Prima scena 176- 266 versi di sistema anapestico.
Commento dei versi 176- 231
La nutrice deplora i mali dei mortali e i morbi odiosi- w\ kaka; qnhtw`n stwgeraiv te novsoi. Queste pene della vita umana dunque non risparmiano nemmeno i reali.
La donna si trova trova fuori dal palazzo accanto a Fedra stesa in un giaciglio e non sa cosa fare. La giovane regina ha chiesto di uscire ma vuole e disvuole, scontenta di tutto “e non gioisci di nulla- koudeni; caivrei~- dice l’anziana alla sua pupilla.
Simile è l’apertura dell’Oreste di Euripide dove Elettra assiste l’infelice fratello stravolto dal terrore delle Erinni dopo che ha ucciso la madre il cui sangue lo insegue e lo trascina in eccessi di turbinosa follia-trochlatei`- manivaisin- (Oreste, 36-37). Amore insoddisfatto e matricidio sono manìe deleterie mentre l’amore contraccambiato dà luogo a una manìa più saggia della saggezza ordinaria-
Ma torniamo all’Ippolito. La nutrice compiange la sua signora, tuttavia trova che la propria situazione sia ancora peggiore-krei`sson de;, nosei`n h] qerapeuvein- 186- è meglio essere malati che curarli. Significa che la condizione umana è comunque angosciosa. Cosa semplice- ajplou`n- 187 è essere malato- mentre curare comporta afflizione dell’animo e fatica per le braccia-luvph frenw` cersivn te povno~- 188-
Dunque: tutta la vita degli uomini è dolorosa - pa`~ ojdunero;~ bivo~- e non c’è pausa delle pene- koujk e[sti povnwn ajnavpausi~- 189- 190.
Cesare Pavese invece scrive che fare l’amore anestetizza il dolore e che vorremmo seguitare a farlo per non essere svegliati durante l’operazione.
:"Perché il veramente innamorato chiede la continuità, la vitalità (lifelongness ) dei rapporti? Perché la vita è dolore e l'amore goduto è un anestetico e chi vorrebbe svegliarsi a metà operazione?"[1].
Le malattie azzerano ogni ottimismo mentre la buona salute lo fanno vivere.
La conclusione della nutrice è che la tenebra skovto~- 192- nasconde qualunque altra cosa sia più cara della vita.
Credo significhi che per il malato grave la vita in salute, di cui magari prima nemmeno si accorgeva, diventa il bene massimo. Diventiamo innamorati della luce terrena per ignoranza di un’altra vita e veniamo trasportati da favole vane. Sono forse sofisticherie di tipo pre illumimistico.
Quindi inizia un commo tra le due donne (vv. 198- 266) . Il kommov~ (da kovptomai= “percuotersi” il petto o il capo in segno di lutto) è propriamente un canto antifonale di carattere funebre.
Fedra chiede che le sollevino il corpo, le braccia e le tolgano la benda dal capo (198- 202) .
Il malato diviene solo corpo, si riduce al corpo
“Un uomo che vive malato è soltanto corpo, questo è il fatto disumano e umiliante e nella maggior parte dei casi non vale più di un cadavere” dice il pedagogo Settembrini nel romanzo La montagna incantata di T. Mann (V capitolo, Acquisto necessario, p. 145)
La nutrice incoraggia la pupilla: “qavrsei, tevknon. 203, fatti coraggio figlia. Ti fa male agitarti. Sopporterai meglio il male con calma e animo nobile. La manifestazione del dolore è una caduta di stile: il nobile non deve mai essere querulo come si legge nel romanzo Il gattopardo.
Una pagina di Tomasi di Lampedusa considera le lamentele poc aristocratiche:"Questi nobili poi hanno il pudore dei propri guai: ne ho visto uno, sciagurato, che aveva deciso di uccidersi l'indomani e che sembrava sorridente e brioso come un ragazzo alla vigilia della Prima Comunione; mentre voi, don Pietrino, lo so, se siete costretto a bere uno dei vostri decotti di senna fate echeggiare il paese dei vostri lamenti. L'ira e la beffa sono signorili; l'elegia, la querimonia, no. Anzi voglio darvi una ricetta: se incontrate un 'signore' lamentoso e querulo guardate il suo albero genealogico: vi troverete presto un ramo secco" (p. 135). Parla padre Pirrone nella Parte V sel romanzo Il Gattopardo
Sentiamo anche Nietzsche: “ La persona di nobili costumi, uomo o donna che sia, non si lascia volentieri cadere sulla sedia come se fosse completamente esausta; evita, laddove tutti cercan di star comodi, per esempio in treno, di appoggiare la schiena; si direbbe che non si stanca quando a corte sta in piedi per ore (…) a un discorso provocatorio, risponde con compostezza e chiarezza di spirito, non come se fosse spaventata, schiacciata, svergognata, alla maniera del plebeo (…) La civiltà aristocratica respira potenza”[2].
