Veniamo alla terza e ultima parte del prologo (vv. 88-120)
Esce dal palazzo un servo che si rivolge a Ippolito con il vocativo a[nax -88 in quanto bisogna chiamare padroni-despovta~ kalei`n crewvn- 88 soltanto gli dèi. Chiede a Ippolito se può dargli un consiglio.
Certo kai; kavrta risponde il signore, altrimenti non parremmo saggi 90.
Il servo domanda al principe se sappia quale costume-novmo~- sia stabile tra i mortali.
Ippolito dice di non saperlo e domanda a quale proposito gli abbia posto il quesito.
Il servo risponde che il costume, l’uso stabilito è odiare l’arroganza e quello che è discaro a tutti 93.
Ippolito lo riconosce: quale uomo arrogante tra i mortali non è odioso?
Il servo pone una domanda retorica: c’è gratitudine nelle persone affabili?
Sì moltissima pleivsth ge risponde Ippolito e vantaggio -kevrdo~-, e con poca fatica.
Gli stessi usi e costumi degli uomini hanno gli dèi concordano il servo e il signore. In effetti le divinità dei Greci sono uomini potenziati.
E allora, domanda il servo, “Come mai tu sei arrogante e non invochi una divinità?” 99
Il servo ha abusato della parresia verso Ippolito che lo mette in guardia: “bada che la tua bocca non sbagli- eujlabou` de; mh; tiv sou sfalh`/ stovma 100.
Quindi domanda: “ quale divinità sarebbe poi?”
“Questa qui:Cipride che sta presso la porta” è la risposta
Ippolito ribadisce la propria ostilità alla dea dell’amore anche licenzioso
“Provswqen aujth;n ajgno;~ w[n ajspavzomai” 102- Da lontano saluto quella essendo io casto.
Il servo ribadisce a sua volta che Afrodite è una divinità augusta semnov~- e insigne tra i mortali. Traduco “augusta” per conservare l’idea di autorevolezza e autorità che il servo attribuisce alla dea avvertendo il signore.
Ippolito obietta il relativismo dei gusti : tra gli dèi e gli uomini ad alcuni piace una cosa ad altri un’altra.
Il servo associa la felicità al senno: possa tu essere felice -eujdaimonoivh~- con quanto senno ti occorre - nou`n e[cwn o[son se dei`- 105.
Cfr. gli ultimi versi dell’Antigone di Sofocle: “Gli anapesti finali esprimono la morale della storia
:" Il comprendere è di gran lunga il primo requisito/della felicità- pollw`/ to; fronei`n eujdaimoniva~- prw`ton uJpavrcei-; è necessario poi non essere empio/ in nessun modo negli atti che riguardano gli dèi: i grandi discorsi/dei superbi che pagano/grandi colpi/con la vecchiaia insegnano il comprendere" (vv. 1347-1353.
Ippolito pensa che il culto di Afrodite sia un pretesto per avallare la licenza sessual.
Prava religio così Tito Livio definisce i baccanali scoperti e repressi a Roma nel 186 a. C.
“Nessun dio mi piace tra quelli venerati di notte- oujdeiv~ m’ ajrevskei nukti; qaumasto;~ qew`n- 106- aggiunge Penteo.. ajrevskw contiene la radice
ajr///ajr di ajrmoniva perciò il suo dispiacere denuncia la disarmonia di questo culto empio rivolto alla dissolutezza.
E’ la stessa malizia che si ritroverà nel penteo delle Baccanti di Euripide
Ricordo questo scambio di battute nel secondo episodio dell’ultima tragedia di Euripide
Penteo
I riti li celebri di notte o di giorno? 485 ta; d j iJera; nuvktwr h] meq j hjmevran telei`~ ; 485
Dioniso.
Per lo più di notte: la tenebra ha qualcosa di sacro. 486- nuvktwr ta; pollav: semnovtht j e[cei skovto~
Penteo
Questo riferito alle donne significa inganno e vizio -tou`t j ej~ gunai`ka~ dovliovn ejsti kai; saqrovn-
Dioniso
Anche di giorno uno potrebbe trovare della turpitudine.
Penteo
Tu devi pagare il fio dei tuoi sofismi malvagi.
Dioniso
Tu piuttosto quella della tua incapacità di comprendere-ajmaqiva~ -poiché sei empio verso il dio. 490
Torniamo all’Ippolito.
Il servo avverte ancora il giovane signore:
E’ necessario, o figlio, rendere gli usuali onori agli dèi.
Ippolito non risponde e congeda i cacciatori inviandoli al banchetto meritato: dopo la caccia è un piacere la tavola ricolma- terpno;n ejk kunagiav~ -travpeza plhvrh~ 109- 110. In effetti il desinare deve essere sempre meritato.
Poi bisognerà poi strigliare e allenare i cavalli.
Quindi Ippolito dice al servo: “E alla tua Cipride dico tanti saluti- povll j ejgw; cavirein levgw- 113.
Mi viene in mente la demonizzazione del sesso subita nella parrocchia di San Terenzio di Pesaro negli anni Cinquanta. Ma ora il novmo~, l’uso di molti preti è cambiato grazie a Dio e a Papa Francesco.
Il servo prega Cipride perché non se la prenda con il giovane principe. Capita che la giovinezza si lasci andare a parole folli: mh; dovkei touvtwn kluvein 119- fai conto di non averele udite.
Il prologo si chiude con una sentenza dello qeravpwn il servitore che non solo presta servizio ma si prende anche cura- qerapeiva- del signore: “sofwtevrou~ ga;r crh; brotw`n ei\nai qeouv~”- 120, è necessario infatti che gli dèi siano più saggi degli uomini.
Con me lo sono stati: mi hanno salvato miracolosamente quando ho fatto errori fisici e mentali che senza la loro protezione mi avrebbero annientato. Nella loro saggezza sapevano che in seguito avrei fatto del bene a molte persone.
Bologna 20 aprile 2024 ore 10, 58 giovanni ghiselli
p. s.
Statistiche del blog
Sempre1501794
Oggi120
Ieri736
Questo mese18895
Il mese scorso18101
Nessun commento:
Posta un commento