L'immagine rievocata e rimpianta. L’azzardo della telefonata rischiosa. Lilì Marlen di Fassbinder.
|
Tali pensieri andavo rimuginando verso il tramonto. A un tratto mi |
venne in mente un'immagine di ifigenia, una delle più care, |
un'icona depositata per sempre in una nicchia |
dell'anima. Era una bella sera di maggio, eravamo andati al campo sportivo Baumann, correva sulla pista davanti a me, |
indossava una tuta |
nuova |
fiammante, azzurra, attillata: un |
ornamento che metteva in rilievo la perfezione delle sue membra |
slanciate. Dopo un paio di giri, Ifigenia volse indietro il |
viso abbronzato e fece una piccola, mirabile smorfia con cui |
voleva significarmi la sua stanchezza e chiedeva il permesso di |
riposarsi; quindi sfoderò un sorriso malizioso, espressivo, da |
ragazza nello stesso tempo giovane molto e antica. |
Allora io, siccome volevo abbracciarla subito, lì, sul prato interno |
alla pista rossa, dissi:"Fermati pure cara: sei tanto stanca tu: non |
devi affaticarti troppo". Smise di correre subito, si portò sull'erba e |
vi si posò, ansimante, stremata, ma tutta contenta di avere ottenuto |
quanto voleva con il suo irresistibile fascino. |
Mi stesi accanto a lei, le accarezzai il volto, |
le baciai le vene sottili e pulsanti delle tempie sudate, e con le |
labbra raccolsi l'odoroso stillare del suo corpo fiorente, bello e |
|
profumato più di una giornata già quasi estiva, quando i muri |
pietrosi, i cancelli ferrigni, le reti arrugginite, si ornano di rose |
rosse, e spruzzi di purpurei papaveri screziano di chiazze |
purpuree i flutti del grano che non è più verde né ancora biondo |
22 Mentre viene fatto ondeggiare da un vento caldo, pregno di vita. |
|
Questo ricordavo il 15 marzo dopo il tramonto e, come un uccello |
orbato dei figli, rimpiangevo acutamente la creatura dello spirito |
mio. |
"Dio, fai che mi telefoni", pregavo. "Fai che chiami lei". Io non |
potevo. Però avevo una voglia tremenda di farlo. Per resistere, mi |
dicevo:"obdura. Tu destinatus obdura”23, Lei ti ha lasciato. Lei |
deve cercarti. Lo farà: dove lo trova uno migliore? Tornerà, |
vedrai. Desdemona è la vita, è la bellezza viva, e ha bisogno di un |
uomo |
vivo, |
entusiasta del bello, capace |
di |
valorizzarla. |
Quell'uomo sei tu. Senza di te andrebbe in rovina, e lo sa. Se |
tornerà, le darò le ali24 con le quali volerà sul mare infinito e su tutta |
la terra, librandosi senza fatica ". Però non telefonava. Forse non |
aveva bisogno di ali. |
Alle nove, non potendo resistere oltre, telefonai io. |
"Ciao Ifigenia, non sto bene senza di te". |
"Ciao Gianni. Non è facile neppure per me". |
" Allora vediamoci". |
"Per fare che cosa?" |
"Andiamo a vedere "Lilì Marlen ", proposi, "l'ultimo film di |
Fassbinder". |
Mi bastava vederla. |
"Va bene", accettò,"ti aspetto alle dieci". |
Cercai di farmi bello il più possibile: volevo piacerle. Contavo |
sullo sguardo che, sebbene da miope con lenti a contatto, |
Ifigenia aveva elogiato più volte. |
Quella sera infelice doveva essere sensuale, ma non fisso, |
ossessivo o stralunato, bensì mite e vagamente allusivo; caldo ma |
non pretenzioso né aggressivo; dolce ma non mellifluo, Note |
22 |
Cfr. D'Annunzio, La sera fiesolana, 25-26. |
23 |
Catullo, Carmi, 8, 19. Tu, ostinato, tieni duro. |
24 |
Cfr. Teognide, Silloge, vv.237-239. |
|
bensì risoluto e cosciente. Altrimenti |
rischiavo il penoso o il ridicolo. Però c'era poco da sbandierare |
sicurezza, poiché ifigenia mi aveva lasciato e io l'avevo |
cercata, quasi contravvenendo a un divieto, e se lei aveva |
accettato, del resto soltanto un invito al cinema, poteva averlo |
fatto solo per compassione. |
Andai a prenderla con grande patema: non osai toccarla, né |
parlarle, né guardarla con intensità, a dispetto dei piani. Per |
fortuna fu lei a incoraggiarmi dicendo che verso le cinque aveva |
sentito il desiderio di telefonarmi. Ma l'aveva represso per volontà |
di coerenza. |
"Mi avresti reso mirabilmente felice" ribattei, confortato, e le |
riferii alcuni dei pensieri pullulati dal mio cervello durante questa |
lunga giornata che sta per finire. Era ora dirai, lettore, e lo dico |
anche io, ché raccontarla mi è costato fatica e dolore. Ma se il racconto è fatica, il |
silenzio è dolore25 . |
Entrammo dunque nel cinema dove proiettavano l'ultima opera del |
regista caro ad entrambi. Durante il film, che seguivo con |
attenzione scarsa, a un certo momento le presi la mano sinistra. |
La ritirò subito e mi gelò dicendo:"Gianni, dobbiamo pensarci". |
"A che cosa?", domandai, cercando di non mostrarmi umiliato. |
"A noi", rispose. "Prima di rimetterci insieme, dobbiamo capire se |
ci amiamo davvero". |
"D'accordo" feci, mentre mi toccavo i baffi,"pensiamoci su". |
Ci ero rimasto male assai. Io non dovevo pensarci: ero sicuro che |
dovevo passare altro tempo con lei per scrivere questo romanzo. |
Usciti dal cinema, commentammo il film che non ci era piaciuto |
troppo, nonostante i tocchi di commozione e poesia che in Rainer Werner Fassbinfer |
non mancano mai. E' la storia di un amore fatto fallire da |
una società disumana, tanto nel suo aspetto militare e tirannico, |
quello nazista, quanto nella faccia affarista e borghese. E' la civiltà |
antiartistica, antiumana, che ha ucciso Fassbinder, Ludwig di |
Baviera e tanti altri nostri eroi. Gli amanti falliti sono due |
tendenziali artisti nei quali ognuno di noi riconobbe un poco di se |
stesso. Però non sembrava che Desdemona avesse intenzione di |
rimettersi a fare l'amore con me. |
25 |
Cfr. Eschilo, Prometeo incatenato, v. 198.
Pesaro 1 settembre 2024 ore 17, 15 giovanni ghiselli p. s. Statistiche del blog All time1615455 Today153 Yesterday297 This month153 Last month10909
|
Nessun commento:
Posta un commento