Nell'Elettra di Sofocle (v.1172) il coro suggerisce alla protagonista che crede di avere perduto il fratello :" mh; livan stevne", non piangere troppo; sei nata da padre mortale, e Oreste pure era mortale.
Secondo sSeneca pascersi di lacrime è una voluttà depravata, significa non riconoscere la giustizia divina.
“Et fit infelicis animi prava voluptas dolor” (Seneca, Ad Marciam de consolatione, I, 7)
Torniamo alla nutrice di Fedra che dice: “ mocqei`n de; brotoi`sin ajnavgkh- 207 soffrire è una necessità per i mortali. Mi sembra un pregiudizio dettato da un brutto carattere, da un cattivo orientamento confermato da esperienze dolorose che un cattivo carattere va a cercarsi
Fedra vorrebbe evadere nella solitudine della caccia montana.
Si augura di potere attingere un sorso di acque pure da una fonte rugiadosa -drosera`~ ajpo; krhni`do~ - kaqarw`n uJdavtwn pw`m j- 208- 209- e riposare sotto i pioppi distesa in un prato frondoso- e[n te komhvth/ -leimw`ni kliqei`s j – 2010- 211.
La Nutrice chiede alla ragazza- w\ pai`-di non palesare alla gente par j‘ o[clw/ tali parole di follia (212- 213), ma Fedra non tiene in nessun conto il giudizio della folla. Ella cerca un rapporto con la natura anticipando la poesia ellenistica che rimpiange il paradiso perduto dei prati e delle selve:
"portatemi sul monte- pevmpetev m j eij~ o[ro~-andrò nella selva- ei\mi pro;~ u[lan- e tra i pini- kai; para; peuvka~ dove le cagne sterminatrici di fiere danno la caccia alle cerve screziate seguendone le orme: per gli dèi, io amo incitare i cani con grida e scagliare il giavellotto tessalo dopo averlo accostato alla chioma bionda, avendo un dardo dalla punta aguzza nell'altra mano"(Ippolito , vv. 215-222).
Fedra evidentemente si identifica con il giovane cacciatore Ippolito di cui è innamorata.
Del resto “l'inconciliabilità fra Diana e Venere è una di quelle opposizioni fondamentali che sono addirittura registrate nel codice antropologico"[3].
Cfr il venator tenerae coniugis immemor il cacciatore dimentico della giovane sposa in Orazio (Odi, I, 1, 26).
La Nutrice chiede alla pupilla di deporre l’afflizione: non c’è bisogno di aperta campagna per bere: accanto alle mura turrite c’è un rorido clivo donde si può trarre bevanda.
La vecchia vuole bene alla giovane e cerca di tirarla su ma le due donne non sono sintonizzate.
Fedra quindi si rivolge alla dea adorata da Ippolito: vorrebbe essere vicina ad Artemide a domare puledre Enete- venete, originarie della Paflagonia.
Oltre la vicinanza alla dea di Ippolito, c’è qui il desiderio di terre lontane che troviamo anche nelle Troiane di Euripide con l’elogio di Atene, della Sicilia e della Magna Grecia, la Calabria in particolare.
“Anche l’etnea terra di Efesto
posta di fronte alla Fenicia,
madre dei monti siculi, sento
che viene celebrata per le corone del valore,
e la terra prossima
alla corrente Ionia del mare,
che il Crati bagna il fiume più bello.
Lui che tinge di rosso la bionda chioma
e con sacre acque nutre
e allieta una terra di uomini forti (Euripide, Troiane, 220- 229)
Bologna 21 aprile 2024 ore 11, 26 giovanni ghiselli
p. s.
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