NUOVE DATE alla Biblioteca «Ginzburg»: Protagonisti della storia antica

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lunedì 29 aprile 2024

E’ più umano il cultus fino all'artificio o la naturalezza fino all’incuria?

Properzio, Virgilio, Orazio e la via di mezzo di Ovidio.

 


 

Il cultus, la cura della persona e dello stile è segno di contraddizione

 

Il cultus che Properzio apprezza non è quello mercatus, comprato

Nella seconda elegia del primo libro il poeta umbro scrive:

 quid iuvat ornato procedere, vita, capillo,

et tenues Coa veste movere sinus,

aut quid Orontea crines perfundere murra,

teque peregrinis vendere muneribs,

naturaeque decus mercato perdere cultu,

nec sinere in propriis membra nitere bonis? (I, 2, 1-8)

in cosa ti giova, vita mia, venire avanti con i capelli adorni,

e  agitare le pieghe sottili nella veste di Cos,

o cospargere i capelli di mirra siriana,

e venderti a regali stranieri,

e sciupare la bellezza naturale con il lusso comprato,

e non lasciare che le membra splendano delle proprie bellezze?  

La natura fa vedere e sentire dei veri capolavori non artificiali: la terra formosa fa vedere splendidi colori (I, 2, 9), l'edera sale più rigogliosa sponte sua (v. 10), come nell'età dell'oro "et volucres nulla dulcius arte canunt" (v. 14) e gli uccelli cantano più dolcemente senza apprendimenti. 

 

Questo topos si trova anche nel Vangelo secondo Matteo:"Et de vestimento quid solliciti estis? Considerate lilia agri quomodo crescunt: non laborant neque nent. Dico autem vobis quoniam nec Salomon in omni gloria sua coopertus est sicut unum ex istis" (6, 28), e quanto al vestire perché vi affannate? Considerate come crescono i gigli dei campi: non si affaticano e non filano. Eppure vi dico che neppure Salomone in tutta la sua gloria è stato coperto come uno di loro.

 

Ovidio viceversa suggerisce il cultus, non eccessivo bensì moderato, però ritiene che l’assenza totale di cura dell’eleganza sia brutta e sgradevole: nel  III libro dell'Ars amatoria troviamo la polemica contro la richiesta del ritorno agli antiqui mores. Gli costerà cara.

 Satireggiato è l’incessus  rozzo  della contadina umbra:

illa, velut coniunx Umbri rubicunda mariti,/ambulat, ingentis varica fertque gradus" (Ars, III, 303-304)  quella  cammina come la moglie rubiconda di un marito umbro, e procede a grandi passi con le gambe divaricate. E' questo un rusticus…motus (vv. 305-306) che fa scappare gli uomini (fugatque viros, v. 300).

 

 

Sul nullus cultus  sentiamo Virgilio:

At tibi, prima puer, nullo munuscula cultu,

errantes hederas passim cum baccare tellus

mixtaque ridenti colocasia fundet acantho.

Ipsae lacte domum referent distenta capellae

ubera, nc magnos metuent armenta leones.

Ipsa tibi blandos fundent cunabula flores.

Occidet et serpens, et fallax herba veneni

occidet; Assiryum vulgo nascetur amomum

 

 (Ecloga IV, 18-20)

per te, fanciullo, la terra senza essere coltivata, effonderà i primi piccoli doni, l’edera errante qua e là con il nardo e la colocasia con il gaio acanto. Le capre da sole riporteranno le mammelle gonfie di latte,

e gli armenti non dovranno temere i grandi leoni.

La stessa culla spargerà per te fiori soavi.

Morrà anche il serpente e l’insidiosa erba del veleno

morrà, e nascerà dappertutto l’amomo di Assiria.

Poi altri aspetti ancora dell’età dell’oro: campi biondi di spighe, rossi grappoli di uva che nascono da roveti incolti  et durae quercus sudabunt roscida mella” 30 e le dure querce suderanno rugiade di miele.

Una poesia di maniera e adulatoria questa. L’ecloga è delicata ad Asinio Pollione console nel 40 e il puer dovrebbe essere il figlio Asinio Gallio o il prossimo figlio di Ottaviano. Sarebbe nata una figlia, Giulia, che diverrà una donna famigerata quale dissoluta.

L’ottimismo di questa ecloga è dovuto alla pace di Brindisi tra Ottaviano e Antonio

Poco posteriore alla IV ecloga del 40 è l'Epodo 16 di Orazio composto probabilmente  "dopo che Sesto  Pompeo nel 38 ha ricominciato la sua guerra sul mare, minacciando di affamare l'Italia"[1].

Roma che i tanti nemici esterni non riuscirono a distruggere, prevede cupamente il poeta, "impia perdemus devoti sanguinis aetas "(v. 9), la distruggeremo noi, generazione empia nata da un sangue maledetto, con riferimento al fratricidio primigenio di Romolo. Anche la funzione della donna è ribaltata rispetto al messianico testo virgiliano dove la madre del puer  è rappresentata ridente:  alle donne, con ricordo archilocheo[2] che avrà un seguito in Tacito[3], si addice il luctus che il vir,  cui si confà la virtus,  deve evitare:"vos quibus est virtus, muliebrem tollite luctum " (v. 39), voi che avete coraggio virile togliete di mezzo il lamento da femmine. Si dovrà volare al di là dei lidi etruschi, verso le isole felici dell'Oceano. In quei luoghi la terra è generosa, gli animali produttivi, il clima mite, le donne pudiche poiché non hanno avuto il cattivo esempio dell’impudica di Medea:"Non huc Argoo contendit remige pinus/neque impudica Colchis intulit pedem " (vv. 59-60), qua non ha diretto la rotta la nave con i rematori di Argo, né la svergognata donna di Colchide vi ha messo piede.

 

 

 Torniamo a Properzio e concludiamo

Il poeta umbro non crede che Amore né Venere rimangano incantati davanti alle grandi ricchezze né che queste possano rendere felice chi è infelice nell'amore:"Nescit amor magnis cedere divitiis (…) Nam quis divitiis adverso gaudet Amore?/Nulla mihi tristi praemia sint Venere! (…) Quae mihi dum placata aderit, non ulla verebor/regna vel Alcinoi munera despicere " (I, 14, 8, 15-16, 23-24), Amore non conosce il cedimento davanti alle grandi ricchezze (…) Infatti chi può godere delle ricchezze se Amore è contrario? Non voglio avere tesori se Venere è corrucciata!…Invece finché lei mi sarà accanto benevola, non temerò alcun potere, non esiterò a disprezzare perfino i doni lussuosi di Alcinoo.

 

Bologna 29 aprile 2024 ore 11, 28 giovanni ghiselli

p. s.

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[1]La Penna (a cura di) Orazio, Le Opere, Antologia , p. 162.

[2]Fr. 7 D., v. 10:"tlh'te gunaikei'on pevnqo" ajpwsavmenoi ", sopportate, respingendo il lutto femmineo.

[3]"Feminis lugere honestum est, viris meminisse " Germania  (27, 1), per le donne è bello piangere, per gli uomini ricordare.

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