come morte;/piange dall’occhio azzurro come cielo” (Pascoli, Alexandros,vv. 41-43).

 

Torniamo a Seneca

Dopo avere vinto Dario e occupato l’India, pauper est Alexander (Ep. 119, 7), si sente ancora povero e non si riposa: scrutatur maria ignota, in oceanum classes novas mittit et ipsa, ut ita dicam, mundi claustra perrumpit, spezza le barriere del mondo.

Alessandro fu infelice anche per il fatto che lo spingeva la smania di devastare le terre altrui: “Agebat infelicem Alexandrum furor aliena vastandi” (Ep. 94, 62). Seneca prosegue dicendo che era simile alle bestie feroci quae plus quam exigit fames mordent. Mise il giogo a nazioni che Dario aveva lasciato libere. Cerca di seguire le orme di Ercole e Libero e ipsi naturae vim parat (94, 63) prepara violenza alla stessa natura.  

Inoltre fu infelice perché aveva ammazzato Clito, e, perduto Efestione, si macerava ora per il rimorso ora per il rimpianto: id enim egerat ut omnia potius haberet in potestate quam adfectus (Ep. 113, 29), era riuscito a dominare tutto tranne le proprie passioni.

Seneca è coerente con le posizioni degli Stoici e  dei Peripatetici  che vedevano in Alessandro un tiranno e attribuivano i suoi successi alla fortuna.

 

Una tradizione confutata da Plutarco[6] nello scritto giovanile De Alexandri Magni fortuna aut virtute.

Ancora Seneca

Nelle Naturales quaestiones il filosofo manifesta avversione contro gli storici di Alessandro : è meglio spengere i propri vizi piuttosto che raccontare ai posteri quelli degli altri: "quanto satius est sua mala extinguere quam aliena posteris tradere! "

Quanto potius deorum opera celebrare quam Philippi aut Alexandri latrocinia ceterorumque, qui, exitio gentium clari, non minores fuere pestes mortalium quam inundatio…" (III. Prefazione, 5).

 Cfr. il capo come mivasma e pestis.

 

Infine Tacito con un giudizio comparativo

Suvgkrisi~ Germanico-Alessandro in Tacito.

Per gli uomini romani unum matrimonium è motivo di lode: Tacito fa l'elogio funebre di Germanico, morto, probabilmente, avvelenato in Siria da Pisone dietro suggerimento di Tiberio nel 19 d. C.

 Lo storiografo  riporta l'opinione di chi lo anteponeva Germanico ad Alessandro Magno: avevano in comune il bell'aspetto, la stirpe nobile, la morte precoce tra genti straniere dovuta a insidie familiari, "sed hunc mitem erga amicos, modicum voluptatum, uno matrimonio, certis liberis egisse " (Annales , II, 73), ma questo era stato gentile con gli amici, temperante nei piaceri, sposato con una sola donna, con figli legittimi.  

 

 Alessandro insomma è segno di contraddizione come altri personaggi  fortemente significativi della storia o del mito. 

 

Bologna 14 aprile 2024 ore 18, 13 giovanni ghiselli

 

p. s.

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[1] 39-65 d. C. 

[2] "I versi di Lucano esprimono un giudizio forse esasperato e unilaterale, che però, riferito alla reputazione postuma di Al., è fin troppo vero" (Bosworth,  Alessandro Magno, p. 199).

 

[3] Altro che incruentus!

[4] Nel 301 a Ipso in Frigia sconfisse e uccise Antigono Ciclope. Ebbe la Tracia e l'Asia minore occidentale, Seleuco quella orientale. Nel 285 divenne re di Macedonia dopo averne cacciato Pirro e Antigono Gonata. Nel 281 venne sconfitto e ucciso da Seleuco a Curupedio presso Magnesia al Sipilo. Seleuco poi fu assassinato da Tolomeo Cerauno che divenne re di Macedonia. Nel 279 il Cerauno fu ucciso dai Celti e Antigono Gonata, figlio di Demetrio Poliorcete e nipote di Antigono Ciclope divenne re di Macedonia.

[5] In sette libri completati nel 64 d. C.

[6] "Che profitto trarrà dalla lettura delle Vite del nostro Plutarco? La mia guida si ricordi a che cosa mira il suo compito; e imprima nella mente del suo discepolo non tanto la data della distruzione di Cartagine, quanto piuttosto i costumi di Annibale e di Scipione" Montaigne , Saggi,  (del 1588),  p. 206

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